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domenica 30 marzo 2008

“Una mela al giorno toglie il medico di torno”: una ricetta antipsicosi per difendersi dalle balle gastro-informative.

scritto da Daniele Memola
“Una mela al giorno toglie il medico di torno”: una ricetta antipsicosi per difendersi dalle balle gastro-informative.

Tutto bene quel che finisce bene. L’ennesima “bufala” gastro-informativa (che di genuino o Dop aimè, non ha nulla a che fare) ha esaurito per fortuna i suoi effetti nefasti. E se in un’Italia dove un pò tutti sono già in ginocchio, mezzo miliardo di euro al giorno persi (questo il danno economico calcolato dalla Coldiretti per le mancate vendite di mozzarelle di bufale in Italia e all’estero nell’ultima settimana da quando è scoppiato il caso diossina) potevano aiutare a disintegrare così facilmente l’immagine di un prodotto invidiato all’estero, un settore (quello dell’agrofiliera), la Campania, che di problemi ne ha fin troppi, ci siamo riusciti appieno.

A Bruxelles si sono tranquillizzati dopo le controanalisi italiane; dal Giappone è arrivato il nulla osta allo sblocco delle oltre quattro tonnellate di mozzarelle italiane che, in via precauzionale, da giorni erano tenute ferme nelle dogane degli aeroporti di Tokyo e di Osaka (ma in Corea sono mai arrivati i nostri prodotti? si o no?); si è divertito con un bel ghigno il presidente francese Sarkozy alla Corte di Sua Maesta Uk, assaporando con gusto il suo vino francese convinto che il caso della bufala campana, è l’ennesimo regalo che abbiamo fatto alla sua Francia, principale competitor sulle tavole mondiali dei prodotti tipici mediterranei.

Tutte queste polemiche per capire che solo 12 allevamenti su tutto il territorio nazionale avevano valori di diossina nei latticini superiori al limite di legge. E poi di quanto? Per essere esposti a rischi bisogna assumere una quantità di diossina di 5-10 volte superiori ai limiti ammessi. Certo che ingurgitare quattro chili di bufala a settimana per scatenare un qualche effetto dannoso sulla salute sono un po’ troppi: costituirebbe questo sì un vero caso di mono-alimentazione da sottoporre agli scienziati.

Difficilmente credibile è pensare che una famiglia, italiana e non, si sieda a tavola per mangiare mozzarella di bufala a tutto spiano da mattina e sera (con quel che costa poi!). Insomma per capirci, passare dalla dicitura “oro bianco” ad alimento “innominabile” da consumare di nascosto perché tossico solo a parlarne ce ne vuole. Ora che l’emergenza, creata su fantascienza è rientrata, possiamo farci anche noi una bella risata alla Sarkozy.

L’amarezza è constatare però che a nulla sono servite le lezioni precedenti sui casi di “balle gastro-sanitarie”. Anche sui possibili rischi connessi ad un’eventuale diffusione della cosiddetta “influenza aviaria” si ripeterono previsioni allarmistiche, appelli, previsioni di milioni di malati e di morti che sarebbero venuti.

Come un’autentica epidemia, ma di disinformazione, l’ingiustificata paura creata dai media aumentava ad ogni anatra o pappagallo trovato morto ai quattro angoli del mondo. Anche allora abbiamo assistito inermi a un aumento dei vaccini contro l’influenza di stagione che con quella dei polli non c’entrava niente, ad un assalto dei farmaci aintivirali, al crollo dei consumi delle carni bianche e delle uova, ma senza mai conoscere su quali basi scientifiche la temuta ecatombe poteva verificarsi in quel periodo.

Eppure anche sull’ “influenza dei polli” i dati a disposizione esistevano. Si sapeva che era dal 1997 che la trasmissione all’uomo del virus aviario H5N1 si era rivelato un evento estremamente raro e in tutti i casi (circa 122) si trattava di persone in stretto contatto con animali malati. I sessantacinque casi di decessi tra Cambogia, Indonesia, Thailandia e Vietnam (fonte Organizzazione mondiale della sanità) erano ieri, come oggi per le nostre mozzarelle, un po’ pochi per parlare di catastrofe sanitaria e di sicuro contrastavano con le certezze propinate quotidianamente dal mondo dell’informazione che sosteneva con assoluta certezza a che ora e dove sarebbe arrivata l’epidemia. Bastano undici galline, due anatre e un paio di cigni stecchiti per aver permesso di acquistare tonnellate di “Tamiflu” a suon di miliardi e fare la fortuna della Roche che produceva l’antivirale?

Telegiornali e quotidiani avrebbero dovuto dire invece che il costosissimo farmaco stava per essere ritirato dal mercato prima ancora che scoppiasse la sindrome dei polli; che l’antivirale non ha aveva ancora completato tutte le sperimentazioni cliniche e soprattutto che non c’era un vaccino per l’uomo perché non esisteva il virus. Se, a tutt’oggi, passata la pandemia mediatica, non c’è stato nemmeno un caso di trasmissione da uomo a uomo e questa variante virale deve ancora manifestarsi, che senso ha avuto annunciare la pandemia?

Forse, dopo i polli alla diossina, la carne agli ormoni, il pesce al mercurio e le mucche impazzite, quello che possiamo bollare come la “bufala” sulle bufale è molto semplicemente l’ennesimo caso in cui i giornalisti hanno abdicato al loro ruolo critico preferendo lanciare allarmi ingiustificati senza alcun senso di responsabilità. La minaccia globale anche questa volta è stata solo mediatica e, purtroppo su questo, non c’è mascherina o vaccino che ci può mettere al riparo.

Daniele Memola, Giornalista Freelance

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