Nikhil, Rikita, Palvi e gli altri: storie di una nuova Italia.
Incontro con l'induismo in preparazione alle celebrazioni del Diwali, 3 e 4 novembre, Roma.
Primo Rapporto sull’Induismo in Italia, realizzato da Eurispes.
Che lo si voglia o no, l’Italia non è più da tempo il paese di spaghetti, pizza e mandolino.
Lo dicono i numeri – al 1 gennaio 2018 i cittadini stranieri nel nostro Paese sono 5,1 milioni, l’8,5% sul totale dei residenti – ma non solo.
Lo dicono le storie di vita di chi è arrivato da noi, portando con sé culture, esperienze religiose differenti, che hanno generato modi diversi di vivere il quotidiano.
Il fenomeno immigratorio in Italia non ha determinato solo grossi cambiamenti economici e sociali, ma ha innescato trasformazioni culturali e attivato ‘ibridazioni’ e contaminazioni nelle grandi città così come nella provincia.
Lo sapevi che in Italia, ad esempio, c’è una piccola India?
Sono circa 150mila infatti gli induisti in Italia, di cui 22mila italiani, rappresentate dall’Unione Induista Italiana, che conta sul territorio 16 templi (e altrettante comunità che non hanno un tempio) e un monastero, il Matha Gitananda Ashram, vicino Savona.
Ma dietro ai numeri statistici, ci sono storie di persone che nel Paese vivono le proprie vite in un continuo rimando di culture e di valori tra quelli di origine e quelli della realtà che li ha accolti.
Ci sono Nikhil e sua moglie Payal, arrivati a Firenze nel 2001, si sono affermati nel campo della moda e ora sono tra i fornitori dei più grandi marchi di abbigliamento, come Armani, Zara, Conbipel.
C’è Rikita, due figli, separata dal marito, con una storia familiare difficile, ma che con coraggio è riuscita a rompere l’obbligo di tacere e che è divenuta un modello per molte donne, indiane e italiane.
Poi c’è Svamini Atmananda Ghiri, italiana di Savona, da che aveva 4 anni si dedica alla danza classica indiana, che la porta a 15 a sostenere l’esame in India di fronte ad alcuni tra i più famosi maestri.
C’è Palvi, studentessa di economia, prossima alla laurea, arrivata a Brescia con la famiglia a due anni.
C’è Anil, 50 anni, che lavora in un caseificio a Piacenza. Tre figli scout e una missione: aiutare chi si trova in difficoltà, per un visto, un lavoro o in famiglia. È tra i fondatori dell’Associazione Nari, contro la violenza domestica.
C’è Claudio, che “indossa dalla nascita un corpo complesso nella sua gestione” per una tetraplegia. Nel ’92 incontra l’induismo e comincia un percorso di liberazione che lo condurrà a prendere parte al progetto “Yoga Senza Barriere”.
Sono solo alcune tessere di un mosaico interculturale che è già realtà nel nostro Paese da molti anni e che dimostra come la convivenza non solo sia possibile, ma auspicabile quanto arricchente.
Ognuna di queste persone e molte altre sono a disposizione per interviste e approfondimenti, l’occasione per entrare nell’India che vive in Italia.
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