Come accennato il D.Lgs. 81/08 non prevede specifiche sanzioni penali per l’RSPP: non vi è dunque uno specifico sistema di pene (per delitti: reclusione/multa; per contravvenzioni: arresto/ammenda) che vada a sanzionare il comportamento di un RSPP che non svolge adeguatamente il suo compito.
Il che non significa che il RSPP
non possa incorrere in una responsabilità penale, anche per reati piuttosto
gravi.
Il RSPP infatti risponde, insieme
al datore di lavoro, “per il verificarsi di un infortunio ogni qual volta
questo sia oggettivamente riconducibile ad una situazione pericolosa che egli
avrebbe avuto l’obbligo di conoscere e segnalare” (Cass. Pen. Sez. IV
27.01.2011 n. 2814).
Tale impostazione non era
immediatamente chiara al momento dell’emanazione del D.Lgs. 626/94, mentre il
quadro normativo attuale (D.Lgs 81/08 s.m.i) prevede che il datore di lavoro
sia e rimanga titolare della posizione di garanzia e, di conseguenza, il
responsabile – salvi i casi che si diranno – in caso d’infortunio sul lavoro.
E’, infatti, il datore di lavoro
che ha l’obbligo di compiere la valutazione dei rischi e di elaborare il
documento contenente le misure di prevenzione e protezione (che, si rammenta,
contiene sia l’individuazione delle potenziali fonti di rischio, sia la
specificazione delle contromisure adottate in azienda per far fronte a tali
rischi).
Tali attività sono svolte con
l’ausilio di un consulente specializzato e professionalmente competente: il RSPP formato in materia di sicurezza sul lavoro.
Sia la valutazione dei rischi,
sia la redazione del DVR, pertanto, fanno capo al datore di lavoro che, nel
caso le ometta, è perseguito penalmente in prima persona (art. 55 D.Lgs. 81/08):
a prima vista pertanto nessuna sanzione penale diretta investe il RSPP sulle
cui responsabilità il D.Lgs. 81/08 sostanzialmente tace.
Tuttavia, il fatto, che la
normativa di settore escluda la sanzionabilità penale o amministrativa di
eventuali comportamenti inosservanti dei membri del servizio di prevenzione e
protezione, non significa che questi componenti possano e debbano ritenersi in
ogni caso totalmente esonerati da qualsiasi responsabilità penale e civile
derivante da attività svolte nell’ambito dell’incarico ricevuto.
Infatti, occorre distinguere
nettamente il piano delle responsabilità prevenzionali (di cui, in genere, non
risponde penalmente il RSPP), derivanti dalla violazione di norme di puro
pericolo, da quello di responsabilità per reati colposi di evento, quando cioè
si siano verificati infortuni sul lavoro o tecnopatie. (Cass. Pen. Sez. IV n.
2814 del 27 gennaio 2011).
In definitiva vi è
corresponsabilità del RSPP con il datore di lavoro per la verificazione di un
evento lesivo tutte le volte che l’inosservanza dei compiti di prevenzione
attribuiti al RSPP dalla legge si configura come una delle concause dell’evento
lesivo.
Pertanto, qualora il datore di
lavoro non adotti una doverosa misura di prevenzione a causa di un errato
suggerimento o di una mancata segnalazione circa una situazione di rischio da
parte del RSPP, che abbia agito con imperizia, imprudenza o inosservanza di
leggi e discipline, quest’ultimo sarà chiamato a rispondere dell’evento dannoso
derivatone, essendo a lui ascrivibile a titolo di colpa professionale.
In certi casi, qualora tale colpa
professionale sia tale da non poter essere riconosciuta dal datore di lavoro
(ad es. il RSPP consiglia una di adottare una misura che sembra sufficiente ad
eliminare il rischio, ma che poi non si rivela tale), la colpa del RSPP
addirittura può assumere un carattere esclusivo dovendosi presumere, nel
sistema elaborato dal legislatore, che alla segnalazione avrebbe fatto seguito
l’adozione, da parte del datore di lavoro, delle necessarie iniziative idonee a
neutralizzare detta situazione (cfr. Cass. Pen Sez. IV 20.08.2010 n. 32195; Vass. Pen Sez. IV 27.09.2012 n. 37334.;
Cass. Pen. Sez. IV 15.01.2010 n. 1834).
La formazione RSPP e la
sua designazione da parte del datore di lavoro, pertanto, anche se
obbligatoria, non equivale a una delega di funzioni.
Il ruolo del RSPP rimane comunque
un “ruolo tecnico di staff, di natura consultiva e propositiva” e la sua
individuazione non è assolutamente idonea ai fini dell’esenzione del datore di
lavoro da responsabilità per la violazione della normativa antinfortunistica.
Unica eccezione è il caso in cui
un soggetto che rivesta la qualifica di RSPP riceva anche la delega di alcune
funzioni: in questo caso diventando l’alter ego del datore di lavoro, il RSPP
viene ad assumerne, rispetto a quelle stesse funzioni, gli stessi oneri e le
stesse responsabilità.
Due elementi, in ogni caso,
devono essere presenti e sono sempre essenziali per affermare la responsabilità
del RSPP:
- la colpa: ossia la negligenza,
imprudenza o imperizia del RSPP nell’analisi dei rischi e nell’individuazione
delle misure idonee per eliminarli/prevenirli
- il nesso causale tra la
condotta negligente, imprudente o imperita del RSPP e l’evento infortunistico.
Se manca l’uno o l’altro di
questi elementi non vi è naturalmente responsabilità.