Un forte lupo capobranco, risoluto a lottare contro la sua stessa indole e pronto a mortificare il forte istinto pur di scoprire il senso dell’esistenza, procede verso l’ineluttabile compimento del proprio destino. Corre il lupo ma è fermo un uomo ormai avanti con gli anni, afflitto dal morbo della mediocrità e frustrato dalla deludente esperienza della sua storia.
La metafora sulla vita magistralmente intessuta attraverso i pensieri e le scelte di un animale selvaggio che non esita a mettere in gioco la stessa capacità di sopravvivere al fine di opporsi all’irriducibile spietatezza del creato, si propone quale commovente contraltare alla realtà patetica e rassegnata che segna l’uomo contemporaneo, assuefatto alla delusione, all’indifferenza, e alla progressiva accettazione della propria sconfitta. Sullo sfondo, nell’ambiguo controluce del giorno dopo giorno, immerso nell’atmosfera plumbea di un racconto kafkiano senza titolo e senza trama, si staglia cinica e distante l’agghiacciante cronaca delle catastrofi naturali, gli orrori della guerra, l’effimera meschinità del quotidiano.
Dura sconcertante disanima sull’ingiustizia universale è l’assurdità del vivere.
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