I
poli del campo magnetico terrestre possono invertirsi nell’arco di una vita
umana. A rivelarne i dettagli, uno studio internazionale sulle proprietà
paleomagnetiche di una sequenza sedimentaria nel Bacino di Sulmona. La
ricerca, condotta da Cnr e Ingv, è stata pubblicata sul Geophysical
Journal International
Non sono
ancora chiari i motivi, ma a distanza di migliaia o centinaia di migliaia di
anni i poli magnetici della Terra si invertono. Risale a circa 786.000 anni fa l’ultima inversione
a cui è stato dato il nome di ‘transizione Matuyama-Brunhes’.
A gettare una
nuova luce sulla dinamica di questo fenomeno, uno studio di paleomagnetismo
condotto da un team internazionale di ricercatori dell’Istituto di geologia
ambientale e geoingegneria del Consiglio nazionale delle ricerche (Igag-Cnr),
dell’Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia (Ingv), della Columbia
University, Berkeley Geochronology Center e Laboratoire des
Sciences du Climat et de Environnement (LSCE), CEA-CNRS e Gif-sur-Yvette.
I risultati della ricerca sono stati pubblicati sul Geophysical Journal
International (http://gji.oxfordjournals.
Obiettivo dello questo studio è stato analizzare le proprietà paleomagnetiche
di una sequenza sedimentaria deposta sul fondo di un antico lago, ora
affiorante in superficie nel bacino di Sulmona, nei pressi del paese di
Popoli, in Abruzzo. La ricerca fa parte di un insieme di indagini condotte
dall’Igag-Cnr volte a caratterizzare l’assetto stratigrafico e tettonico dei
bacini intra-Appenninici in aree caratterizzate da intensa attività sismica.
Alcuni tipi di
rocce contengono minerali magnetici (ossidi di ferro) che tendono ad
orientare la propria magnetizzazione secondo la direzione del campo magnetico
terrestre esistente al momento della formazione delle stesse. Perciò,
esaminando il magnetismo delle rocce di epoche diverse è possibile
ricostruire l’andamento del campo magnetico del pianeta nel tempo geologico.
“Le
misure condotte nel laboratorio di paleomagnetismo dell’Ingv”, spiega
Leonardo Sagnotti, ricercatore Ingv che ha guidato la ricerca, “hanno
dimostrato che questi sedimenti hanno eccellenti proprietà per la
registrazione delle variazioni del campo magnetico nel passato”.
Inoltre, la
successione sedimentaria lacustre del bacino di Sulmona contiene numerosi
sottili livelli di ceneri vulcaniche emesse durante violente eruzioni
esplosive dei vulcani laziali, lungo il versante tirrenico della penisola
italiana, che sono state datate con metodi radiometrici nei laboratori di Gif-sur-Yvette
(Francia) e Berkeley (USA), fornendo quindi precisi vincoli
cronologici per datare l’intervallo di sedimenti contenenti l’inversione
magnetica.
“L’inversione
di polarità del campo magnetico terrestre”, afferma Biagio Giaccio,
ricercatore dell’Igag-Cnr, “risulterebbe quindi compresa tra livelli di
ceneri datati tra 781mila e 792mila anni fa. Mentre i sedimenti si
accumulavano sul fondo del lago con un tasso medio di circa 2 cm al secolo”.
L’integrazione
dei dati paleomagnetici e geocronologici ha consentito la ricostruzione ad
alta risoluzione della dinamica del campo magnetico terrestre nei millenni
precedenti e successivi all’inversione dei poli e ha, per la prima volta,
messo in evidenza che l’inversione di polarità Matuyama-Brunhes fu
estremamente rapida, essendosi verificata in un intervallo di tempo più breve
di quello che è possibile risolvere in questi sedimenti, ovvero ad un tasso
almeno dieci volte più rapido di quanto ritenuto in precedenza.
“Lo studio ha
fornito una delle migliori registrazioni disponibili delle caratteristiche e
variabilità temporale del campo magnetico terrestre durante un’inversione di
polarità e indica chiaramente che questo fenomeno può svilupparsi in tempi
comparabili alla durata di una vita umana”, afferma ancora Biagio Giaccio.
“In particolare l’inversione dei poli magnetici sembra avvenire
istantaneamente. La nostra stima più conservativa è che si sia sviluppata in
meno di un secolo, probabilmente molto meno”.
Il brusco
passaggio dei poli geomagnetici da un’area polare all’altra, avvenuto circa
786mila anni fa, è stato preceduto da un intervallo di generale instabilità
del campo magnetico terrestre che si è protratto per almeno 6.000 anni.
“Questo
periodo di instabilità geomagnetica è stato caratterizzato da due intervalli
di tempo, di circa 2000 anni ciascuno, in cui l’intensità del campo diminuì
drasticamente a valori equivalenti a meno della metà di quella che ha il
campo attualmente. La brusca inversione dei poli avviene verso la fine
dell’intervallo di bassa intensità del campo più recente”, aggiunge Leonardo
Sagnotti.
Anche se una
inversione magnetica è un grande evento planetario legato alla circolazione
convettiva nel nucleo fluido metallico della Terra, non ci sono catastrofi
documentate associate a inversioni magnetiche del passato.
“La riduzione
di intensità del campo magnetico terrestre, che di solito precede e
accompagna le inversioni di polarità, potrebbe potenzialmente avere
ripercussioni sui sistemi satellitari e sulle reti di distribuzione
dell’energia elettrica, per la maggiore penetrazione del vento solare verso
la superficie della Terra”, concludono i ricercatori.
Roma, 30
ottobre 2014
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