Oggi nel nostro Paese il 92% della popolazione, cioè 8 italiani su 10 possiedono un telefono mobile.
Questa grande “passione” nazionale tuttavia ha come riflesso un aumento dei rifiuti hi-tech che, secondo la direttiva europea 2002/96/CE del 27 gennaio 2003, dovranno essere smaltiti nella misura di 4 chili pro-capite entro il 31/12/2008.
La direttiva che in Italia dovrebbe essere operativa dall’agosto 2005, obbligherà produttori, associazioni e rivenditori ad attivare sistemi di raccolta per il circuito dei professionisti e dei consumatori.
Ma c’è chi ha anticipato le indicazioni comunitarie e già opera in un’ottica di difesa dell’ambiente.
Per esempio il Cobat, anche se la legislazione italiana affida al Consorzio nazionale “solo” obbligo della raccolta delle batterie al piombo esauste, ha prontamente accolto la lodevole richiesta di Vodafone, sostenuta anche dal Ministero dell’Ambiente, e già dalla fine del 2000 ha avviato una collaborazione, che prevede il ritiro sia delle batterie esauste sia dei vecchi cellulari..
Dall’attuazione dell’accordo, con il grande operatore di telefonia mobile, le imprese di raccolta incaricate dal Cobat hanno ritirato presso circa 900 punti di vendita Vodafone oltre 3 tonnellate di apparati (di cui 40% batterie e 60% telefoni e accessori).
Dal riciclo dei telefonini sono stati ricavate alcune centinaia di kg di metalli (in prevalenza rame, ma anche palladio, oro, argento e platino), materie plastiche e fibre.
Dalle batterie sono stati recuperati metalli altamente inquinanti come: litio, ferro, nickel, cobalto, cadmio, oltre a metalli rari, (manganese e alluminio).
Il materiale di scarto è stato incenerito per il recupero energetico.
Andrea Pietrarota
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