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lunedì 14 dicembre 2015

Nell'Italia delle startup vince la diversity

Diversita' di genere, di eta', di provenienze nei team che le compongono. Uno studio di SDA Bocconi in collaborazione con Bayer e Caleido Group fotografa il panorama delle piccole imprese che puntano sull'innovazione e ne delinea i risultati.

14/12/2015 - Sono 4.704, impiegano quasi 5 mila persone e sono formate da quasi 17 mila soci, nel 45% dei casi c’è almeno una donna nel team, nel 40% c’è almeno un under 35 e nel 12% c’è almeno uno straniero: sono le startup innovative italiane. La Divisione ricerche Claudio Dematté di SDA Bocconi le ha fotografate e ne ha analizzato le performance in uno studio in collaborazione con Bayer e con il supporto di Caleido Group. Performance che sono, in media, caratterizzate dal segno meno quando si guarda alla redditività, ma che evidenziano anche un potenziale di crescita non ancora espresso.
Innanzitutto la fotografia. L’elaborazione di SDA Bocconi (su dati InfoCamere) mostra imprese caratterizzate da grande diversity: di età (nel 24% dei casi il team è composto per la maggior parte di giovani), di genere (il 13% dei team è a prevalenza femminile) e di provenienza.

Delle 4.704 imprese, poi, SDA Bocconi ha analizzato un campione di 2.865 aziende (il 61%). Si tratta di imprese perlopiù concentrate in Lombardia (il 23% del totale), in Emilia-Romagna (12%) e nel Lazio (10%), con Milano e Roma in testa tra le province (14,7% e 8,5%, rispettivamente, sul totale di imprese). Sono imprese fortemente concentrate a livello settoriale, con il 42% che opera nell’informatica e internet e il 20% nei settori denominati ‘lifesciences’ (agroalimentare, chimica, farmaceutica, ambiente, etc).

Riguardo ai risultati economici, i dati elaborati da SDA evidenziano che le startup innovative appaiono come società di ridotta dimensione ma in crescita continua. “Si tratta di imprese che, in media, negli anni successivi alla costituzione (l’orizzonte temporale che abbiamo valutato è di quattro anni) incrementano il livello dei propri ricavi, sono attive sul mercato e vedono crescere le proprie vendite, tuttavia non riescono a trasformare questi risultati in una redditività operativa positiva” spiega Maurizio Dallocchio, ordinario di finanza in Bocconi e coordinatore della ricerca.
Nonostante le imprese del campione vedano salire in media i ricavi da poche migliaia a quasi 250 mila euro l’anno al quarto anno, i principali indici di redditività sono in terreno negativo e, sempre in media, appaiono nel breve-medio periodo in costante necessità di nuove risorse, tanto dal punto di vista del capitale di debito, quanto dal punto di vista dell’equity. Tuttavia, dietro i risultati negativi, c’è anche un potenziale ancora inespresso.

Questo aspetto emerge con evidenza quando vengono scorporati i dati medi, dividendo tra imprese in utile e imprese in perdita. Queste ultime hanno un patrimonio netto che al quarto anno è tre volte quello delle imprese in utile (300 mila contro 100 mila euro in media) e indebitamenti bancari a breve e lungo periodo di 2-2,5 volte. Le imprese in utile sembrano avere una crescita più bilanciata tra debito ed equity e indicatori di redditività positivi e stabili già poco dopo il momento di costituzione. Per le imprese in perdita la struttura finanziaria è da considerarsi comunque entro valori fisiologici, come mostra l’evoluzione del rapporto tra debito ed equity, che nei quattro anni si mantiene in un range di valori compreso fra 1 e 2.

Soprattutto, le imprese in perdita mostrano un valore degli asset immateriali decisamente maggiore rispetto a quelle in utile: a cinque e sei anni dalla nascita tale valore è rispettivamente 3 e 1,7 volte quello delle altre società.

Ma proprio l’alto valore degli intangibili, espressione di una fase di investimenti che mina la redditività nel breve periodo, allo stesso tempo può rappresentare un potenziale futuro ancora inespresso, come mostra la redditività in recupero all’avvicinarsi della conclusione del ciclo di vita denominato startup.

“Lo sviluppo di queste aziende”, conclude Dallocchio, “risiede nelle competenze e negli investimenti, ma anche nella capacità di intraprendere un percorso di crescita bilanciato. Il ruolo degli incubatori è fondamentale in tal senso. Ciò che può creare le condizioni per un reale sviluppo di Sistema è la capacità di diversificare i settori: esistono nuovi bisogni a cui rispondere e servono nuove idee per soddisfare o addirittura anticipare questi bisogni”.

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