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sabato 21 novembre 2015

DIGITALE: FILIPPO SUGAR, IN ITALIA UN VALUE GAP DI ALMENO 369 MLN DI EURO PER CHI CREA

IL PRESIDENTE DESIGNATO SIAE PRESENTA RICERCA ALLA MARATONA HACKATHON DI TRANI

C'è almeno un 27% di ricavi che i contenuti culturali generano per gli intermediari internet per i quali non c'è un ritorno in termini economici per chi quei contenuti li ha creati. Filippo Sugar, presidente designato SIAE, presenta i sorprendenti risultati della ricerca di Roland Berger, voluta e commissionata dalla SIAE, il primo tentativo di fotografare questo "value gap", questa discrepanza di valore. Ospite a Trani della maratona dell'economia e del commercio digitale Hackathon, Sugar fa il quadro della situazione: "La ricchezza generata non torna in misura ragionevole a coloro che l'hanno creata".

La ricerca Roland Berger è basata su dati pubblici e su studi specifici e due approfondimenti del 2015 su Google e Facebook. Si parte da un'analisi di quel che succede con i distributori autorizzati come Netflix e Spotify. Entrambe spendono il 70 per cento dei ricavi per i contenuti con una differenza nei ricavi netti annuali per utente: su Netflix ogni abbonato vale 62 euro all'anno, su Spotify 17. Dopo il pagamento dei contenuti, il ricavo per utente medio scende a 16 euro all'anno per Netflix e a 5 per Spotify.

Per quanto riguarda gli intermediari tecnici, in Europa i ricavi sono di 22 miliardi l'anno, di cui 16 per Google e 3 per Facebook con un impatto diretto dei contenuti culturali sui ricavi pari a 5 miliardi, il 23 per cento del totale. In Italia, invece il 27% sul business di social, motori di ricerca, piattaforme, servizi cloud che pesa 369 milioni di euro è il  "value gap" dei contenuti culturali e che riguarda cinema, musica, radio, tv, fotografia, stampa, libri, videogames, esibizioni live, tutte a disposizione nell'era del digitale.

"Per la prima volta abbiamo calcolato questo value gap, cioè il beneficio economico che arriva dai contenuti culturali non riconosciuto ai produttori degli stessi contenuti -spiega Sugar- Come SIAE siamo i primi e in prima linea a fare questa battaglia nella consapevolezza dell'importanza dell'argomento anche a livello di Commissione europea, dove si sta lavorando al Mercato unico del digitale".
"L'industria della creatività -prosegue Sugar- è il terzo settore per occupazione in Europa dopo le costruzioni e il food and beverage.  La musica è stato il primo settore economico ad essere violentemente impattato dalla  rivoluzione digitale e l'impatto è stato devastante. L'industria del disco valeva 35 miliardi, oggi ne vale 14: siamo stati costretti a cambiare ma il problema era ed è tuttora quello delle regole. Noi abbiamo vissuto all'interno delle regole poi è arrivato qualcuno che ha giocato e gioca con regole completamente diverse. C'è una cultura che mette in dubbio che bisogna remunerare chi crea o chi produce contenuto creativo.  Siamo stati inondati per anni da una serie di studi farlocchi che dicevano che la condivisione aiuta a far crescere l'industria discografica, sono stati studi che hanno annebbiato la nostra coscienza. L'idea che il frutto della creatività debba essere gratuito è sbagliata. C'è qualcun altro che sta prosperando sui contenuti creati e prodotti dagli artisti. Questo e' semplicemente ingiusto. Quello che è accaduto al comparto musicale succederà a catena anche agli altri comparti: tv, cinema, editoria, etc. Perderemo posti di lavoro e anche la nostra identità culturale. Vivremo di grandi opere del passato ma non avremo quelle di oggi e domani, perché i grandi intermediari della rete che generano ricavi enormi sui contenuti culturali non redistribuiscono questo valore ai creatori e spesso pagano poche imposte e in altri paesi. Non è assolutamente una guerra santa contro qualcuno -conclude Sugar-, la tecnologia è una straordinaria opportunità. Ma un problema di riequilibrio. E su questo chiediamo il supporto delle istituzioni".

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