All'Ino-Cnr
di Firenze sono stati prodotti fotoni, le particelle elementari della
luce, dalle proprietà decisamente inusuali. La ricerca, pubblicata su Physical Review Letters,
ha mostrato che, facendo interagire singoli fotoni ultracorti con gli
atomi di un gas, è possibile modificarne profondamente la forma,
consentendone l'impiego per trasmettere e memorizzare informazioni in
tecnologie innovative per futuri computer quantistici
Nei
laboratori dell'Istituto nazionale di ottica del Consiglio nazionale
delle ricerche (Ino- Cnr), una collaborazione italo-brasiliana
coordinata da Marco Bellini e Alessandro Zavatta ha prodotto un tipo di
luce dalle caratteristiche totalmente nuove e di grande interesse per le
tecnologie quantistiche del futuro. I risultati sono stati pubblicati
sulla rivista Physical Review Letters.
"La
luce, a differenza della materia, interagisce solo debolmente con
l'ambiente e, in determinate circostanze, può quindi propagarsi senza
perdite su lunghissime distanze. Per questo motivo è da sempre
utilizzata per trasmettere informazioni, ad esempio sotto forma di
immagini o di segnali", spiega Alessandro Zavatta. "Questa scarsa
capacità di interazione è però un'arma a doppio taglio quando si
vogliono utilizzare singoli fotoni, cioè le particelle elementari della
luce, per alcune nuove tecnologie: se da un lato essi sono ottimi
portatori di informazione, capaci cioè di trasmetterla in modo accurato e
immune da ogni intercettazione, dall'altro risultano particolarmente
inadatti alla sua elaborazione e memorizzazione. Una soluzione a questo
problema consiste nell'utilizzare la luce per trasmettere l'informazione
e impiegare invece la materia, sotto forma di nubi di atomi, per
manipolarla e memorizzarla. Perché singoli fotoni e atomi 'si parlino'
in modo efficiente è però necessario che la luce abbia un ben
determinato colore, esattamente corrispondente a quello assorbito dagli
atomi", continua Zavatta. "Per questo motivo molti laboratori nel mondo
stanno facendo a gara per produrre singoli fotoni estremamente
monocromatici affinché interagiscano al meglio con memorie atomiche".
"Nei
nostri laboratori abbiamo appena dimostrato che questa non è l'unica
strada possibile", afferma quindi Marco Bellini. "Singoli fotoni
'multicolori' di durata brevissima, meno di un milionesimo di
milionesimo di secondo, possono anch'essi interagire fortemente e
inaspettatamente con gli atomi. L'interazione provoca una profonda
deformazione dei fotoni stessi che, inizialmente contenuti in un impulso
estremamente breve e dalla forma regolare, si 'allungano' nel tempo ed
assumono infine una forma caratteristica a molte 'gobbe', detta 'ad area
nulla'".
Di
grande interesse le possibili applicazioni verso le tecnologie
quantistiche del futuro. "Fin dai primi esperimenti di Marconi con le
onde radio, si modula nel tempo l'ampiezza dei campi elettromagnetici
per trasmettere segnali. Poterlo fare adesso con singoli fotoni
consentirà di scambiare informazioni in modo più efficiente ed
assolutamente sicuro, al riparo cioè da qualsiasi intercettazione",
conclude Marco Bellini. "Inoltre, dimostrando per la prima volta la
possibilità di questa 'breve ma intensa' interazione con la materia, i
nostri esperimenti aprono la strada all'elaborazione e immagazzinamento
di quelle stesse informazioni in memorie atomiche innovative. Questi
sono gli elementi essenziali di un computer quantistico del futuro che
potrebbe risolvere in modo rapido problemi inavvicinabili anche per i
più potenti calcolatori attualmente in circolazione".
Roma, 8 febbraio 2016
Singoli fotoni ultracorti deformati dall'interazione con gli atomi
Zero-area single-photon pulses
L.S. Costanzo, A.S. Coelho, D. Pellegrino, M.S. Mendes, L. Acioli, K.N. Cassemiro, D. Felinto, A. Zavatta, and M. Bellini
Physical Review Letters, 116, 023602 (2016)
http://journals.aps.org/prl/abstract/10.1103/PhysRevLett.116.023602
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