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martedì 24 giugno 2014

Francesco Colantuoni Sostenibilità innovazione farmacologica in mano al medico

I dati forniti dal rapporto di Farmindustria sul biotech sono incoraggianti. La chiave per orientare l’allocazione delle risorse del SSN sono però in mano al medico, che ha la possibilità di fare in modo di concentrare la spesa sui trattamenti innovativi pur continuando a garantire i trattamenti consolidati grazie al ricorso ai biosimilari.


“I dati forniti dal rapporto di Farmindustria sul biotech, con l’annuncio dell’arrivo di centinaia di nuovi trattamenti, sono incoraggianti anche per noi: significa che in futuro ci saranno altrettante opportunità per i farmaci biosimilari” dice Francesco Colantuoni, vicepresidente di AssoGenerici, commentando i dati diffusi ieri.
“È evidente, come si è visto chiaramente anche dall’andamento delCongresso annuale dell’American Society of Clinical Oncology (ASCO) chiusosi recentemente a Chicago, che in alcuni settori chiave – l’oncologia, ma anche l’infettivologia e l’endocrinologia – siamo effettivamente a una svolta. È però altrettanto evidente che l’arrivo di queste terapie tanto innovative quanto costose pone un problema etico centrato sull’accesso alle cure”. Trattamenti dal costo pari a centinaia di migliaia di dollari/anno non sono facilmente sostenibili a valori costanti.
“Seguiamo da sempre con la massima attenzione il dibattito interno alla comunità medica ed è evidente come, anche in Italia, una della principali preoccupazioni dei clinici sia riuscire a garantire i nuovi trattamenti al maggior numero di pazienti per i quali sono indicati stanti le limitazioni dei budget” prosegue Colantuoni. Però, e lo abbiamo visto anche nel corso del nostro Convegno nazionale, a questa preoccupazione non seguono a volte comportamenti coerenti”.
Da una parte vi è il clinico che ricorre al biosimilare come farebbe con qualsiasi altro medicinale approvato dall’EMA, solo meno costoso dell’originator, per liberare risorse da destinare ai nuovi trattamenti. Dall’altro ci sono prese di posizione opposte, nelle quali si viene a chiedere di condurre sperimentazioni locali per stabilire se e a quali condizioni è possibile usare il biosimilare.
“Questo è assurdo: se un farmaco biosimilare è registrato come tale è perché ha già superato il vaglio della sperimentazione. Se valesse questo principio, allora si dovrebbero rifare le sperimentazioni anche per i farmaci brandeddi nuova introduzione, ma a nessuno verrebbe in mente di proporlo. Mai come oggi – conclude il vicepresidente diAssoGenerici – la chiave per orientare l’allocazione delle risorse del Servizio sanitario nazionale sono in mano al medico, che ha la possibilità di fare in modo di concentrare la spesa sui trattamenti innovativi pur continuando a garantire i trattamenti consolidati grazie al ricorso ai biosimilari. Ma quando si vede che in alcune Regioni la prescrizione di questi medicinali è pari al 40% e in altre al 10% soltanto si ha l’impressione che questa occasione di equità e razionalità la si voglia perdere”.
FONTE: AssoGenerici

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