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venerdì 2 giugno 2006

Quelle cose che nella vita vanno così (viaggio notturno in metropolitana)

Dedicato al giovane con la giacca blu di lino, camicia a quadri, occhiali autore della semplicità.
Dedicato a draghetto che dorme.

Quelle cose che nella vita vanno così (viaggio notturno in metropolitana)

Il 31 Maggio è una delle notti romane, mentre per tutta la serata il cielo annuncia un’estate ormai vicina, verso le 23.00, non solo la temperatura inizia a far scorrere brividi sulla pelle scoperta, ma un acquazzone entra fin dentro le ossa di tutti quelli che in quel momento si trovavano sotto al cielo.
Il traffico inizia ad impazzire, i motorini a schizzare, i taxi a suonare nonostante che sia solo un mercoledì sera. Le persone rimaste a piedi non hanno che la possibilità di prendere i servizi pubblici. Ma la metropolitana che, come un drago cinese, scodinzola per i sotterranei della città, è costretta ad uscire allo scoperto attraverso i temuti autobus sostitutivi. Il servizio è del tutto insufficiente per portare gli abitanti, nemmeno troppo notturni, a destinazione.
Sono le 23.30 e l’MA1 a piazza Barberini si riempie già, ma come dentro ad un torchio, altre persone continuano a salire alle fermate successive. La pressione interna continua ad aumentare ad ogni fermata, perché la pioggia è sempre più insistente. Persone di tutti gli odori, di tutte le forme, altezze e larghezze cercano un appiglio. Il viaggio diventa molto più lungo del previsto. Alcuni prendono quasi la forma di una fisarmonica per riuscire a non farsi buttare giù ad ogni movimento di fermata, discesa e risalita. Ma più passa il tempo e più la pressione sale. Le persone fanno persino fatica a parlare.
Roma è tutta una patina appannata, una luce confusa. La città eterna mostra le sue caratteristiche senza fine: lavori in corso, attese, ingorghi. La gente si chiede perché anche un mercoledì sera la propria casa si allontana, inghiottita dal tutto che scorre.
I turisti stranieri smarriti, inadeguati, sorpresi e impotenti, scriveranno tra le emozioni, anche il disagio di un viaggio scomodo.
Il fiato diventa sempre più corto. Si apre un finestrino, ma alla prima curva, il torrente sopra il tetto dell’autobus entra dentro. La signora seduta nel posto sottostante con due rapidi movimenti sbatte il finestrino nella sua posizione iniziale, si è bagnata un po’, ma i suoi improperi sono stati ancora più rapidi. Per due o tre volte si ripete la stessa scena, apertura di finestrino, acqua improperi.
Ma una turista si sente davvero male.
L’apertura del finestrino è fondamentale. Ma la signora non ne vuole proprio sapere, lei ne ha già abbastanza di tutto e di tutti e le sue risposte a tono sono più che dirette.
La turista diventata paonazza e rischia di svenire addosso ad altra carne umana.
Un giovane prende la situazione e dice “Signora faccia sedere a me lì” e lei in tono di stizza e con qualche esitazione, gli lascia il posto col finestrino aperto. Non passano nemmeno due secondi e l’acqua eccola lì a bagnare anche il giovane, e la signora in tono quasi fiero “L’avevo detto io, ecco così è contento che quando arriva a casa deve farsi di nuovo la doccia” e segue una risata.
Ma la semplicità disarmante della risposta ha illuminato tutta la notte, di una luce così limpida da rinfrancare tutta la fatica e la rabbia di “quelle cose che nella vita girano sempre così”.

“Preferisco far respirare tutti e bagnarmi”.

La semplicità del bene è così.

Paga sempre di persona e non chiede nulla.

Cristina Di Fino

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