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giovedì 24 settembre 2009

Americani: pronti alla rivolta armata?


Americani: pronti alla rivolta armata?

 

 

Come reagiscono gli americani alla crisi economica, alla disoccupazione galoppante verso il 16%, ai pignoramenti di case in aumento? Comprando armi. Vanno a ruba pistole automatiche, revolver calibro 38 e 45, l'arma lunga tipica dell'esercito (Black Rifle), grossi fucili calibro 0.50.

Secondo i dati dell'FBI, solo ad agosto 2009, gli americani si sono dotati di oltre un milione di nuove armi (per l'esattezza 1.074.757), con un aumento del 12%  rispetto all'agosto 2008 (quando ne avevano comprate 956.872). Nel corso dell'ultimo anno, gli americani hanno acquistato oltre 9 milioni di armi da fuoco. Che, aggiunte a quelle che già avevano, legalmente detenute in casa, in auto o in tasca, portano la dotazione in mano ai privati a 355 milioni 29 mila armi corte e lunghe:  1,7 pistole, fucili a pompa o mitraglatori d'assalto per ogni abitante degli Stati Uniti, lattanti, neo-buddhisti e suore di clausura (se ne esistono ancora) compresi
(1).

Una corsa frenetica all'armamento privato, che regala una pioggia d'oro alle industrie del settore  (niente recessione per Smith & Wesson), e ragguardevoli introiti fiscali federali: i fabbricanti pagano un'accisa del 10% su ogni pezzo, che ha reso allo Stato nel primo trimestre 109,8 milioni di dollari, un aumento del 43% rispetto allo stesso periodo del 2008.

Fino a ieri si pensava che la corsa agli armamenti fosse una fiammata una tantum, innescata dal timore che il presidente Obama imponesse limitazioni più severe al possesso di armi. Dieci mesi dopo e senza nessuna legge in vista, la spiegazione non può essere che una: quanto più si sentono insicuri del futuro, quanto più gli americani hanno paura (e vivono di paura), tanto più gli americani reagiscono ciecamente armandosi.

C'è in questo riflesso il parossismo dell'individualismo americano, sulla cui natura bisogna intendersi: la convinzione che, nei casi estremi, nessun aiuto ti viene dalla società, e sei ridotto ai tuoi mezzi individuali; in mancanza di solidarietà sociale in una societò etnicamente divisa, quel che conta è la tua personale forza, dei tuoi, della tua famiglia mono-nucleare. Ed oggi, «gli americani sentono che questo è l'uragano Katrina delle recessioni; la gente è salita sui tetti, senza una barca in vista; l'acqua sale, e i più non vedono via di scampo», ha detto Carl van Horn, direttore del «John Heldrich Center for Workforce Development» alla Rutgers University
(2).

La metafora è ben trovata: nell'uragano Katrina, la popolazione di New Orleans restò sui tetti per giorni, l'amministrazione Bush non organizzò alcun soccorso adeguato alla tragedia, ma in compenso mandò la Guardia Nazionale armata di tutto punto, contro eventuali saccheggi di sciacalli.

Il centro di ricerche sul lavoro diretto da van Horn ha condotto un sondaggio, da cui risulta che il 60% dei nuovi disoccupati hanno perso il lavoro in modo improvviso e senza segnali premonitori: otto su dieci hanno avuto un preavviso di meno di due settimane. Tre su quattro dichiarano che la situazione economica ha avuto «effetti gravi» su loro e sulle loro famiglie. Solo il 40% di loro sta ricevendo un qualche sussidio di disoccupazione e l'83% di quelli che lo ricevono sono sicuri che esso spirerà prima che abbiano trovato un'altra occupazione. Solo metà dei disoccupati, inoltre, ha una forma di assistenza sanitaria.

Un sondaggio Rasmussen ha posto un notevole campione davanti alla frase «Gli Stati Uniti sono la terra della libertà e della giustizia» - un luogo comune del mitico patriottismo americano - e, per la prima volta, si sono dichiarati d'accordo con questa frase meno della metà: il 46%. I più fiduciosi nel mito sono i maschi bianchi (il  49%, e il 60% di quelli che votano repubblicano), ma solo il 45% delle donne, e solo il 20% dei neri. Un altro sondaggio (Harris) ha scoperto che oggi solo il 16% degli americani adulti si fida che il sistema legale e giudiziario li sappia difendere contro le ingiustizie, e il 50% dichiarano la loro sfiducia nella magistratura. Un altro sondaggio Harris ha appurato che ormai il 67% degli americani (due su tre) ritengono che il giornalismo tradizionale (stampa e TG) «ha perso il contatto» con le esigenze della popolazione. Time Magazine, parlando del fenomeno dell'aumentata richiesta di oro, ha commentato: «Tradizionalmente, questo avviene quando i cittadini non si fidano dello Stato, politicamente o economicamente».

E allora? Si comprano armi. E si fa incetta di munizioni, al punto che i giornali parlano di un problema di penuria di questo genere di merce. Gli scaffali di Wal-Mart dedicati ai proiettili sono vuoti; ogni nuovo rifornimento dei fabbricanti sparisce subito, perchè chi può spende i suoi ultimi dollari per accaparrarsi più scatole che può, specie dei calibri da 380 in su. Davanti alle armerie del Nevada, dice un giornale di Las Vegas, si formano file di 20-30 compratori in attesa dell'arrivo di munizioni
(3).

Fatto significativo, l'aumentato acquisto di armi non corrisponde ad un aumento dei delitti di sangue: significa che si sono dotati di pistola o fucile d'assalto milioni di americani «tranquilli», ligi alla legalità, che non penserebbero mai di usare il revolver per regolare i loro conti.

E' il segno premonitore di una rivoluzione che cova nel popolo americano? Di una grande rivolta che può scoppiare contro i grandi profittatori, le banche, i poteri forti, un governo servile alle lobby note e meno note?

Sembra crederci Gerald Celente, direttore di Trend Research Institute, rispettato analista e pittore di scenari, noto per parecchie previsioni centrate:

«Entro il 2012 l'America diverrà una nazione sottosviluppata, e ci sarà una rivoluzione segnata da tumulti per il pane, rivolte di occupanti abusivi di case (squatters), marce per il lavoro e ribellioni fiscali... il catalizzatore sarà la presa del potere a Washington da parte di Wall Street, in una specie di golpe senza sangue, in pieno giorno... La prima cosa sarà l'organizzazione di rivolte fiscali. Saranno grosse perchè la gente non si può permettere di pagare pià tasse scolastiche, più tasse sulla proprietà, ogni genere di tasse rincarate».

E due giorni fa, è avvenuta a Washington una manifestazione inaudita contro le politiche di Obama, con due milioni di partecipanti.




Ma se coltiviamo questa speranza, dobbiamo ricordare di nuovo il particolare «individualismo» americano: quello delle «gated communities», dei quartieri di lusso murati che sorgono dovunque, e dei senzatetto di nuovo conio che vengono picchiati dalla «gente» o sbattuti via dalle autorità dalle strade dello shoppingp perchè disturbano e sporcano. Quello di una società profondamente divisa dall'iniquità economica, dalla molteplicità razziale che crea estraneità e diffidenza, ed oggi, dopo il decennio Bush, anche da una profonda frattura ideologica: i repubblicani inveleniti che gridano ad  Obama «ladro», «mentitore» e «socialista», le famiglie «di destra» che non vogliono che vada a parlare ai loro figli nelle scuole, i telepredicatori che dichiarano di pregare per la sua morte, sono un indice di una polarizzazione mai vista prima.

Il vero motivo per cui una maggioranza di bianchi, e non solo benestanti, si oppone ferocemente alla creazione di un sistema sanitario pubblico, è che questi non vogliono che Obama «spenda le mie tasse per curare i negri e i messicani», che sono sentiti come profondamente estranei, nemici, meritevoli della loro sfortuna.

Una società simile, per di più senza sindacati nè altre forme di aggregazione di classe, con partiti che interpretano i voleri di lobby e non della comunità, non può manifestare solidarietà sociale, nè accordarsi su un comune obbiettivo, nè su un comune avversario sociale. Una «società» del genere è piuttosto «dissociazione», pullulare di gruppi minimi reciprocamente ostili; probabilmente incapace di unificarsi per un progetto qualunque, men che meno rivoluzionario.

L'esito del sistema al collasso può essere quello temuto da Pat Buchanan
(4) in un suo recentissimo commento: «America is coming apart», l'America che si sfascia, in una guerra di tutti contro tutti, con 355 milioni di armi in mano a 260 milioni di individui spaventati e che, consci del collasso del «sogno americano», non vedono una via d'uscita, nè sanno concepire un'alternativa, perchè fino a ieri vivevano «nel sistema migliore del mondo».

In ogni caso, se verrà una rivolta, i poteri pubblici sono preparati. Già Bush, come sappiamo, ha aperto miriadi di campi di raccolta o di concentramento per ribelli prossimi venturi. La contea di San Diego (California) ha appena installato in alcuni luoghi pubblici, dove possono avvenire manifestazioni, dei nuovi altoparlanti: sono i «Long Range Acoustic Devices» (LRAD), che possono effettivamente essere usati come altoparlanti, ma che possono emettere un suono assordante e invalidante. Sono in realtà «armi non letali» concepiti per disperdere le folle, ed effettivamente usati a questo scopo in Iraq e contro i pirati somali. Sono chiamati anche cannoni acustici perchè possono sparare in modo direzionale un suono oltre i 150 decibel (cinquanta volte più alto della «soglia del dolore») e causano disorientamento, nausea, dolore e danni permanenti ai timpani.

«Una precauzione in caso di bisogno», ha spiegato lo sceriffo Bill Gore
(5).

Ma forse non ce ne sarà nemmeno bisogno. In una società simile, i poteri americani sanno che solo una cosa può unificarla, la paura; e sanno come strumentalizzarla a loro vantaggio.
«La gente che è dietro gli attentati dell'11 settembre sta pianificando nuovi attentati», ha assicurato l'ammiraglio Michael Mullen durante la commemorazione del 9/11 al Pentagono. Essendo l'ammiraglio il capo degli Stati Maggiori riuniti, che sa benissimo chi è «dietro» gli attentati, qualcuno ha pensato per un attimo ad una denuncia (o ad una auto-confessione). No, naturalmente.  «Al Qaeda e i suoi alleati estremisti non vogliono altro che colpirci di nuovo» ha spiegato Mullen.

Insomma, ha agitato ancora una volta lo spettro dell'introvabile Bin Laden, quello che ha unito gli americani dietro il potere e le sue guerre già decise nel 2001. Abbiate paura, molta paura. E magari davvero si farà un attentato, «in caso di bisogno», per rinfrescare la paura e l'odio di otto anni fa, solo sentimento unificante
(6).

Del resto, già nell'ottobre 2008 la RAND Corporation, il think tank espressione del complesso militare-industriale (e con legami ovvii con il Bilderberg e il Council on Foreign Relations) aveva proposto al Pentagono la sua soluzione per la corrente crisi economica: cominciare una guerra con «una importante potenza estera» per stimolare l'economia americana e risalire dalla recessione. I  700 miliardi impegnati per i salvataggi di Wall Street e delle banche d'affari si sarebbero più utilmente potuti usare per finanziare la guerrra stimolatrice.

Il rapporto RAND, taciuto dai nostri media, fu rivelato da quelli francesi e ripreso con allarme dai principali media cinesi, soprattutto per quell'accenno che il bersaglio della nuova guerra doveva essere «una importante potenza». Non dunque uno staterello ma, specularono i cinesi, o la Cina, o la Russia. O in seconda istanza, l'Iran o persino il Giappone, grande detentore del debito americano.

La proposta non è stata accettata, ma il fatto che possa essere stata formulata, dice il cinismo che abita i poteri pubblici, e i poteri forti in USA. E resta di riserva. In caso di necessità, basterà un nuovo mega-attentato per unificare il Paese, ciecamente, dietro ai suoi padroni, alla caccia del fantomatico nemico.



1) «Another 1,000,000 Guns Added to American Homes in August», Ammoland.com, 4 settembre 2009.
2) «The Anguish of Unemployment - Nationwide Work Trends Survey of 1,200 Unemployed U.S. Workers Reveals the Economic and Personal Costs of Prolonged Joblessness», John J. Heldrich Center for Workforce Development, 3 settembre 2009.
3) Mike Blasky, «The hunt is on for more ammunition in Nevada, U.S.», Las Vegas Review-Journal, 6 settembre 2009.
4) Patrick Buchanan, «Is America coming apart?»,  WorldNetDaily, 11 settembre 2009.
5) Miriam Raftery, «Sonic Weapons Used in Iraq Positioned at Congressional Townhall Meetings in San Diego County», East County Magazine, 11 settembre 2009.
6) Elisabeth Woodworth, «Dead or Alive? Osama bin Laden: A Marketing Tool for US-NATO Military Operations». GlobalResearch, 11 settembre 2009.

 




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