Ricercatori del Consiglio nazionale delle ricerche e
dell’Università di
Pisa hanno dimostrato che la concentrazione di CO2
sta prolungando
l’attuale periodo interglaciale.
Lo studio è stato appena pubblicato sulla rivista internazionale ‘Geology’.
Lo studio è stato appena pubblicato sulla rivista internazionale ‘Geology’.
L’effetto
serra conseguente alla cospicua concentrazione di anidride
carbonica
nell’atmosfera starebbe prolungando l’attuale periodo
interglaciale, iniziato
circa 11.700 anni fa. Gli effetti climatici della CO2,
peraltro già
relativamente elevata prima dell’avvento della rivoluzione
industriale, sono
infatti tali da inibire l'inizio di un’era glaciale. È quanto
emerge da uno
studio appena pubblicato nella rivista ‘Geology’ e condotto da
un team
internazionale di ricercatori guidati da Biagio Giaccio
dell'Istituto di
geologia ambientale e geoingegneria del Consiglio nazionale
delle ricerche
(Igag-Cnr), da Eleonora Regattieri, ora dell’Igag-Cnr di Roma e
Phd della
scuola Galileo Galilei dell’Università di Pisa e da Giovanni
Zanchetta, del
dipartimento di Scienze della Terra dell’Ateneo pisano.
L’analisi
dei depositi accumulatisi sul fondo di un antico lago, che un
tempo si
estendeva nell’attuale piana Sulmona in Abruzzo, ha consentito
ai ricercatori
di individuare un periodo analogo all’attuale Olocene, indicato
con il nome di
‘Stadio isotopico marino 19c (MIS 19c)’. In questo periodo,
iniziato circa
790mila anni fa, la configurazione orbitale della Terra, e
dunque la quantità
di energia solare che riscalda il nostro pianeta, era simile a
quella odierna.
Lo studio dettagliato di diversi livelli di ceneri vulcaniche
rinvenute
nell’area, eseguito in centri specializzati in Francia
(Cea-Cnrs-Uvsq) e in
California (Berkeley Geochronology Center), ha permesso di
ottenere per la
prima volta un’affidabile cronologia dell’evoluzione climatica
di questo antico
periodo caldo.
“Assumendo
una totale analogia tra le due fasi interglaciali, il MIS 19c e
l’Olocene”,
spiega Biagio Giaccio, “l’attuale periodo caldo dovrebbe essere
relativamente
prossimo alla sua fine e volgere verso una nuova glaciazione, se
non fosse per
la significativa differenza dei gas serra riscontrati nei due
periodi”.
Infatti, mentre durante le fasi iniziali di entrambi gli
interglaciali le
concentrazioni di CO2 appaiono del tutto simili,
l’atmosfera
dell’Olocene, già a partire dai primi millenni, si è
progressivamente
arricchita di anidride carbonica rispetto invece a quella del
MIS 19c.
“A parità
di insolazione”, aggiunge
Giovanni Zanchetta, “il diverso contenuto di CO2
potrebbe essere
stato sufficiente a far divergere drasticamente l’evoluzione dei
due
interglaciali conducendo, da un lato, il MIS 19c verso la sua
fine, e quindi a
una glaciazione, e producendo dall’altro un prolungamento delle
condizioni
delle attuali condizioni interglaciali”.
I ricercatori stimano, al 68%
di probabilità,
che la durata del MIS 19c sia di 10800 +/- 1800 anni. “Questo
significa che
l'Olocene poteva già essere terminato oltre mille anni fa”,
afferma Giaccio.
“La fase di generale raffreddamento del clima olocenico che si
ipotizza sia
iniziata circa 4.500 anni fa, quella che i geologi definiscono
‘neoglaciale’,
probabilmente rappresentava l'embrione della prossima
glaciazione poi, forse,
definitivamente abortita per l'eccesso di CO2”.
“I risultati
di questo studio forniscono un’ulteriore prova indiretta
all’affascinate
ipotesi formulata alcuni anni fa”, spiegano i ricercatori,
“secondo la quale
l’uomo avrebbe modificato il ciclo naturale dei gas serra
nell’atmosfera
aumentandone il contenuto ben prima della rivoluzione
industriale, mediante
cioè le modificazioni della vegetazione conseguenti alla nascita
e sviluppo
dell’agricoltura preistorica. Indipendentemente da ciò, i
risultati di questo
studio mostrano ancora una volta, e in maniera inequivocabile,
l’elevata
sensibilità del clima alla concentrazione atmosferica di gas
serra, oggi
fortemente influenzata dall’attività umana”.
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