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martedì 17 gennaio 2017

RAPPORTO RISTORAZIONE FIPE 2016. In crescita il peso della ristorazione sui consumi e l'occupazione

Dal Rapporto emerge il calo dei consumi alimentari domestici (-12% tra il 2007 e il 2015) contrapposto alla crescita dei consumi fuori casa, che valgono ormai il 35% del totale dei consumi alimentari delle famiglie.

· La dieta mediterranea perde colpi considerando la significativa contrazione dei consumi di frutta e verdura.

· Aumentano gli occupati nel settore mentre le ore lavorate restano ancora al di sotto dei livelli pre-crisi del 2008.

· I voucher rappresentano appena l’1,1% del costo del lavoro complessivo del settore. "Uno strumento valido e necessario che introduce un nuovo elemento di flessibilità e aiuta a regolarizzare il lavoro irregolare" dichiara il presidente di Fipe Stoppani.

· Si conferma il trend che nei centri storici vede l’aumento di take away (+41,6%) contrapposto al calo dei bar (-9,5%).

· Dall'avvento dell'euro il costo di una tazzina di caffè è aumentato in media del 29%.

· La giornata fuori casa degli italiani: a colazione le donne preferiscono i bar/pasticceria (65%), le trattorie e le osterie scalano le preferenze degli italiani nel week end e battono le pizzerie. Solo un consumatore su cento è disposto a pagare più di 50 euro per una cena.



Milano, 17 gennaio 2016 Fuoricasa sempre più protagonista dei consumi alimentari degli italiani. È quanto emerge dall'ultimo Rapporto Ristorazione della Fipe - Federazione Italiana Pubblici Esercizi sull’andamento del settore e dei relativi consumi nel 2016, presentato oggi, in occasione di una conferenza stampa tenutasi presso la sede Confcommercio di Milano - Lodi - Monza Brianza a Palazzo Castiglioni (Milano).


L’impatto della crisi sui consumi alimentari in casa (-12% pari a una flessione di 18,4 miliardi di euro tra il 2007 ed il 2015) ha fatto sì che il peso della ristorazione sul totale dei consumi alimentari guadagnasse qualche posizione smentendo così le suggestive ipotesi che vorrebbero un ritorno ai consumi in casa a scapito di quelli fuori le mura domestiche.


Sono infatti 39 milioni gli italiani che hanno dichiarato di aver consumato pasti fuori casa nel 2016 confermando l’immagine di un’Italia in controtendenza rispetto al resto d’Europa, dove al contrario i consumi alimentari fuori casa hanno registrato una significativa contrazione: nel nostro Paese nel 2016 è proseguito, secondo le stime dell’ufficio studi di Fipe, da un lato il calo dei consumi alimentari domestici (-0,3%), dall’altro l’incremento di quelli fuori casa (+1,1%).


“I dati relativi al 2016 emersi dal Rapporto confermano la ripresa dei consumi per il settore del fuori casa e la centralità del lavoro nel settore, dimostrata dal forte aumento dell’occupazione,  ha dichiarato Lino Enrico Stoppani, Presidente Fipe –. L'incremento occupazionale è stato inoltre favorito dallo strumento dei voucher, una risorsa vitale per un settore caratterizzato da stagionalità e picchi di lavoro imprevedibili. Una scelta all'insegna della trasparenza che ha contribuito a far emergere  il lavoro irregolare e creare nuove opportunità occupazionali per i giovani, garantendo i contributi INPS e copertura assicurativa. Una guerra contro i voucher nella ristorazione è totalmente sbagliata, anche se condividiamo la necessità di alcuni correttivi per contrastare gli abusi". “Nel 2016 inoltre - prosegue Stoppani - si è registrata un’elevata mortalità di imprese e un abbassamento della qualità, soprattutto a causa di un eccesso di offerta nel settore, dimostrata dall’elevato numero di esercizi take away, per nulla legati alle tradizioni gastronomiche delle nostra città, che spesso mettono a rischio anche l’identità e l’attrattività dei nostri centri storici”. 


Interessante da questo punto di vista risulta la fotografia del settore dei pubblici esercizi scattata dal Rapporto: se da un lato, infatti, la rete nel 2016 si è ampliata grazie all’apertura di 20.184 nuove attività (+8,1% rispetto al 2008), dall’altro il livello qualitativo dell’offerta si è abbassato soprattutto nei centri storici italiani, dove si è acuita la contrapposizione tra l’incremento di attività di ristorazione take away del 41,6% e la riduzione dei bar del -9,5%.


A differenza di quanto emerso nelle ultime settimane, durante le quali prodotti di punta del consumo alimentare fuori casa come la tazzina di caffè al bar sono diventati i bersagli principali della denuncia di aumenti straordinari ed ingiustificati, un’attenta analisi dei dati porta a conclusioni assai diverse. 

Nel 2002 la rilevazione del prezzo della tazzina di caffè al bar effettuata sui listini dei bar in diverse città campione forniva un prezzo medio di 1.533 lire, che convertite in euro davano 0,79. I prezzi rilevati dall'Osservatorio Prezzi a novembre 2016 sulle stesse città indicano un valore medio di 0,98 euro: il risultato è un incremento del 24%.



* * *
RAPPORTO RISTORAZIONE FIPE 2016
SINTESI DELLA RICERCA

Il mercato della ristorazione in Italia e in Europa
Nel nostro Paese nel 2016 è proseguito, secondo le stime dell’ufficio studi di Fipe, da un lato il calo dei consumi alimentari domestici (-0,1%), dall’altro l’incremento di quelli fuori casa (+1,1%) peraltro ben rilevato dallo stesso Indicatore dei Consumi Fuori Casa (ICEO) che sale al 41,8% dal 41,6% del 2015.

Si conferma, inoltre, il trend che vede un’Italia in controtendenza rispetto al resto d’Europa, dove al contrario i consumi alimentari fuori casa hanno registrato una significativa contrazione: guardando all’Europa nel suo complesso, infatti, i consumi alimentari valgono 1.541 miliardi di euro suddivisi tra il 64,2% nel canale domestico e per il 35,8% nella ristorazione, con differenze notevoli tra Paesi.

Si spazia dalla Germania, dove i consumi alimentari nella ristorazione rappresentano meno del 30% del totale, al Regno Unito (47%), alla Spagna (52%) e all’Irlanda (57%). Nel complesso in Europa tra il 2007 ed il 2015 si è registrata una flessione dei consumi pari a circa 22 miliardi di euro ma nel nostro Paese la contrazione degli alimentari ha riguardato quasi del tutto il canale domestico, a differenza di quanto successo ad esempio in Spagna (-14,3 miliardi di euro) o nel Regno Unito (-7 miliardi di euro).

Chi sono gli avventori dei pubblici esercizi in Italia
Nel 2016 39 milioni di italiani hanno consumato pasti fuori casa, così divisi:
·         13 milioni di heavy consumer, coloro che consumano 4-5 pasti fuori casa a settimana. Per lo più uomini (53,9%) di età compresa tra i 35 e i 44 anni (23,7%) e residenti al Nord Ovest (29,5%) in centri abitati tra i 5.000 e i 40.000 abitanti (36,8%);
·         9 milioni di average consumer, quelli che consumano almeno 2-3 pasti fuori casa a settimana. In prevalenza uomini (51,7%), residenti in Centro Italia (29,1%) in centri abitati tra i 5.000 e i 40.000 abitanti (37,9%);
·         17 milioni di low consumer, che consumano pasti fuori casa 2-3 volte al mese. Sono in prevalenza donne (54,8%), di età superiore ai 64 anni, residenti nelle regioni del Nord Italia, in centri abitati tra i 5.000 e i 40.000 abitanti (40,1%).

La giornata degli italiani, dalla colazione alla cena
Il Rapporto Fipe passa in analisi la ripartizione dei consumi fuori casa durante l'arco della giornata. Dall'indagine emerge che più di sei italiani su dieci consumano, con diversa intensità, la colazione fuori casa: cinque milioni di italiani consumano fuori casa la colazione almeno 3 o 4 volte alla settimana, per quattro milioni si tratta invece di un rito quotidiano.  

Il locale per eccellenza dove gli italiani consumano la colazione è il bar/caffè, senza alcuna distinzione di genere, età o area geografica. Il bar/pasticceria è secondo in classifica per preferenza, preferito soprattutto dalle donne (65% contro il 57% degli uomini), e nel Nord Est (64%). Le alternative restano esigue, come i distributori automatici, scelti dal 17% dei consumatori.
A colazione gli italiani spendono in media 2-3 euro; solo l'1,5% spende meno di un euro e in questo caso si tratta di heavy consumer.

Passando al pranzo, la tipologia di consumo e prezzo relativo dipende in larga misura di giorni della settimana. Al 67% degli italiani, pari a poco meno di 34 milioni, capita di consumare il pranzo fuori casa durante la settimana, e per cinque milioni si tratta di un'occasione abituale (3-4 volte alla settimana).

I tre profili di consumatori si caratterizzano per evidenti differenze: gli "heavy" consumano il pranzo soprattutto al bar, mangiando un panino o un primo piatto, gli "average" e i "low" scelgono sia il bar che il ristorante preferendo la pizza. La spesa durante la settimana si concentra prevalentemente nella fascia 5-10 euro (45,5%).  

Nel week end luoghi, prodotti e spesa cambiano significativamente: ristoranti/trattorie e pizzerie scalano la classifica, preferiti rispettivamente dal 56,2% e dal 39,5% degli intervistati. La spesa sale nella fascia 10-20 euro con il 42,2% delle risposte.

Arrivando a sera, l'analisi Fipe rileva che il 61,7% degli intervistati ha consumato almeno una cena fuori casa con riferimento ad un mese tipo. Poco meno di due milioni hanno cenato fuori casa almeno tre volte alla settimana, prediligendo soprattutto le osterie e, in seconda scelta le pizzerie. La fascia di prezzo di una cena tipo è tra i 10 e i 20 euro, anche se più di un terzo degli italiani riserva ad una singola cena dai 20 ai 30 euro.  

Solo un intervistato su cento è disposto a pagare più di 50 euro per consumare l'ultimo pasto del giorno. La disponibilità a pagare degli heavy consumer risulta significativamente differente rispetto ai "low": i primi pagano in media tra i 20 e i 30 euro, mentre più del 50% dei low consumer si accontenta di una cena compresa nella fascia 10-20 euro. I residenti nel Nord Ovest si dimostrano più propensi a spendere: il 13,2% paga più di 30 euro per una cena tipo, percentuale che nel Sud e nelle Isole è inferiore al 5%.

La “demografia” dei pubblici esercizi
In continua espansione si è dimostrata anche la rete dei pubblici esercizi, con un aumento dell’8,1% nel 2016 rispetto al 2008, pari ad un valore assoluto di +20.184 imprese. Guardando invece alle tipologie di esercizi i bar hanno registrato un calo del 3,9% a fronte di un aumento dei take away del +35%.

Puntando l’attenzione sui centri storici, si è confermata inoltre la tendenza, emersa negli ultimi anni, ad una dequalificazione dell’offerta commerciale, con il rischio concreto di vedere depotenziata la forza competitiva dell’Italia nel mercato turistico internazionale: fortemente rafforzata, infatti, risulta la presenza di esercizi take away (+41,6%), cui fa da contraltare il calo dei bar (-9,5%).

Le dinamiche dell’occupazione
L’input di lavoro del settore dei pubblici esercizi conta oltre un milione di unità, misurato in unità di lavoro standard, mentre le ore lavorate sono rimaste al di sotto dei livelli del 2008. Rispetto a sei anni fa, invece, il settore ha assorbito circa l’1% in meno del fabbisogno delle ore complessivamente lavorate.

La produttività delle imprese della ristorazione non solo risulta bassa, ma anziché crescere è diminuita risultando inferiore di quattro punti percentuali rispetto al 2009 anche se nel corso del 2015 si sono registrati segnali di recupero.

I prezzi
Per quanto riguarda i prezzi, nel mese di ottobre 2016, l’ultimo rilevato nel Rapporto, quelli dei servizi di ristorazione commerciale (bar, ristoranti, pizzerie, ecc.) hanno registrato un aumento dell’1% rispetto allo stesso mese del 2015 mentre per la ristorazione collettiva l’incremento è stato del 2%.

Prendendo in esame l’andamento dei prezzi di alcuni prodotti di punta del consumo alimentare fuori casa, negli ultimi giorni è stata dedicata grande attenzione alla variazione dei prezzi nei quindici anni che intercorrono dall'introduzione dell'euro: prodotti di punta del consumo alimentare fuori casa, dalla pizza alla tazzina di caffè, sono diventati i principali bersagli della denuncia di aumenti straordinari e ingiustificati.

Ad un’attenta analisi dei dati, invece, si giunge a conclusioni assai diverse. Nel 2002 la rilevazione del prezzo della tazzina di caffè al bar effettuata sui listini dei bar in diverse città campione forniva un prezzo medio di 1.533 lire, che convertite in euro davano 0,79. I prezzi rilevati dall'Osservatorio Prezzi a novembre 2016 sulle stesse città indicano un valore medio di 0,98 euro: il risultato è un incremento del 24%".

Variazione dei consumi delle famiglie nel periodo 2015/2007
(in milioni di euro – valori concatenati con anno di riferimento 2010)
Capitoli di spesa
mln. di euro
alimentari e bevande non alcoliche
-18.367
bevande alcoliche, tabacco, narcotici
-4.696
vestiario e calzature
-3.625
abitazione, acqua, elettricità, gas ed altri combustibili
4.712
mobili, elettrodomestici e manutenzione della casa
-11.427
sanità
-699
trasporti
-26.914
comunicazioni
2.128
ricreazione e cultura
-1.014
istruzione
-589
alberghi e ristoranti
436
- servizi di ristorazione
-344
beni e servizi vari
2.298
Totale
-57.298
Fonte: elaborazione C.S. Fipe su dati Istat


La variazioni dei consumi alimentari nel periodo 2007-2015
(prezzi costanti – valori in milioni di euro)

Alimentari e bevande non alcoliche
Ristorazione
Totale alimentari
Unione Europea 
(28 Paesi)
-318
-21.639
-21.957
Area Euro (19 Paesi)
-7.897
-15.378
-23.275
Belgio
2.109
402
2.511
Bulgaria*
-145
145
1
Repubblica Ceca
1.385
-90
1.295
Danimarca
385
381
766
Germania
-4.728
2.575
-2.152
Estonia
225
-65
160
Irlanda
-200
581
381
Grecia
-4.686
-3.879
-8.565
Spagna
-2.095
-14.340
-16.435
Francia
10.042
-696
9.346
Italia
-18.367
-344
-18.711
Cipro
258
16
274
Croazia
 n.d.
 n.d.
 n.d.
Lettonia
-313
-141
-454
Lituania
-549
145
-405
Lussemburgo
94
80
174
Ungheria
-418
573
154
Malta
-90
143
53
Olanda
1.628
-1.463
165
Austria
-335
676
342
Polonia
-1.044
889
-155
Portogallo
1.278
-1.344
-66
Romania
4.170
-1.220
2.951
Slovenia
-99
16
-84
Slovacchia
327
-387
-61
Finlandia
736
-590
146
Svezia
1.870
2.015
3.885
Regno Unito
-443
-7.124
-7.567
*anno 2014
Fonte: elaborazione C.S. Fipe su dati Eurostat


Macro-trend sulla demografia d’impresa

n. imprese
2016/2008
2008
2016
var. ass.
var. %
ristorazione con servizio
88.260
103.804
   15.544
17,6
ristorazione take away
23.894
32.261
     8.367
35,0
gelaterie e pasticcerie
11.927
13.134
     1.207
10,1
bar
126.378
121.444
- 4.934
-3,9
Italia
250.459
270.643
   20.184
8,1






Fonte: indagine Fipe, Unioncamere-SiCamera

Centri storici (CS) vs. altro (NCS)

CS
NCS
2016
2016/2008
2016
2016/2008
n.
var. ass.
var. %
n.
var. ass.
var. %
ristorazione con servizio
6.178
1.244
25,2
12.779
3.325
35,2
ristorazione take away
1.528
449
41,6
4.670
1.244
36,3
gelaterie e pasticcerie
505
83
19,7
1.569
185
13,4
bar
5.317
-560
-9,5
15.189
-972
-6,0
Italia
6.178
1.244
25,2
12.779
3.325
35,2
Fonte: indagine Fipe, Unioncamere-SiCamera


Rilevazione dei prezzi della tazzina di caffè espresso al bar

Anno 2002
Novembre 2016
Provincia
lire
euro
Biella
1.600
0,83
0,94
Cuneo
1.500
0,77
1,02
Torino
1.600
0,83
1,04
Aosta
1.700
0,88
1,02
Cremona
1.600
0,83
1,04
Lecco
1.700
0,88
0,98
Lodi
1.600
0,83
1,01
Milano
1.700
0,88
1,00
Genova
1.600
0,83
1,00
Trento
1.600
0,83
1,06
Pordenone
1.600
0,83
1,02
Udine
1.500
0,77
1,03
Padova
1.700
0,88
1,06
Venezia
1.600
0,83
1,01
Verona
1.600
0,83
1,01
Bologna
1.600
0,83
1,08
Firenze
1.500
0,77
1,01
Pistoia
1.500
0,77
0,98
Pesaro e Urbino
1.500
0,77
n.d.
Roma
1.200
0,62
0,87
Pescara
1.600
0,83
n.d.
Napoli
1.200
0,62
0,86
Bari
1.300
0,67
0,76
Vibo valentia
1.200
0,62
n.d.
Media semplice
1.533
0,79
0,98

Fonte: Indagine Fipe - Format, 2016
   

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