Marini, primo messaggio a Berlusconi
"Sarò leale, non farò governicchi"
Il presidente è determinato a tentare solo con un'ampia maggioranza. Il Cavaliere: di lui mi fido, anche se certa sinistra vuole forzargli la mano
di CLAUDIO TITO
di CLAUDIO TITO
Repubblica ROMA - "Io cerco un'intesa politica, non mi metto a raccogliere qualche voto qua e là". Di dubbi ne ha avuti tanti. Fino alla fine. E solo davanti al capo dello Stato, Franco Marini ha accettato il "sacrificio". "Che faccio solo perché è nell'interesse del Paese". Il presidente del Senato, però, ha già posto dei precisi paletti al suo mandato. Sa che il suo compito è "difficilissimo" e lastricato di trappole. Nel suo personalissimo scenario, allora, ha subito cancellato quelli che brutalmente definisce "governicchi". Il suo pensiero, dunque, si concentra sempre sullo stesso: "Senza la sponda di Berlusconi, non può nascere un nuovo esecutivo".
Certo, l'"incaricato" proverà con decisione a rispettare il mandato di Napolitano. Nei contatti avuti già ieri sera, ha spiegato che farà tutto il possibile per costruire uno sbocco positivo alla crisi e riformare la legge elettorale. Per mettere sotto pressione il Cavaliere e i leader del centrodestra, allora, proverà a usare le armi tipiche del capo forzista: comunicherà passo dopo passo le sue scelte agli italiani. "Mi rivolgerò alla gente e se Berlusconi dirà no, si assumerà una pesante responsabilità".
Nello stesso tempo l'inquilino di Palazzo Madama ha già steso la sua tela diplomatica per avvolgere il leader della Cdl. Già ieri ci sono stati i primi contatti. Lo ha confessato proprio Berlusconi che ieri sera, davanti al portone di Palazzo Grazioli, ha trattato l'argomento con le molle. "Marini - racconta - ci ha detto che sarà rigoroso e che non accetterà di guidare governi con uno o due voti di maggioranza. Perché, sapete, mi dicono che qualcuno della sinistra sta tentando pescare un senatore qua e la promettendo ministeri e cariche istituzionali. Ma sarebbe una cosa inaccettabile. Anche Marini è d'accordo". "Certo - prosegue - io capisco pure la responsabilità del presidente della Repubblica che deve fare un tentativo prima di sciogliere le Camere. Lo sta facendo anche per coprirsi rispetto alla sua parte politica. Ma poi, presto si chiuderà tutto: "Ad impossibilia nemo tenetur"". E non vale nemmeno il pressing cui si è dedicato in questi giorni Massimo D'Alema. Il Cavaliere ammette che si è aperta di recente una linea di comunicazione tra i due. "Il ministro degli Esteri ci propone le larghe intese, ma è troppo tardi. Doveva farlo sei mesi fa".
In effetti il capo della Farnesina si sta spendendo in prima persona per far quadrare il cerchio e dare un seguito, anche se limitato, alla legislatura. Di fronte ai tentennamenti che ancora ieri mattina scuotevano Marini, si è messo in macchina ed è tornato a Palazzo Giustiniani per convincerlo ad accettare l'incarico. Subito dopo si è trasferito a Palazzo Chigi per pranzare con Romano e offrire tutte le possibili rassicurazioni al premier dimissionario. "Questo tentativo - è il discorso fatto da D'Alema al Professore - non è contro di te. Non è per rinnegare l'azione del nostro governo. È per salvare un progetto. E tu ci devi dare un mano".
Solo ieri, quindi, il presidente del Senato si è liberato delle sue ultime perplessità. "A questo punto - raccontava ieri sera ad alcuni interlocutori - ci provo davvero. Napolitano è persino più deciso di me e io non posso ignorare la forza che il presidente della Repubblica ha assegnato al mio incarico". Le ultime rassicurazioni, poi, lo inducono a credere che una piccolissima fessura ancora ci sia. Anche nel rapporto con il centrodestra. "Certo - ha ripetuto - il mio è un mandato vincolato e ristretto. Che potrò portare a termine solo se avrò la sponda di Berlusconi e Casini". Per convincerli metterà nero su bianco due garanzie formali: una data "certa" per le elezioni e una riforma elettorale condivisa. Tant'è che il primo giro di consultazioni sarà centrato sui sistemi per superare il "porcellum". Agli incontri si presenterà con le ultime due bozze Bianco. Quelle saranno la base per la trattativa. Non a caso, ieri Marini ha riservato la pausa pranzo ad un colloquio proprio con Enzo Bianco per farsi illustrare nei particolari i due progetti.
Per arrivare ad una "intesa politica", però, non esclude nemmeno delle subordinate. Per il presidente del Senato, infatti, le due "bozze" non sono dei totem intangibili. Le subordinate sono già state inserite nella sua scaletta. A partire dal "Mattarellum". L'unica ipotesi che considera preclusa è quella di puntare sul referendum: paralizzerebbe il sostegno di Udc, Prc, Lega e i "piccoli" dell'Unione. "Io infatti - ha chiuso la serata - vado in parlamento solo con una larga intesa. E scioglierò la riserva entro martedì". "Ora però - ha salutato tutti prima di uscire da Palazzo Madama all'ora di cena - voglio dormirci sopra".
Certo, l'"incaricato" proverà con decisione a rispettare il mandato di Napolitano. Nei contatti avuti già ieri sera, ha spiegato che farà tutto il possibile per costruire uno sbocco positivo alla crisi e riformare la legge elettorale. Per mettere sotto pressione il Cavaliere e i leader del centrodestra, allora, proverà a usare le armi tipiche del capo forzista: comunicherà passo dopo passo le sue scelte agli italiani. "Mi rivolgerò alla gente e se Berlusconi dirà no, si assumerà una pesante responsabilità".
Nello stesso tempo l'inquilino di Palazzo Madama ha già steso la sua tela diplomatica per avvolgere il leader della Cdl. Già ieri ci sono stati i primi contatti. Lo ha confessato proprio Berlusconi che ieri sera, davanti al portone di Palazzo Grazioli, ha trattato l'argomento con le molle. "Marini - racconta - ci ha detto che sarà rigoroso e che non accetterà di guidare governi con uno o due voti di maggioranza. Perché, sapete, mi dicono che qualcuno della sinistra sta tentando pescare un senatore qua e la promettendo ministeri e cariche istituzionali. Ma sarebbe una cosa inaccettabile. Anche Marini è d'accordo". "Certo - prosegue - io capisco pure la responsabilità del presidente della Repubblica che deve fare un tentativo prima di sciogliere le Camere. Lo sta facendo anche per coprirsi rispetto alla sua parte politica. Ma poi, presto si chiuderà tutto: "Ad impossibilia nemo tenetur"". E non vale nemmeno il pressing cui si è dedicato in questi giorni Massimo D'Alema. Il Cavaliere ammette che si è aperta di recente una linea di comunicazione tra i due. "Il ministro degli Esteri ci propone le larghe intese, ma è troppo tardi. Doveva farlo sei mesi fa".
In effetti il capo della Farnesina si sta spendendo in prima persona per far quadrare il cerchio e dare un seguito, anche se limitato, alla legislatura. Di fronte ai tentennamenti che ancora ieri mattina scuotevano Marini, si è messo in macchina ed è tornato a Palazzo Giustiniani per convincerlo ad accettare l'incarico. Subito dopo si è trasferito a Palazzo Chigi per pranzare con Romano e offrire tutte le possibili rassicurazioni al premier dimissionario. "Questo tentativo - è il discorso fatto da D'Alema al Professore - non è contro di te. Non è per rinnegare l'azione del nostro governo. È per salvare un progetto. E tu ci devi dare un mano".
Solo ieri, quindi, il presidente del Senato si è liberato delle sue ultime perplessità. "A questo punto - raccontava ieri sera ad alcuni interlocutori - ci provo davvero. Napolitano è persino più deciso di me e io non posso ignorare la forza che il presidente della Repubblica ha assegnato al mio incarico". Le ultime rassicurazioni, poi, lo inducono a credere che una piccolissima fessura ancora ci sia. Anche nel rapporto con il centrodestra. "Certo - ha ripetuto - il mio è un mandato vincolato e ristretto. Che potrò portare a termine solo se avrò la sponda di Berlusconi e Casini". Per convincerli metterà nero su bianco due garanzie formali: una data "certa" per le elezioni e una riforma elettorale condivisa. Tant'è che il primo giro di consultazioni sarà centrato sui sistemi per superare il "porcellum". Agli incontri si presenterà con le ultime due bozze Bianco. Quelle saranno la base per la trattativa. Non a caso, ieri Marini ha riservato la pausa pranzo ad un colloquio proprio con Enzo Bianco per farsi illustrare nei particolari i due progetti.
Per arrivare ad una "intesa politica", però, non esclude nemmeno delle subordinate. Per il presidente del Senato, infatti, le due "bozze" non sono dei totem intangibili. Le subordinate sono già state inserite nella sua scaletta. A partire dal "Mattarellum". L'unica ipotesi che considera preclusa è quella di puntare sul referendum: paralizzerebbe il sostegno di Udc, Prc, Lega e i "piccoli" dell'Unione. "Io infatti - ha chiuso la serata - vado in parlamento solo con una larga intesa. E scioglierò la riserva entro martedì". "Ora però - ha salutato tutti prima di uscire da Palazzo Madama all'ora di cena - voglio dormirci sopra".
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