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lunedì 14 novembre 2005

INFOCITY: La formazione del giornalista: teoria e/o pratica?





La formazione del giornalista: teoria e/o pratica?


di Viola Sarnelli, leggi il suo profilo a pagina:
http://www.infocity.go.it/pwp.php?id=2800/


E’ un fatto assodato che sia da parte dell’Ordine sia delle istituzioni ci sia da un po’ di tempo a questa parte la volontà di innalzare il cosiddetto livello culturale degli appartenenti alla categoria della professione giornalistica.

Che degli appartenenti alla vecchia guardia giornalistica diversi non siano laureati oggi può effettivamente sembrare anacronistico, ed è vero che un buon livello di cultura generale appare necessario per un professionista che si occupi della gestione e del trattamento del materiale informativo che dovrà a sua volta porgere al consumo e al giudizio del pubblico.

Il punto è piuttosto un altro, e cioè quanto possa essere il modello di istruzione universitario quello adatto a fornire ad un giovane giornalista il mix teorico-pratico formativo di cui ha bisogno.

Ovviamente l’università non basta, e una delle verità più note e sedimentate nel campo giornalistico è che l’esperienza sul campo è la parte di formazione dalla quale un aspirante professionista dell’informazione non può assolutamente precindere, quella parte che va dal lavoro redazionale alla ricerca di notizie, dal rapporto con le fonti a quello con il pubblico, al confronto con la direzione.

Il punto di partenza di questo percorso deve essere certamente un’istruzione universitaria accurata, ma ammettere questo è ben diverso dal sostenere che la formazione teorica possa sostituirsi a quella pratica.

Il che è quanto viene sostenuto in realtà dalle famose scuole di giornalismo: l’impressione infatti è che per l’ammissione a queste scuole il curriculum universitario venga tenuto in considerazione molto di più di quello costruito sulla base di esperienze pratiche come stages, tirocinii e collaborazioni con testate giornalistiche.

Qualche punto nelle graduatorie di ammissione si ottiene certo con la tessera da pubblicista, qualche altro dimostrando di aver collaborato a qualche testata percependo una regolare retribuzione: ma anche questo è un serpente che si morde la coda, perché se è già difficile per un giovane aspirante giornalista riuscire a iniziare a collaborare con qualche redazione, è ancora più difficile essere pagato per farlo.

Certo, se le università riuscissero a garantire una formazione più completa, integrando realmente (e non solo in termini di slogan poi mai concretizzati) lo studio teorico con esperienze pratiche riconosciute in termini di crediti formativi, la questione sarebbe diversa.

Ma lo stato attuale delle cose è che facoltà che dovrebbero essere propedeutiche alla professione giornalistica, come Scienze della Comunicazione, a parte qualche infarinatura in area umanistico-sociologica, e un tirocinio previsto da alcuni corsi di laurea (la cui scelta e gestione viene lasciata del tutto alla capacità e/o fortuna dello studente), non fanno altro che fornire allo studente i concetti teorici di quello che in realtà spererebbe di poter vedere con i propri occhi, prima o poi, anche in pratica.

Articolo integralmente tratto da Infocity, il network del giornalismo:
www.infocity.it/

1 commento:

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