Una tipologia di evento che non è così infrequente: sono quasi 7.000 gli oggetti di maggiori dimensioni ‘rientrati’ dall’inizio dell’avventura spaziale a oggi, informa l’Isti-Cnr
Dovrebbero
precipitare sulla Terra domani venerdì 8 maggio i
frammenti del cargo russo Progress M-27M, sfuggito al
controllo subito dopo il lancio dalla base di Baikonur, in
Kazakistan.
In Italia, l’evoluzione orbitale del veicolo spaziale è
monitorata da Luciano Anselmo e Carmen Pardini
dell’Istituto di scienza e tecnologie dell'informazione
del Consiglio nazionale delle ricerche (Isti-Cnr), che ha
cominciato a inviare le proprie previsioni di rientro
all’Agenzia spaziale italiana (Asi) dal 30 aprile.
Ma è
possibile sapere dove si disperderanno i frammenti?
“Potrebbero precipitare in qualunque località del pianeta
compresa tra i 53 gradi di latitudine sud e nord (sono
esclusi quindi Poli, che non sono sorvolati dal veicolo)”,
spiega Pardini. “Facendo una valutazione generale sui
rischi di rientro di oggetti dallo spazio e tenendo conto
della distribuzione degli oceani e delle terre emerse, se
i detriti si distribuissero su un arco di 800 km, la
probabilità che cadano tutti in mare e nessuno sulla
terraferma è del 62%. Ma se si disperdessero su un arco di
2.000 km, tale probabilità scenderebbe al di sotto del
50%”.
Lunga oltre
7 metri, con un diametro di 2,7, la capsula Progress pesa
circa 7 tonnellate, era stata lanciata lo scorso 28 aprile
e avrebbe dovuto rifornire la Stazione spaziale
internazionale di attrezzature scientifiche e alimenti di
prima necessità. I problemi si sono verificati subito dopo
il lancio, la navetta è andata fuori controllo e ha
cominciato a perdere quota, ruotando velocemente su se
stessa.
“Per
convenzione si dice che un oggetto ‘rientra’
nell’atmosfera quando precipita a 120 km di quota. Da quel
punto l’attrito dell’aria diventa sempre più significativo
e parti delle strutture quali pannelli solari, antenne o
appendici varie possono staccarsi anche tra i 110 e i 90
km di altezza. In genere la struttura principale dei
satelliti, dove è concentrata gran parte della massa,
rimane intatta fino a 80 km di quota, dopo di che l’azione
combinata di forze aerodinamiche e riscaldamento
disintegra la struttura, i cui componenti si trovano a
loro volta esposti alle condizioni proibitive
dell’ambiente circostante”, precisa la ricercatrice
Isti-Cnr.
“Il destino dei vari pezzi dipende da
composizione, forma, struttura, rapporto area-massa e
momento di rilascio: gran parte si vaporizza ad alta
quota, ma se il satellite è sufficientemente massiccio e
contiene componenti particolari, come serbatoi di titanio
e masse metalliche in leghe speciali, la caduta al suolo
di frammenti solidi a elevata velocità, fino a qualche
centinaio di km/h, è possibile”.
Dall’inizio
dell’avventura spaziale – con il lancio dello Sputnik il 4
ottobre 1957 – ad oggi, sono rientrati 3.095 satelliti e
3.727 gli stadi e componenti di lanciatori (i ‘razzi’),
per un totale di 6.822 oggetti spaziali artificiali.
“Solo
il rientro di quelli più grandi e massicci avviene in modo
controllato: l’80% circa dei satelliti rientra senza
controllo, ma si tratta di oggetti con una massa
decisamente inferiore a quella della Progress, intorno ai
1.850 kg”, conclude Anselmo. “Il picco dei casi di rientro
per i lanciatori fu raggiunto nel 1989 con oltre 110, dei
satelliti nel 1979 con circa 90, per le piattaforme dei
lanciatori nel 1984 con oltre 20”. Attualmente in media
rientrano in modo incontrollato uno stadio o un satellite
a settimana, circa 50-60 l’anno. Il calcolo esclude i
veicoli collegati con i programmi spaziali con equipaggio.
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