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mercoledì 26 settembre 2007

GreenReport: Basta infrazioni Ue, d´ora in avanti la compatibilità si verifica prima dell´approvazione

 
Basta infrazioni Ue, d´ora in avanti la compatibilità si verifica prima dell´approvazione
di Eleonora Santucci

LIVORNO. D'ora in avanti nessun provvedimento e nessuna questione presentata al Consiglio dei ministri verrà approvato se prima non verrà fatta una verifica di compatibilità con il diritto comunitario. Questa è la novità introdotta dal decreto del presidente del Consiglio dei ministri del 7 settembre 2007 nel regolamento interno del Consiglio dei ministri.
Questo comporta che l'iscrizione all'ordine del giorno degli schemi dei provvedimenti e su questioni anche di politica di governo tali da garantire l'unità amministrativa, sia subordinata alla verifica di compatibilità. Quindi tali atti dovranno essere accompagnati da una dichiarazione che certifica la compatibilità, pena il diniego di iscrizione.

La novità riguarda da vicino molte questioni ambientali, perché se questo è lo scenario, l'obbligo a carico del ministro proponente della certificazione sulla compatibilità comunitaria elude il rischio di incorrere in una infrazione sanzionabile poi dalla Corte europea. Obiettivo perseguito dal governo è infatti quello di ridurre il contenzioso con Bruxelles.
Il rispetto della normativa europea ambientale può consentire all'Italia non solo di proteggere la ricchezza della sua biodiversità e delle sue risorse naturali, ma anche di offrire ai suoi cittadini un contesto di vita gradevole.
Se queste le intenzioni dell'esecutivo la speranza è che l'impegno verso il rispetto della normativa comunitaria contribuisca a fare chiarezza sulla normativa in materia ambientale. Cosa necessaria per arrivare ad una crescita economica incentrata sul concetto di sostenibilità affermata e sottolineata dalle strategie comunitarie e dalle sue normative.

La maggior parte della normativa ambientale italiana è di derivazione comunitaria. Nella stragrande maggioranza dei casi la Ue legifera attraverso delle direttive self-executing o di dettaglio cioè atti vincolanti che individuano obiettivi che gli Stati membri sono obbligati a raggiungere. Naturalmente la direttiva così come anche il regolamento (che ha efficacia immediata nello stato interno) dovrà essere recepita e dunque tradotta dal legislatore italiano attraverso la fonte del diritto ritenuta più idonea come leggi, decreti e così via. Se poi, lo Stato non traduce e si discosta dal disposto comunitario, la conseguenza è l'apertura di una procedura di infrazione da parte della Commissione europea.
E di questi provvedimenti a carico dell'Italia ne esistono e non pochi. La Commissione sta portando avanti vari provvedimenti di infrazione nei confronti dell'Italia contestandole di aver violato - fino al 2005 - in 15 casi la normativa ambientale dell'Ue in materia di trattamento delle acque reflue, emissioni industriali, prevenzione degli incidenti industriali, valutazioni di impatto ambientale, conservazione di importanti habitat naturali, protezione di risorse idriche, controllo dell'inquinamento atmosferico, scambio delle quote di emissioni e giardini zoologici. Per dieci di queste violazioni la Commissione ha deciso di deferire l'Italia alla Corte di giustizia delle
Comunità europee. In un altro caso l'Italia ha ricevuto un parere motivato che la invita a rispettare una precedente sentenza della Corte, per evitare di incorrere in gravi sanzioni pecuniarie.

Allo stesso tempo esistono in Italia delle traduzioni di direttive comunitarie che pur non dando vita a procedure di infrazione, restano lontane dagli obiettivi comunitari, così come ne esistono altre di notevole interesse, ma non rispettate o non valutate per il valore che hanno. Potremmo fare l'esempio della stessa normativa Raee, potremmo ricordare la confusione normativa in campo di rifiuti, la revisione del Dlgs 152/06 e la proposta di introdurre nel codice penale i reati ambientali.

Fonte: http://www.greenreport.it/contenuti/leggi.php?id_cont=9631

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