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domenica 2 febbraio 2025

I Dazi di Trump e la Nuova Geopolitica commerciale

La nuova amministrazione americana dopo il suo insediamento inizia il suo percorso basato sulle politiche conservatrici e patriottiche di Donald Trump. Uno dei segnali che parte dall’ufficio ovale di Washington sono una serie di decreti che mirano a rilanciare l’economia degli state attraverso l’imposizione di dazi sulle merci provenienti da Canada, Cina e Messico.

Inizia con il 2025 la nuova guerra commerciale che si svilupperà a livello globale specie nel raggio d’influenza americano e del mondo conosciuto. Tra i bersagli di questa guerra certamente anche l’Europa che viene esortata da Trump ad acquistare più petrolio e gas dagli stati uniti per evitare i dazi (fonte Bloomberg). Tutto nell’ombra di una scarsa capacità americana di esportare GNL nel breve periodo.

Le promesse di Trump sono state mantenute e dal 01 febbraio 2025 sono stati messi dazi del 25% a Canada e Messico e del 10% alla Cina. Tra i beni che saranno tassati troviamo acciaio, alluminio, rame, prodotti farmaceutici, microchip, gas e petrolio solo in un secondo momento dal 18 febbraio. I dazi hanno un duplice effetto su ricchi e poveri ma gli americani abituati a tal prodotti dovranno attuare un esborso di circa 1300 dollari in più all’anno.

Tali politiche dei dazi dovrebbero avere degli effetti positivi secondo Trump specie nei settori manifatturieri che hanno delocalizzato le industrie americane portando le stesse e nel tempo a reinvestire in America creando posti di lavoro. Al momento però aumenterà il prezzo di molte cose, rendendo i consumatori più poveri e lo stato più ricco.

Il modello Trumpiano parte dalla storia della stessa America e precisamente dal 25° presidente degli stati uniti Willian McKinley che basò le sue politiche di governo proprio sui dazi. Eletto nel 1876 dal congresso come membro del partito repubblicano divenne un vero esperto nell’applicazione della tariffa protettiva che avrebbe portato prosperità alla nazione. La promozione della tariffa Dingley del 1897 ebbe la mira di proteggere i produttori americani e la politica lavorativa dalla concorrenza straniera.

Nel 1900 favorì l’approvazione del Gold Standard Act che definiva il dollaro statunitense in base al peso in oro e richiedeva al Tesoro degli Stati Uniti di rimborsare, su richiesta e solo in monete d'oro, la valuta cartacea specificata dall'atto. Da qui il nuovo target che oggi viene dato all’amministrazione di quadriennale di Donal Trump.

Guardando la storia e le politiche espansionistiche dell’epoca possiamo anche notare una chiara similitudine con le nuove mire geopolitiche di Trump, vedi la Groenlandia o lo stretto di panama, oltre al Canada. In quel tempo, infatti, lo stesso Willian McKinley scatenò una vera guerra ispanico - americana nel 1898 che portò ad un accordo di pace che portò la spagna a cedere Porto Rico, Guam e Filippine con la nuova indipedenza di Cuba. Sempre nel 1898 anche le Hawaii passarono sotto l’Egidia americana.

La nuova politica economica americana sembra superata specie per le politiche di libero scambio collegate al processo di globalizzazione. Trump considera queste politiche come frutto di una sconfitta che ha portato oggi le industrie americane in crisi e non capaci di una concorrenza globale.

Come ben sappiamo i dazi sono una vera imposta sulle merci in arrivo da un paese straniero che hanno il presupposto di proteggere la concorrenza di quel paese. Ma il problema che la tassa doganale ricade sull’importatore che paga nel paese d’ingresso sul prezzo di vendita creando una distinta diseguaglianza al prodotto rispetto al prodotto locale. Naturalmente il consumatore può comprare quel prodotto ma lo deve pagare di più vedi caso BID in Europa. Le auto in questione devono pagare il 17% di tassa doganale che si riverserà poi sul consumatore finale.

Il paese produttore si deve scontrare con la domanda che, come sappiamo, è molto influenzata dalla qualità della tipologia di prodotto e di quanto il consumatore finale è disposto a pagare. I dazi, quindi, non sono un deterrente quando il prodotto ha una qualità costruttiva tale da diventare necessario per il bene dell’acquisto, in tal senso possiamo guardare il mercato dei cellulari e del perché alcune marche cinesi hanno conquistato ampie fette di mercato.

Se il dazio va a colpire il settore energetico vedi GNL o Petrolio ha solo un effetto boomerang sull’inflazione. In tal senso già Trump con l’Arabia Saudita ha tentato di ridurre la produzione globale senza nessun risultato. Il perché è molto chiaro e si chiama BRICS di fronte al quale l’America non può fare nulla.

I dazi inoltre sono certamente influenzati dalla distribuzione globale di ricchi e poveri, fattori che agiscono sulle realtà economiche locali determinando certamente un aumento dei prezzi ma anche ad un cambio di rotta della produzione nazionale specie nei paesi colpiti, in controtendenza ciò favorisce l’occupazione ed in Italia notiamo l’importanza del settore agroalimentare e dell’auto.

Nelle società in cui il reddito pro capite medio - alto tale azione di causa ed effetto colpisce solo i poveri specie se quei prodotti sono di appannaggio giornaliero per le famiglie ed in tal senso occorre guardare alle necessità tra queste l’energia elettrica. La politica sociale, quindi, non consiste nel dare bonus o altro ma nel produrre energia a basso costo attraverso le energie alternative di qualsiasi genere. L’aspetto rispondente alle politiche dei dazi di Trump deve essere visto come una risposta ad un processo di rigenerazione delle politiche di genere.

L’UE deve guardare non a politiche stringenti basate su direttive che in alcuni paesi non sono applicabili ma allargare gli orizzonti sulla problematica cardine che è l’energia. Tutti debbono produrre energia dalle loro case senza limitazioni o chiusure collegate al rilascio di concessioni od altro. La compartecipazione crea forza e benessere collettivo riducendo il carico delle necessarie esportazioni di energia.

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