“Durante la
navigazione le onde, colorate dalla tinteggiatura mimetica a forti toni di
verde e di marrone aggiunta da pochi mesi, si rincorrono lungo le fiancate del
battello, ma nessuno pensa che in questo modo il battello sia diventato
invisibile, semplicemente tutti sperano che mai nessuno si sognerebbe di
attaccarlo.”
Domenica, 5 novembre
1944, sul lago Iseo un battello fa la spola tra i vari paesini. Sono più o
meno le dieci del mattino quando il battello lascia il pontile di Iseo. A bordo si trovano adesso quarantaquattro persone tra passeggeri ed equipaggio. Sono tutti silenziosi
perché, in quei giorni la spensieratezza non trova spazio, malgrado lo
scorrere del panorama particolarmente piacevole in quella giornata di sole
brillante che sembra ancora estate.
Tre cacciabombardieri
inglesi sorvolano all’altezza di Brescia, il campo d’aviazione militare di
Ghedi ormai deserto e abbandonato dopo l’ultima incursione, poi virano verso il
lago d’Iseo. Keeler Martini è il
capo squadriglia della spedizione e con la coda dell’occhio vede una bianca
scia sull’acqua. Aggancia il bersaglio.
Per tre volte gli aerei scendono in picchiata sul battello e sparano. I
proiettili progettati per forare robuste corazze scaricano una potenza inaudita
sulle povere lamiere del piccolo battello. Un
massacro di quattro minuti ed i tre caccia rientrano all’aeroporto di
Pescara per fare rapporto.
L’acqua si tinge di
rosso. Il battello affonda a pochi metri dall’approdo di Montisola. Due uomini, un duro pescatore dell’isola cui si affianca un
giovanissimo e inesperto sottotenente della X Mas, si muovono con
difficoltà per organizzare il trasporto dei feriti in ospedale. Una donna corre in casa, strappa le
lenzuola da un letto e si prova a usarle
per tentare di tamponare il sangue dei feriti.
“Fermì el sang Cristi” urla ai due, ma non si capisce se sia una
bestemmia o una preghiera.
Diversi feriti moriranno
prima di arrivarvi.
“1945 Anno zero sul
lago” è stato pubblicato nel 2012 dalla casa editrice La Riflessione e
vedrà una seconda ristampa, tra qualche mese, per La Paume Editrice. L’autore, Franco
Rizzi, ci trasporta negli anni della Seconda Guerra Mondiale attraverso
personaggi legati fra loro dal lago Iseo.
“Alcuni personaggi ed
episodi sono stati presi dalla realtà di quei giorni un po’ burrascosi, altri
sono stati aggiunti per dare corpo al racconto. […] L’inizio della stesura
risale al 1988, quale deviazione, mentre scrivevo un’altra storia. […] Dedico
questo romanzo ai miei nipoti con l’augurio che non abbiano mai a vivere tempi
così bui. Ed anche a quella giovane donna che ha visto il padre spirare a pochi
metri dall’ospedale, mentre un pescatore spingeva la barca allo spasimo.” ‒ Nota introduttiva
“1945 Anno zero sul lago” inizia il suo narrare in una domenica pomeriggio del 30 agosto
1945. Una casa a due piani pitturata di rosa che presenta a lettere
cubitali blu il suo nome: Bredina sul
lago. Si trova davanti a Montisola, l’alta montagna che emerge dal lago. I
proprietari sono in giardino quando il
capitano d’aviazione Keeler Martini, che indossa una divisa azzurra ben
stirata, percorre un vialetto di ghiaia che porta al giardino sul lago dove
incontra il capofamiglia Mario Consolo.
La guerra è terminata ad aprile ed il popolo italiano
raccoglie faticosamente i cocci dei tragici eventi ancora troppi vicini per
esser pienamente compresi e che forse ancora oggi non hanno una spiegazione
univoca. Mario Consolo si dimostra
amichevole nei confronti del suo inaspettato ospite sia perché non è mai
stato fascista, sia perché piuttosto incuriosito dal motivo della visita.
“Ma che strana
coincidenza, anche il cognome di mia madre era Martini. Allora lei deve essere
di origine italiana! Chissà magari alla lontana i suoi antenati erano parenti
dei miei! Magari erano emigrati dall’Italia molti anni prima. Lei sa di quale
parte fossero?”
Una domanda alla quale
il capitano Martini non seppe rispondere forse per la limitata conoscenza
della lingua italiana o forse perché il capofamiglia parlò velocemente
compitando una frase troppo lunga.
Seguono capitoli che
alternano passato e presente nei quali Franco Rizzi ci presenta la
giovinezza dei due protagonisti, due realtà di vita completamente diverse, una in quell’isola del nord così ricca
di prospettive grazie alle sue Colonie sparse per il Mondo e l’altra in una penisola che rincorreva,
ormai fuori tempo, il desiderio di appropriarsi di un’ultima colonia
africana.
Un turbinio di
ricordi che ci mostra due uomini ‒ e due
popoli ‒ che non erano abbastanza informati sui
fatti che avevano portato al terribile conflitto. Forse anche i due avevano
partecipato passivamente agli eventi malgrado ognuno di loro fosse attivo nel
suo operato.
Mario cercò addirittura
di intraprendere una impossibile avventura militare per cercare di fare
fortuna come geometra in Etiopia ma ben presto il suo sogno si rivelò un
fallimento.
Keeler prima della guerra aveva lavorato alla Manchester Machinery
Works, più di due anni ma non era stato un periodo molto facile, era stato
preso di mira da un malefico capo squadra, Dave il cane, e lo scontro era
durato a lungo.
“Dave
fece un brutto sorriso… preparandosi
a sferrare un pugno in faccia all’avversario, ma Keeler con decisione gli calò
la riga sul volto: il colpo fece un rumore sordo e la riga d’acciaio causò un
profondo taglio al volto…”
Poi da meccanico
motorista iniziò casualmente la
carriera militare da pilota per la “fortuita” penuria di piloti.
“Al distretto militare
avevano subito apprezzato il fatto che lui fosse esperto di motori e lo avevano
arruolato in aeronautica, trasferendolo il giorno successivo in un piccolo
aeroporto a sud di Londra. […] La merce che si consumava più rapidamente però
erano i piloti. Quando un caccia non ritornava mancava anche un pilota. I nuovi
piloti che arrivavano ai campi d’aviazione attorno a Londra erano sempre più
giovani e sembravano arrivare con il contagocce.”
Altri tre personaggi si intrecciano all’incontro nel
giardino della Bredina sul lago espandendo il discorso sul quale verte il
romanzo: chi è la vittima e chi è il
carnefice.
Luigi Stabilini,
il sottotenente diciannovenne dell’X Mas che, lasciato solo a custodire lo
stabilimento ormai non più produttivo della Caproni di Montecolino, con una manciata di altri ragazzi inesperti,
aspettava invano ordini dalla Repubblica di Salò.
Mario Bonardi,
detto Spinù, l’anziano pescatore che si accascia sul pagliolo della barca dopo
l’approdo in ospedale, spossato da quella veloce attraversata del lago che ha salvato la vita a sedici anime.
Giovanni Ferrari,
un macchinista della Nazionale che con grande abilità guidava le vecchie
locomotive a vapore e che divenne celebre per l’esser scampato all’avvistamento
del temibile aereo “Pippo”.
Infine il ventisei di
aprile la guerra in Italia era giunta al suo epilogo.
“Così aveva assistito
alla tosatura delle ragazze e delle donne che erano state legate affettivamente
ai fascisti o ai tedeschi. Fortunatamente, dopo quella violenza, in fondo
abbastanza piccola visti i tempi che correvano, tutte furono lasciate libere di
allontanarsi, sconciate e con il volto arrossato di pianto. Altre donne più
pietose, invece di brandire delle forbici, le aiutarono a nascondere quello
sfregio avvolgendo il loro capo con i fazzoletti che avevano portato.”
Le donne di “1945
Anno zero sul lago” fanno da corollario ad un mondo di uomini in tempo di
guerra e di decisioni prese in modo frettoloso. Le pagine dedicate alle figure femminili sono perlopiù ricordi
di fiamme amorose che si disperdono tra bombe ed omicidi. Piccoli attimi
felici che proiettati nel presente espandono
la desolazione della mente sino ai limiti della depressione.
Così Keeler Martini
non è il tipico vincitore inglese che si aggira nel territorio italiano
fiero ed arrogante ma, infestato dai fantasmi, si interroga contemporaneamente
sul passato e presente mettendo in dubbio le azioni svolte da ogni fazione in
gioco.
“Il capitano Martini
invece cercava solo di spostare la sua mente e la propria attenzione su cose
che lo tenessero lontano dai cupi ricordi del passato, ma faticava poi a
rimanere concentrato sui vari argomenti. […] Si chinò in avanti e depose di
nuovo sul tavolo il bicchiere di limonata che aveva ripreso in mano. Nelle
narici gli pareva di avere un orribile sentore di disinfettante.”
Written by Alessia Mocci
Addetta Stampa
Info
Sito Franco Rizzi
http://www.francorizzi.it/
Facebook La Paume Editrice
https://www.facebook.com/LaPaumecasaeditrice/
Fonte
http://oubliettemagazine.com/2018/02/15/1945-anno-zero-sul-lago-di-franco-rizzi-un-pilota-inglese-di-origini-italiane-ritorna-sul-luogo-del-misfatto/
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