Disinformazione e marketing della droga, tra magliette, film e canzoni
Disinformazione, è questo il problema principale per cui la droga ogni giorno va avanti e contagia sempre più giovani. Contro un fenomeno culturale che corre impetuoso travolgendo tutto senza limiti e in una società dove i ragazzini iniziano in tenera età (11-12 anni) a fare le prime esperienze con la cannabis e lo “snuffing” (l’inalazione di sostanze tossiche simile ai bambini del Brasile), la prevenzione attraverso i media con i tradizionali spot educativi non sembra lasciare alcun segno. Continuare ad insistere su messaggi che mirano ad una politica della riduzione del danno non ha senso se prima non si individua il bacino di utenza e quindi il target giusto a cui rivolgersi quando si vuole comunicare il problema droga.
Una disinformazione che ha più facce: primo, manca attualmente un servizio in grado di fornire dati in tempo reale e adatto al tipo di problema da fronteggiare; una rete di rapporti e comunicazione attraverso la quale sia possibile monitorare il numero maggiore di tossicodipendenti in modo tale da conoscere realmente i veri protagonisti di questa realtà non facile da gestire. Un secondo aspetto che la cosiddetta “comunicazione sociale” non ha capito e per il quale non sono stati ancora inventati “vaccini mediatici”, è che i soggetti più a rischio, non sono i consumatori abituali di droghe (più attrezzati e previdenti perché più vicini al problema), ma “quelli della domenica”; i ragazzini che iniziano trenta ore prima di andare a ballare la preparazione per raggiungere lo sballo, con i calmanti per il sonno prima e con le anfetamine al risveglio, in un crescendo di dosi fino al clou della serata in discoteca. Alzi la mano chi ha mai sentito in tv o letto sui giornali quali sono i danni e rischi dello “Sextasy” (Viagra + Mdma), del “Cocaetilene” (Alcool + Cocaina) o dello “Speedball” (Eroina + Cocaina), quei mix di cui non si parla perché salvaguardati dalla privacy sui dati.
Responsabilità piccole o grandi dell’informazione che si aggiungono ad un’altra non meno grave ma sottovalutata da molti, quella di mercato e del mercato. Ketamina, Lsd, Mdma, Popper e Peyote hanno sostituito l’eroina da tempo, le nuove sostanze psicostimolanti non vengono dall’Afghanistan ma dai laboratori dell’Europa dell’Est, Russia e Cina in testa ma anche dalla Turchia; seguono la legge universale del mercato, il prezzo del prodotto scende se c’è tanta offerta e poca domanda e viceversa. I mix aumenteranno sempre più perché a vincere è la domanda, sono di facile produzione e di sicuro successo. Quello attuale delle droghe è un mercato che non contagia solo la malavita, ma entra in maniera prorompente nelle case di tutti; la moda è arrivata a pubblicizzare sulle t-shirt i nomi delle sostanze stupefacenti, griff da “cocaina” o “Pablo Ecobar es mi casa”; gadget con la foglia di marijuana all’ordine del giorno perché significano “essere fighi” ecc…
Non si tratta solo di magliette. Attualmente tutti i telefilm trasmessi in tv trattano questo fenomeno: tante le sfaccettature, alcune positive altre meno ma certamente dietro tutto c’è l’ingegno di qualcuno che ha capito come fare soldi. Un sistema di tipo imperiale che muove questo mercato, come quello dei media, che non manca di mandare alla massa messaggi subliminali, da canzoni che trattano della droga a vip che pubblicizzano una sostanza piuttosto che un’altra (come gli ultimi contratti miliardari firmati a pioggia da Kate Moss dopo lo scandalo, ora eletta a madrina della cosmesi). Ma allora quale spot riuscirà ad inviare un messaggio positivo ai giovani invogliandoli a spendere la loro vita per qualcosa di più importante? Aspettiamo una “genialata” del marketing strategico che dovrebbe sponsorizzare un nuovo prodotto, insolito sul mercato: la vita.
Daniele Memola
Ciao Daniele, ti scrivo due righe a commento del tuo articolo che ho trovato molto interessante perchè è del settore di cui faccio parte.
RispondiEliminaMarketing significa vendere ma ti assicuro che anche noi abbiamo un minimo di deontologia. Io per primo ho sempre rifiutato di "piazzare" o "studiare" una qualsiasi strategia di mercato che fosse giocata sulla pelle altrui. Droga e sesso sono ormai il core business di chi fa marketing. Ma non è detto che tutti si uniformino. C'è sempre qualcuno che continua ad avere buon gusto e un minimo di senso etico. Poi si sa, in ciascun mestiere ci sono sempre due facce della stessa medaglia.