La nuova direttiva Ue sui rifiuti eletronici impone che i produttori si facciano carico dei costi degli apparecchi dismessi. E nascono i primi pc in legno o pietra naturale.
Uno dei settori in più rapida crescita nell’ambito della produzione dei rifiuti è quello dei rifiuti hi-tech, come i computer e tutte le loro periferiche. Secondo gli ultimi dati, ogni anno in Europa diventano rifiuti circa 6 milioni di tonnellate di apparecchiature informatiche, una media di 16 kg per cittadino. Si prevede, inoltre, che questo flusso, che costituisce oggi il 4% dei rifiuti solidi urbani, aumenterà di almeno il 3-5% ogni anno.
Ma che fine fa un computer che finisce in un cassonetto?
Inquina moltissimo e costituisce un serio problema per la salute colletiva. I pc, infatti, costituiscono una delle maggiori fonti di inquinamento da metalli pesanti, che sono altamente tossici e dannosi per la salute.
Senza un opportuno recupero e trattamento, contribuiscono pesantemente all’inquinamento e al degrado ambientale.
Per evitare che pc e strumenti hi-tech finiscano nei rifiuti domestici, l’UE ha stabilito che, a partire dal 2006, gli Stati membri debbano istituire un regime di raccolta differenziata. Secondo la direttiva europea, in base al cd. principio del “chi inquina paga”, i produttori dovranno partecipare al finanziamento della raccolta, del trattamento, del recupero e dello smaltimento ecologicamente corretto dei rifiuti derivanti dai loro prodotti immessi sul mercato.
Si tratta di una misura che, concretizzando il concetto della responsabilità condivisa, dovrebbe incoraggiare la progettazione di prodotti più eco-compatibili, smaltibili e riciclabili.
In questo senso la Svezia, terra ricca di legname nonchè Paese produttore di apparecchiature ad alta tecnologia, ha precorso i tempi.
È, infatti, un’impresa svedese, la Swedx di Sollentuna (a nord di Stoccolma), la prima società che dal 2000 produce mouse, tastiere e schermi per pc in legno:
La società svedese vende attualmente circa 3.000 monitor l’anno in tutta Europa;, certamente pochi per un mercato potenziale di circa 4 milioni di unità.
Ma la direttiva UE ha già smosso il mercato e altre compagnie hanno cominciato a seguire l’esempio svedese: la società tedesca Holzkantor, letteralmente “ufficio di legno”, per esempio, sta producendo computer non solo in legno ma anche anche in pietra naturale.
Gli analisti vedono sul mercato una generale disaffezione e stanchezza per la plastica, ma il costo dei pc con involucri “biodegradabili” e “naturali” per ora è in media superiore del 30% al prezzo di quelli normali.
Un aumento della produzione, però, potrebbe presto ritoccare i listini e così i computer in frassino proveniente dagli Usa, o faggio tedesco oppure sapele d’Africa, potrebbero diventare una nuova tendenza del design hi-tech e non solo una possibilità per ristrette nicchie di mercato.
Andrea Pietrarota
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