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lunedì 31 marzo 2008

Intervista ad Anna Razzi, direttrice Scuola San Carlo di Napoli


Anche quest'anno torna a Gubbio il Festival Nazionale delle Scuole di Danza

Intervista ad Anna Razzi, direttore della Scuola di ballo S. Carlo di Napoli e della Compagnia di Balletto del S. Carlo di Napoli al

Festival delle Scuole di danza "Renato Fiumicelli"

Anna Razzi è stata tutta la vita, e continua a esserlo nonostante da anni non si esibisca più in teatro, ballerina di danza classica:

"Non si smette mai di essere ballerini di danza classica, anche quando non balla più "dice, accompagnando le parole con una compostezza e un rigore che si acquisiscono solamente dopo una vita intera passata sulle punte "non è un mestiere come tanti, il mio, è un modo di vivere e di pensare, di porsi davanti alla vita. Che tristezza rendermi conto che un lavoro come il mio, serio, costante, che richiede un impegno senza cadute, sia visto ormai come un'arte in qualche modo marginale, quando invece grandi artisti come Picasso e Chagall per la danza hanno lavorato, senza considerarla mai figlia di un Dio minore. I tempi sono cambiati, e nell'era del consumo e della televisione al suo minimo storico, oggi chi inizia a fare questo lavoro sa che dovrà affrontare seri problemi, di inserimento nel mondo del lavoro. I ragazzi che escono dalla nostra Fondazione hanno difficoltà per quanto siano bravissimi, a sistemarsi…è un'assurdità, soprattutto ora che anche i coreografi di danza moderna hanno capito come per fare il contemporaneo ci sia assolutamente bisogno di una preparazione classica. La volgarità dilaga, e una disciplina artistica che richiede innanzitutto gusto e rigore assoluto non può che risultarne penalizzata. E' un peccato, una perdita per tutti. Mi chiedo sempre perché le città più disponibili a un discorso come il nostro non siano mai le grandi città, Roma o Milano, ma sempre città di confine, o di provincia."

D. Forse dipende dalla vita più frenetica, dall'assuefazione alla velocità e al consumo..

R. Sì, e anche dal gusto, senza dubbio meno inquinato, più raffinato, doti che solamente chi dispone di tempo può coltivare, e questo vale dall'una e dall'altra parte, come spettatori e come interpreti. E' un lavoro che richiede, e lo dico come ballerina di danza classica, soprattutto tanta umiltà. Tante cose è possibile interpretarle, certo, cambiano le emozioni che si intende trasmettere, cambiano le intenzioni, ma in questo campo non c'è niente da inventare, tutto è stato codificato, una volta per tutte. Come in tutte le discipline serie, come quelle orientali; in quelle indiane, per esempio, si richiede a chi vuole iscriversi una lunga anticamera, per valutare se gli aspiranti siano veramente sostenuti dal desiderio di dedicarsi totalmente alla danza. O tutto o niente. Nella danza i gesti non sono mai buttati via, ma sempre accompagnati, dietro c'è un'intenzione precisa, è un vero e proprio rito. "

D. Qualche suo rito personale, con il quale accompagnava la sua entrata in scena?

R. Certo che ne avevo! La mia preparazione era meticolosa, entravo in camerino tre ore prima dello spettacolo, mettevo i miei trucchi tutti in fila...e entravo a poco a poco nel personaggio da interpretare. Occorre concentrazione, è come una specie di autoipnosi, quella che si produce, chi ama davvero la danza questo lo capisce, ci si stacca dal mondo attuale davvero, così come ci si libra in aria quando si balla, per entrare in un "non mondo" e in un" non tempo". Per fare questo è necessario applicarsi a una disciplina rigida e immutevole, che serve a entrare nei personaggi, con uno sforzo di concentrazione e astrazione assolute. Vede, i nostri alunni sono diversi anche per come si comportano nella scuola normale, me lo dicono i genitori dopo aver parlato con gli insegnanti. In loro c'è più consapevolezza, un rispetto più profondo degli altri…

D. Insomma, la danza come scuola di vita

R. Sì, è una sorta di protezione interiore, che preserva da tanti orrori contemporanei. Ci si rende conto che si affronta la vita con un animo diverso, anche se si è in presenza di un mondo in piena follia.

D. La danza come terapia, quindi, e cura contro i mali del nostro tempo.. e quali altri interessi consiglierebbe di coltivare?

R. A tutti, ma in particolare ai coreografi e ai ballerini consiglio di informarsi, approfondire altri generi di arte, dalla pittura al teatro alla musica…a me la recitazione è servita moltissimo, prima di affrontare un lavoro mi leggevo sempre il testo. Nel testo non c'è musica, e il ritmo, senza il quale tutti si addormenterebbero, lo devi fare tu, che esperienza bellissima, senti che lì deve entrare un passo, e là un altro, senza musica…è un esercizio che bisognerebbe che tutti i ballerini facessero. E la pittura, i colori…non danzano, forse anche loro? Per me tutte le arti in qualche modo convergono nella danza.

D. Sì, soprattutto se si pensa che l'Universo stesso è nato da una danza di particelle.. E sull'esperienza del Festival di scuole di danza di Gubbio, a cui avete appena partecipato che osservazioni ha fatto?

R. Ho visto alcune scuole che insegnano con grande rigore, mi è piaciuta molto la scuola di Palermo, per esempio, e ho visto parecchi talenti veri, a cui auguro di cuore di riuscire a trovare una collocazione, in questo mondo sempre più avaro, lo dico nell'interesse di tutti. Chissà…la storia si ripete sempre…mi dico sempre che sto assistendo al Medioevo… spero di arrivare a vedere almeno un inizio di Rinascimento!



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