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lunedì 30 maggio 2005

Ecoturismo Italia promuove il progetto di certificazione "Comuni Ecoturistici d'Italia"

L’Associazione Ecoturismo Italia, con il coordinamento scientifico dell’Istituto di Ricerche Ambiente Italia, promuove il progetto "Comuni Ecoturistici d'Italia".
Il Marchio di qualità ecoturistica certificherà l'integrazione di più requisiti quali la salvaguardia ambientale e lo sviluppo locale, in termini di crescita economica e sociale, all'interno delle politiche di sviluppo turistico di un Comune o di un territorio.
Il Marchio verrà attribuito alle località che dimostreranno di soddisfare una serie di requisiti correlati allo sviluppo di un turismo di qualità: tutela dell'ambiente naturale e uso efficiente delle risorse, valorizzazione del patrimonio culturale-artistico, riscoperta e valorizzazione delle tradizioni locali, cultura dell'ospitalità, qualità della ricettività ecc.
Con potenziali di crescita che raggiungono il 20% l'anno, il segmento di mercato legato all'ecoturismo ha già dimostrato di saper attirare l'attenzione non solo degli operatori turistici (Tour Operator, Agenzie di viaggio e turismo, albergatori ecc.), ma anche degli enti locali, sempre più consapevoli di poter e dover promuovere sul proprio territorio uno sviluppo turistico di qualità, che coniughi sostenibilità ambientale, economica e sociale. In questo contesto di forte crescita del mercato, diviene necessario:
* distinguere le iniziative autenticamente ispirate ai valori e ai principi dell'ecoturismo da quelle che lo richiamano esclusivamente in modo strumentale;
* garantire una visibilità maggiore ad alcune realtà territoriali di grande valore e dal grande potenziale ecoturistico e contribuire alla loro promozione;
* aiutare le amministrazioni locali a sviluppare una adeguata Strategia di Sviluppo Ecoturistico del proprio territorio.
La creazione di uno specifico schema di certificazione della qualità ecoturistica, destinato a quelle località che intendano promuoversi come mete autenticamente ecoturistiche, vuol contribuire attivamente al raggiungimento di queste finalità.
Lo sviluppo di uno schema di certificazione della qualità ecoturistica risponde, dunque, alla volontà di fornire, a quelle amministrazioni locali che hanno deciso di puntare con forza verso un turismo di qualità integrato con l'ambiente, un valido ed originale strumento che vuole essere, contemporaneamente, di valorizzazione del territorio, di marketing territoriale e di tutela e garanzia del turista. Il progetto si rivolge in particolare a piccoli e medi Comuni italiani che intendono avviare sul proprio territorio un percorso di sviluppo turistico di qualità, che sia coerente rispetto ai principi e ai valori dell'ecoturismo.
Alla sperimentazione dell’iniziativa di "Comuni Ecoturistici d'Italia" parteciperà un campione composto da una ventina di piccoli e medi Comuni, provenienti possibilmente da tutte le diverse regioni italiane, dotati di un insieme di risorse naturali e culturali dal buon potenziale ecoturistico e con un numero di non superiore ai 10-12.000 abitanti. I comuni partecipanti alla sperimentazione dovrebbero essere.
Trattandosi di una iniziativa che si rivolge ad amministrazioni locali di piccole e medie dimensioni, spesso non dotate di grandi mezzi finanziari, il Progetto punterà a costruire uno strumento agile, basato sulla semplicità delle procedure e su bassi costi di gestione del Marchio. Nella sua fase iniziale, il progetto sarà finanziato con le risorse proprie dell'Associazione Ecoturismo Italia, derivanti anche dal versamento della quo-ta annuale di adesione all'Associazione da parte dei Comuni interessati alla sperimentazione in oggetto. Il costo previsto per ogni Comune è di € 1500. Maggiori informazioni sono disponibili sul sito: www.ecobilancioitalia.it
Andrea Pietrarota

domenica 22 maggio 2005

Risparmio e fonti energetiche rinnovabili: le due vie per la sostenibilità energetica

Risparmio e fonti energetiche rinnovabili: le due vie per la sostenibilità energetica

Il problema energetico è strettamente correlato alla tutela dell’ambiente per molte ragioni: perché per produrre energia si consumano grandi quantitativi di risorse ambientali; perché le fonti più utilizzate per produrre energia sono quelle fossili come il petrolio e il carbone, altamente inquinanti e responsabili dell’effetto serra e dei conseguenti mutamenti climatici.
Non solo, è divenuto ormai inaccettabile continuare ad ignorare la responsabilità che i paesi del nord del mondo hanno nei confronti di quelli del Sud. Il modello di sviluppo e i consumi energetici imposti dal nostro stile di vita, infatti, hanno le ricadute ambientali più catastrofiche proprio nella parte del pianeta più disagiata.
Si calcola che se tutti quanti si comportassero come un cittadino di un Paese ad alto reddito ci vorrebbero altri 2,6 pianeti per soddisfare le necessità dell’umanità.
Oggi più che mai, l'accettazione di misure incisive per curare la febbre del pianeta, mette tutti davanti alla necessità di individuare strategie per attivare processi di sostenibilità energetica.
Un primo passo importantissimo in questa direzione, si è avuto con l’entrata in vigore del Protocollo di Kyoto, attraverso il quale i Governi di molti paesi si sono impegnati a ridurre le emissioni di CO2 e dei gas climalteranti, nel periodo compreso tra il 2008 e il 2012.
La strada da intraprendere con urgenza, per fronteggiare questa situazione, è quella della riduzione dei consumi e dell’utilizzo di fonti energetiche rinnovabili che hanno la caratteristica di avere emissioni zero di sostanze inquinanti e di non essere esauribili.
Ma anche i singoli cittadini possono fare molto ed essere coinvolti in questo processo virtuoso adottando una serie di accorgimenti per consumi energetici più sostenibili.

Vanessa Pallucchi - Legambiente

Una Consulta per le città bagnate dal Mare Nostrum

È nata la Consulta Permanente delle Città del Mediterraneo. Ad annunciarlo è stato il Presidente della Biennale Internazionale del Mare, Raffaele Pallotta d'Acquapendente, nel corso della recente conferenza, inserita nel Maggio dei Monumenti, sul tema: "Il patrimonio Monumentale delle metropoli costiere". La Consulta sarà un organizzazione che dovrà affrontare costruttivamente i problemi comuni delle metropoli del Mediterraneo, in un’ottica di sinergia e collaborazione reciproca. Per la prima riunione della Consulta, che si terrà durante la prossima Biennale Internazionale del Mare in programma nella primavera del 2006, è stata scelta come sede la città di Napoli. La Consulta si inserisce, così, nel filone avviato con la Conferenza dei Sindaci delle metropoli costiere del Mediterraneo voluta, nel 1994, dall'allora primo cittadino di Napoli Antonio Bassolino. "La consulta sarà il mezzo - afferma il presidente della Biennale Internazionale del Mare, Raffaele Pallotta - attraverso cui sviluppare contatti e confronti costanti tra le varie città del Mare Nostrum". Ma anche un incitamento per l'Unione Europea. “Potrebbe e dovrebbe essere – ha proseguito Pallotta - un correttivo per la politica europea che si sta orientando sempre di più verso un'apertura del settore nord-orientale del nostro continente e questo potrebbe far tralasciare i problemi che impone il Mediterraneo. Dalla Consulta, infatti, vorremmo che potessero venir fuori suggerimenti e programmazioni che aiuterebbero l'UE ad essere presente nella nostra area". Insieme al presidente Raffaele Pallotta, a dare la notizia della neonata Consulta è stato anche l'Assessore ai Grandi Eventi del Comune di Napoli, Giulia Parente, la quale ha sottolineato l'importanza della delega regionale al Mediterraneo che "…Bassolino, non a caso, ha costituito e tenuto per sé, a dimostrazione di quanto sia importante questo mare che ci unisce e di quanta ricchezza può dare ai nostri Paesi". Erano presenti alla conferenza di presentazione anche il presidente dell’Osservatorio internazionale delle Cose Mediterranee, Massimo Rosi, e le autorità consolari a Napoli delle nazioni mediterranee. In particolare, il console generale di Francia, Henri Vignal, ha tenuto a sottolineare l’importanza della nuova iniziativa: “Ritengo che la cooperazione messa in atto dalla Biennale sia davvero importante per tutte le città del Mediterraneo, e certamente, in Francia, per la città di Marsiglia".

venerdì 20 maggio 2005

La sfida di Pescara 2009

La città di Pescara si è candidata come sede della XVI Edizione dei Giochi del Mediterraneo. L’evento sarebbe un momento unico e determinante per la crescita e l’arricchimento culturale di tutta la cittadinanza, oltre che l’occasione importante per dimostrare le capacità organizzative e la grande ospitalità. La candidatura di Pescara a ospitare i Giochi nel 2009 è un chiaro segno della vitalità di questa dinamica città dove è in atto un profondo processo di rinnovo a livello urbanistico. Pescara, città di servizi universitari, commerciali, amministrativi, finanziari e sportivi, punto d'arrivo aeroportuale per scali internazionali, porta d'accesso dal mare Adriatico, è stata definita dal Presidente della Repubblica, Carlo Azeglio Ciampi, nel corso di una visita ufficiale: "città splendida e ridente, centro di un'area metropolitana in forte sviluppo,con l'augurio di trovare nelle vie antiche e nuove del mare e del cielo il compiersi del suo destino di ponte tra civiltà vicine e lontane, unite da un sogno di pace." Pescara è stata già sede, nel 1996, dell'incontro di tutte le nazioni del Mediterraneo, sul tema "Mediterraneo: la grande risorsa", dibattito che ha posto l'attenzione sul fattore strategico di sviluppo che l'area del Mediterraneo rappresenta per il futuro dell'Europa. In questo quadro, Pescara svolge un ruolo di primaria importanza, in quanto città transfrontaliera verso i Balcani, per la sua vicinanza e il suo forte legame con la Capitale e, ancora, in quanto fulcro del Corridoio Adriatico, che rappresenta un vero e proprio trampolino dell'Europa verso il Mediterraneo. Pescara spera di diventare luogo e meta significativa dei Giochi del Mediterraneo del 2009, per poter esprimere al meglio i valori dello sport, della vita e della pace, per unire quei popoli che, pur bagnati dallo stesso mare e accomunati da un unico sogno di pace, sono ancora divisi da culture, tradizioni e religioni diverse e per far sì che, ancora una volta, lo sport rappresenti il veicolo di promozione e di sviluppo dell'unione e della fratellanza tra i popoli. Con questo spirito, l'Amministrazione Comunale di Pescara, con la collaborazione della Regione Abruzzo e delle Province di Pescara, Chieti, Teramo e L'Aquila, forte anche dell'ottima dotazione di impianti sportivi, di una capacità ricettiva di assoluto prestigio, di un clima tipicamente mediterraneo temperato, del tipico calore abruzzese e soprattutto di un ambito urbano e territoriale molto sicuro e con scarsa presenza di criminalità, si augura di ottenere la designazione per ospitare la manifestazione e si prepara a ricevere i Giochi del Mediterraneo del 2009. Già si prevede la realizzazione di un Villaggio Mediterraneo che ospiti tutti gli atleti, gli accompagnatori e le delegazioni che parteciperanno ai Giochi. È stata scelta una localizzazione interna alla città, capace di offrire il miglior rapporto logistico con i principali impianti sportivi, oltre che con il sistema delle grandi comunicazioni territoriali. Il Villaggio sarà così inserito in un contesto che lo renderà organico allo spazio pubblico della città esistente e quindi in continuità con nuovi percorsi Il sito si trova nella prima periferia urbana ed è contiguo a una serie di importanti interventi di valorizzazione immobiliare e urbanistica, già avviati, che entro il 2005-2007 avranno generato una situazione di nuova centralità di tutto il settore urbano in verrà a trovarsi il Villaggio Mediterraneo. Con questa localizzazione, gli ospiti si troveranno in una posizione particolarmente felice per quanto riguarda i circuiti d'uso urbano giovanili, tra il centro storico della città (già ampiamente riconvertito in centro della vita notturna, dei servizi ricreativi e delle relazioni sociali) e la zona universitaria, anch'essa attrezzata con molti spazi e attrezzature per il tempo libero e l'intrattenimento. L'area d'intervento, inoltre, è sufficientemente libera da costruzioni e poco caratterizzata dal punto di vista del disegno urbano: una condizione di partenza particolarmente felice per definire un progetto e un programma attuativo, con l'obiettivo della massima qualità ambientale. Non ci resta che.. fare il nostro in bocca al lupo alla città di Pescara.

SUI MARI ITALIANI SVENTOLANO LE BANDIERE BLU


SUI MARI ITALIANI SVENTOLANO LE BANDIERE BLU PREMIATI 90 COMUNI E 47 APPRODI TURISTICI ITALIANI


Sono complessivamente 138 le Bandiere Blu assegnate all’Italia dalla FEE Foundation for Environmental Education. Si tratta di 90 località balneari e 48 approdi turistici dislocati su tutto il territorio nazionale. In rapporto con gli altri Paesi del Mediterraneo, l’Italia si trova anche quest’anno al secondo posto con 90 Comuni dopo la Spagna (98), prima di Francia (86) Grecia (77) e Turchia (49).

Le Bandiere Blu, da sempre condotta in stretta collaborazione con il COBAT, il Consorzio Obbligatorio per la raccolta e il riciclo delle batterie al piombo esauste, giunta quest’anno alla sua XIX edizione, premiano le località marine che si sono impegnate concretamente nel miglioramento dello stato dell’ambiente, promuovendo un turismo sostenibile.

Parametri per l’aggiudicazione del premio sono lo stato delle acque di balneazione, la validità e la regolarità degli impianti di depurazione, un corretto smaltimento dei rifiuti, le iniziative ambientali promosse dalle amministrazioni, la cura dell’arredo urbano e delle spiagge ed infine il sostegno a programmi di educazione ambientale.
Per la scelta delle località, alle quali assegnare la Bandiera Blu 2005, la FEE Italia ha operato attraverso una giuria composta da rappresentanti del COBAT e funzionari ed esperti della Direzione del Turismo, del Ministero delle Attività Produttive, il Comando dei Carabinieri per la Tutela dell’Ambiente, il Comando Generale delle Capitanerie di Porto, l’ENEA, l’APAT, i sindacati balneari SIB-Confcommercio e FIBA-Confesercenti, il COOU (Consorzio Oli Usati), l’Associazione Nazionale Approdi Turistici (ASSONAT-Federnautica).

Le località premiate si concentrano soprattutto in Liguria (12 bandiere), Toscana, Marche e Abruzzo (11); seguono Emilia Romagna e Campania (8 bandiere); Puglia e Calabria (5); Lazio (4), Sicilia e Sardegna (3); Veneto e Friuli Venezia Giulia (2); Molise e Basilicata (1). Il Piemonte ha visto premiate 2 località lacustri e 1 la Lombardia.

“Anche quest’anno la pagella della Fee - ha dichiarato il Ministro dell’Ambiente e della Tutela del Territorio, Altero Matteoli - premia quei comuni costieri che hanno saputo coniugare offerta turistica e ambiente. La tutela della qualità delle acque del mare, in questo quadro, diventa essenziale e per questo che dal 2002 ho avviato un programma di eco-gestione del ciclo integrato delle acque, dalle fognature alla depurazione, che coinvolge le Regioni italiane e attiva più di 15 miliardi di euro. Sono infatti proprio gli scarichi urbani non depurati i maggiori nemici della balneazione e del nostro mare”.

Tra i requisiti fondamentali per ottenere la Bandiera Blu, c’è la raccolta differenziata effettuata dal Comune ed in particolare i provvedimenti presi per il corretto recupero e smaltimento delle batterie esauste, impiegate per l’avviamento di automobili, imbarcazioni e ogni tipo di mezzo di trasporto. Il COBAT è attivo da tempo, in sinergia con il COOU, per sollecitare le Autorità Marittime nella creazione delle “Isole nel Porto“, strutture funzionali collocate in punti strategici dove gli utenti possono consegnare le batterie e gli oli usati dei propri natanti, contribuendo così a ridurre notevolmente il rischio di dispersione in mare. Ad oggi sono già 59 le isole ecologiche installate in 31 porti italiani dove, sono stati già recuperati oltre 500.000 Kg di batterie esauste.

Nel 1997 presso il porto di Siracusa – ha affermato l’ing. Giancarlo Morandi, Presidente del COBATil nostro Consorzio, grazie alla collaborazione di sommozzatori locali, recuperò in poche ore oltre 2 tonnellate di batterie esauste di barche e gommoni. Oggi la sensibilità ambientale di pescatori e diportisti è molto cresciuta, ma il settore della nautica resta un ambito ancora a rischio di dispersione delle batterie. Per questo nei prossimi mesi il Consorzio si impegnerà a ripetere l'operazione di pulizia dei fondali marini di importanti approdi turistici. La qualità turistica e ambientale delle coste e delle montagne – ha concluso Morandi - è la risorsa più grande dell'Italia anche per la nostra economia. Per questo il COBAT è da sempre impegnato nella tutela dei delicati equilibri ambientali montani e marini”.

Ufficio Stampa
Andrea Pietrarota tel 06/4404627- cell. 335/5640825 email pietrarotaa@hkgaia.com

martedì 17 maggio 2005

Conferenza stampa di assegnazione delle Bandiere Blu 2005

La FEE Italia, in collaborazione con il Comando dei Carabinieri per la Tutela dell’Ambiente, il Corpo delle Capitanerie di Porto,
il COBAT - Consorzio Obbligatorio Batterie Esauste
e il COOU – Consorzio Obbligatorio Oli Usati

è lieta di annunciare la presentazione dei Comuni Vincitori delle

Bandiere Blu 2005

Giovedì 19 maggio 2005 - ore 11.00
Palazzo Marini della Camera dei Deputati
Via del Pozzetto, 158 – Roma

Si terrà a Roma il prossimo 19 maggio alle ore 11.00 presso la Camera dei Deputati, Sala Conferenze di Palazzo Marini in via del Pozzetto 158, la conferenza stampa di assegnazione delle Bandiere Blu 2005, il noto riconoscimento conferito alle località rivierasche (marittime, ma anche alcune lacustri) che si distinguono per qualità dell'acqua - certificata dalla presenza del Comando dei Carabinieri per la Tutela dell’Ambiente e del Corpo delle Capitanerie di Porto -, per l'offerta turistica e per le raccolte differenziate.

Le Bandiere Blu sono assegnate dalla FEE, la Fondazione Internazionale per l'Educazione Ambientale.

In tema di tutela dell’ambiente marino particolare attenzione è rivolta alla raccolta differenziata dei rifiuti pericolosi per il mare come le batterie al piombo esauste e gli oli lubrificanti usati; per questo in commissione sono presenti anche i rappresentanti del COBAT e il COOU, i due consorzi istituiti per legge con il compito di assicurare in tutta Italia rispettivamente la raccolta delle batterie esauste e degli oli usati. Il COBAT e il COOU contribuiscono operativamente alla tutela del mare con il progetto delle “Isole nel Porto”, recuperando ogni anno tonnellate di batterie e oli usati altrimenti destinate (purtroppo) ai fondali marini.

Ufficio stampa: H&K GAIA
Andrea Pietrarota 335.5640825 pietrarotaa@hkgaia.com

sabato 14 maggio 2005

COREPLA: il riciclo della plastica in Italia

Bottiglie d’acqua minerale, di bibite, latte e bevande in genere, flaconi di prodotti per il lavaggio di biancheria e stoviglie, nonché di prodotti per la pulizia della casa e di sapone liquido, contenitori di prodotti per l’igiene della persona, vaschette per alimenti (anche il polistirolo!), Sacchetti della spesa, pellicole…. Sono solo una piccola lista degli imballaggi di plastica che stanno sommergendo le nostre ormai ultra piene discariche. Per risolvere questo problema e organizzare la raccolta dei rifiuti di imballaggi in plastica garantendone il recupero e l’avvio a riciclo, con il Decreto Legislativo 22/97 (c.d. Decreto Ronchi) è stato istituito il COREPLA, Consorzio Nazionale per la Raccolta, il Riciclaggio e il Recupero dei Rifiuti di Imballaggi in Plastica,. Il Consorzio conta ad oggi circa 2.300 imprese consorziate appartenenti alle seguenti categorie: aziende produttrici di materie plastiche, imprese trasformatrici di imballaggi in plastica, industrie utilizzatrici ed autoproduttrici di imballaggi, società che svolgono attività di riciclo delle materie plastiche.
Con il contributo di COREPLA, nel corso del 2004 “il sistema plastica” ha recuperato più di un milione di tonnellate di rifiuti di imballaggi in plastica post-consumo recuperando così preziose risorse in termini di materia ed energia. La raccolta differenziata urbana è stata incrementata e la quantità totale è di 358 mila tonnellate.
Sul fronte del recupero energetico, nonostante l’aumento rispetto al risultato del 2003, per carenza impiantistiche l’Italia non si allinea alla media raggiunta nel resto d’Europa anche se il recupero del gap rispetto alle altre nazioni inizia a mostrarsi.
Dopo il primo quinquennio di attività, COREPLA è giunto ad una fase più matura grazie al riscontro ed alla risposta positiva da parte di 56 milioni di Cittadini, dei circa 6.800 Comuni convenzionati e di tutte le Aziende (i cui sforzi sono volti alla prevenzione ossia a ridurre l’impiego di materia prima nella produzione di imballaggi senza incidere sulla performance del prodotto). Oggi il Consorzio mira a migliorare il livello qualitativo del Sistema con la dovuta attenzione alle compatibilità economiche, ambientali e sociali. Di particolare importanza è l’informazione al cittadino, che deve separare i diversi rifiuti solidi urbani. È bene sapere, allora che occorre innanzitutto separare gli imballaggi di plastica da tutti gli altri oggetti, poi, prima di conferirli nell’apposito contenitore predisposto dal proprio Comune, bisogna assicurarsi sia che gli imballaggi selezionati non contengano eccessivi residui di prodotto, sia che gli stessi siano stati ridotti volumetricamente al minimo. In questo modo dai materiali recuperati si può ottenere un infinito numero di nuovi oggetti. Ad esempio riciclando gli imballaggi in PET si possono creare imbottiture, maglioni, “pile”, moquette, interni per auto, blister oppure nuovi imballaggi. Il PVC riciclato viene utilizzato soprattutto nel settore edile per la produzione di tubi, scarichi per l’acqua piovana, raccordi e passacavi. Il PE riciclato viene reimpiegato per la realizzazione di nuovi contenitori per detergenti oppure tappi, film per sacchi della spazzatura, pellicole per imballaggi, casalinghi e manufatti per l’industria. I diversi polimeri, possono essere lavorati insieme, dando forma a profilati di plastica riciclata “eterogenea”. Così si possono realizzare sedie e panchine, parchi giochi, recinzioni, cartellonistica stradale, arredi urbani e contenitori per rifiuti. Tutti gli imballaggi in plastica vengono comunque recuperati: ciò che non può essere riciclato meccanicamente viene avviato al recupero energetico per ricavarne elettricità e potere calorifico. Ecco, infine, alcuni esempi concreti: per tenere accesa una lampadina da 60 Watt per un’ora e mezza è sufficiente termovalorizzare un flacone in PE da 50 gr. circa; per confezionare una felpa in tessuto pile si può utilizzare filato ottenuto dal riciclo di 15 bottiglie in PET, mentre con 20 è possibile realizzare un plaid; 2 vaschette in PP (circa 50 gr.) hanno lo stesso potere calorifico di circa 42 grammi di gas metano; ma questi sono solo alcuni dei casi in cui la plastica riciclata può essere utilizzata come materia prima seconda. Per continuare a scoprire tutti i vantaggi che, grazie a COREPLA, i rifiuti di imballaggi in plastica possono offrirci, è necessario l’impegno di tutti, Cittadini ma soprattutto Istituzioni.

giovedì 12 maggio 2005

L'ORA DELLE BANANE BUONE: FAIRTRADE E RESPONSABILITÀ SOCIALE D'IMPRESA

Il 7 maggio scorso, nel corso del convegno internazionale Mercato delle banane e diritti, è stata lanciata la campagna “Diritti che parlano" a favore dei diritti dei lavoratori nelle piantagioni di banane. Protagonisti della giornata i rappresentanti dei Bananeros, ricercatori sociali e ambientali e G. Jaksch, direttore di Chiquita Usa.
Attualmente 5 multinazionali controllano l’80% del commercio mondiale. Tre imprese multinazionali a capitale prevalentemente Usa (Chiquita, Dole, Del Monte) controllano circa i due terzi del commercio mondiale delle banane. Ad esse si aggiungono l’ecuadoriana Noboa e l’anglo-irlandese Fyffes. Meno del 10% del prodotto esportato proviene da piccoli coltivatori, quelli che lavorano appezzamenti inferiori ai dieci ettari. Il grande affare non sta però tanto nella produzione, quanto nell’esportazione, che interessa tra i 12 e i 13 milioni di tonnellate di banane all’anno.
Secondo Bananalink (Ong britannica impegnata nella difesa dei lavoratori bananieri) per ogni banana solo il 12% del prezzo finale al consumatore rimane nel Paese produttore. Ai piccoli produttori va dal 5 al 10%. Ai braccianti tra l’1 e il 2%. Il vero guadagno nell’affare banane, sempre secondo Bananalink, è nel passaggio alla grande distribuzione e nella successiva vendita al consumatore: il 35-40% del prezzo si ferma qui.
Chiquita è un tipico caso di azienda che si avvia verso un nuovo stile di politiche aziendali orientate ad un atteggiamento di responsabilità sociale. Giunta sull'orlo della bancarotta nel 2000, ha poi riconosciuto unilateralmente un codice di condotta sulla responsabilità sociale, cui è seguito un accordo sindacale monitorato dalI'I.L.O., International Labour Organisation, che ha infine dato luogo agli attuali Core Values aziendali (Integrità, rispetto, opportunità, responsabilità) cui la company statunitense dichiara di attenersi per il proprio business. Quello che non ci deve sfuggire come consumatori è la scelta (imposta dagli eventi ma sopratutto strategica) di Chiquita di usare la responsabilità sociale come strumento di marketing avanzato. Una scelta sempre più frequentemente applicata dalle aziende che individuano come prioritarie per il loro mercato le nuove esigenze sociali di un consumo più etico, più pulito, più rispettoso dei diritti umani. Quello che invece ci deve preoccupare alquanto, non solo come consumatori ma soprattutto come esseri umani, è lo scollamento tra i valori fondamentali che ci permettono di costruire un mondo migliore e le scelte economiche di un mercato che usa gli stessi valori come strumenti promozionali e di vendita, svuotandoli così del loro reale significato.
La responsabilità sociale d'impresa si rivela perciò una potente arma a doppio taglio, da un lato può migliorare sostanzialmente l'etica della produzione e del commercio ma dall'altro può creare una cortina fumogena che impedisce di vedere la realtà delle cose. Se, infatti, la responsabilità sociale d'impresa diviene principalmente strategia di marketing e di comunicazione significa che non fa parte della cultura dell'impresa, dove troverebbe la completa e diretta assunzione di responsabilità, ma si trasforma solo in una questione d’immagine, che è una modalità di applicazione deleteria e aberrante.
Ci aspetta perciò un futuro in cui sarà difficile distinguere dove sta la sostanza e dove la forma, possiamo trovare e acquistare prodotti che sono realmente frutto di una responsabilità sociale d'azienda e allo stesso tempo prodotti che invece non lo sono per niente, pur presentandosi con una accattivante veste pseudo-etica. Quando facendo la spesa prendiamo in mano uno di questi prodotti, ricordiamoci che la decisione ultima spetta a noi consumatori, che siamo la giuria che dichiara il migliore sul campo. Come all'inizio è stato uno sparuto gruppo di adepti del consumo critico, che con il loro lavoro hanno raccolto e guidato schiere di consumatori sempre più numerose a preferire i prodotti etici, così ora siamo noi che dobbiamo porre la massima attenzione ed acquistare in modo accorto, per premiare chi fa scelte realmente etiche, contribuendo a costruire un mondo più giusto.

WEEE FORUM: L’Europa dei rifiuti hi-tech

Nato nel 2002, Weee Forum è un gruppo di rappresentanti di sistemi collettivi volontari realizzati dai produttori per far fronte alle proprie responsabilità nell’e-waste management.



La missione del gruppo è quella di raccogliere e confrontare più informazioni possibili provenienti dai diversi Paesi per creare e migliorare i livelli di attività dei singoli sistemi. Attraverso un’azione di benchmarking tra quantità di Raee raccolti, costi di gestione e legislazioni, Weee Forum si propone quale ente internazionale di riferimento per il raggiungimento degli obiettivi stabiliti dall’Unione europea.

L’Olanda è tra i paesi più attivi nella gestione dei rifiuti elettrici ed elettronici. Nel Paese esistono, infatti, due differenti sistemi di raccolta, Ict Milieu e Nvmp, entrambi costituti da produttori e importatori. Nvmp si occupa della gestione dei beni esausti appartenenti alla filiera del bianco e del bruno (elettrodomestici grandi e piccoli, apparecchiature elettroniche per uso domestico, attrezzi elettrici e attrezzature di ventilazione). Nel 2002, ha raccolto circa 66 mila tonnellate di Raee, pari a 4,13 kg per persona.

Dal canto suo, Ict Milieu gestisce le apparecchiature Ict da ufficio e quelle di telecomunicazione (filiera del grigio) a fine vita. È un sistema finanziato da circa 160 tra produttori e importatori, senza alcun visibile fee per i consumatori. Nel 2002, il sistema ha raccolto circa 9.500 tonnellate di Raee, pari a 0,59 kg per abitante.

Sempre in Olanda, ma sul fronte degli operatori del fine vita, è nata Eera (European Electronics Recyclers Association), un’organizzazione no-profit volta a promuovere le aziende che svolgono attività di gestione dei Raee in Europa. I membri di Eera trattano ogni anno circa 350 mila tonnellate di Raee, assicurando il totale rispetto di precisi standard di qualità e sicurezza.

Obiettivo principale dell’associazione è quella di intervenire nell’armonizzazione delle regolamentazioni nazionali e internazionali al fine di creare un mercato libero, in cui domanda e offerta di servizi per la gestione dei rifiuti tecnologici trovino il giusto spazio.

Membri del Weee Forum
Austria - Ufh
Belgio - Recupel
Olanda - Nvmp, Ict Milieu
Norvegia - Hvitevareretur, Elektronikkretur
Svezia - El-Kretsen
Svizzera - Sens, Swico
Uk - Repic
Spagna - Ecolec
Lussemburgo - Ecotrel

A Sep.Tronic, un confronto europeo
Lo scorso 22 aprile a Sep.Tronic a Padova, all’interno di Fortronic, gli esperti dei diversi Paesi europei si sono incontrati per fare il punto della situazione sullo stato del recepimento italiano della Direttiva Raee e per un confronto tra esperienze riguardanti la gestione operativa dei rifiuti elettrici ed elettronici.

Il convegno, organizzato dai Consorzi Certo ed Ecoqual’It, dal titolo “Direttiva Raee al traguardo, le soluzioni operative in Europa”, ha presentato la situazione europea nei principali stati membri e la situazione legislativa italiana, portando gli esempi di Ict Milieu, di Ecolec e di Eera e presentando ufficialmente EcoR’It, il sistema consortile promosso da Ecoqual’It per la gestione dei Raee domestici e professionali in Italia.







origine: www.biasgroup.it

martedì 10 maggio 2005

Automobilista fai-da-te ? Ecco cosa fare quando cambi da solo la batteria esausta

Automobilista fai-da-te ? Ecco cosa fare quando cambi da solo la batteria esausta

L’anno scorso la raccolta delle batterie esauste in Italia ha raggiunto oltre il 97% dell’immesso al consumo.
Quel 3% non recuperato, e in parte disperso nell’ambiente, è dovuto alle attività del fai-da-te che il COBAT si sta impegnando a risolvere.
Le batterie d’avviamento al piombo esauste sono rifiuti pericolosi in quanto molto inquinanti per l’ambiente e dannose per le persone.
L’automobilista o il motociclista, come anche il pescatore o il diportista, che deve cambiare la batteria definitivamente scarica ha due possibilità: rivolgersi ad un elettrauto o provvedere da sé alla sostituzione.
Nel primo caso l’elettrauto consegnerà i vecchi accumulatori ai raccoglitori del COBAT, che ne effettuano il ritiro gratuito passando per tutte le auto-officine, le isole ecologiche, i punti di raccolta delle aziende di igiene urbana.
Gli appassionati del “fai-da-te”, invece, cosa devono fare della vecchia batteria che contiene sostanze aggressive come il piombo, un metallo tossico, e l’acido solforico, un liquido altamente corrosivo?
Sicuramente non abbandonarla per strada, in campagna o addirittura in mare!
Bisogna riportarla all’ipermercato dove è stata acquistata quella nuova oppure consegnarla alla stazioni ecologiche comunali e in ambito nautico alle autorità portuali.

Quando la batteria è esausta….
Quando devi sostituire la batteria della tua automobile, del tuo trattore o della tua barca perché è esausta, se ti rivolgi al tuo elettrauto o auto-riparatore di fiducia, non hai problemi: sarà lui a ritirarla per consegnarla, senza costi, ai raccoglitori incaricati COBAT.

Quando, invece, cambi da solo la tua batteria…

Cosa non fare
  • Abbandonarla per strada
  • Gettarla nel mare o nei corsi d’acqua
  • Abbandonarla in campagna
  • Buttarla nei cassonetti

Cosa fare
  • Consegnarla al rivenditore-ricambista o all’ipermercato al momento dell’acquisto di una nuova batteria
  • Chiamare il Comune per conoscere l’isola ecologica presso cui consegnarla.
  • Conferirla alle isole ecologiche o ai centri di raccolta gestiti dall'azienda (R.S.U.) della propria città
  • Telefonare al numero verde 800/869120 oppure consultare il sito internet www.cobat.it per conoscere il punto di raccolta più vicino dove portarla senza costi
Andrea Pietrarota

Batterie esauste: tutte a raccolta!

Batterie esauste: tutte a raccolta!
Grazie al COBAT da rifiuti pericolosi si ottengono preziose risorse

L’Italia, per risolvere il problema della dispersione delle batterie al piombo esauste, ha dato l’avvio, nel novembre del 1988, alla Legge n° 475 che ha istituito il Cobat, Consorzio Obbligatorio Batterie Esauste.
Pochi mesi dopo, nel maggio del 1990, il Ministero dell’Ambiente approva per decreto lo Statuto del Consorzio. I passi immediatamente successivi si realizzano nel 1991 quando un decreto dello stesso Ministero di concerto con il Mistero delle Attività Produttive fissa il sovrapprezzo unitario per le batterie al piombo esauste ed il Consiglio europeo, con la direttiva comunitaria 91/157/CEE, rende omogenee le legislazioni in materia di smaltimento di pile ed accumulatori in vigore negli Stati Membri.
Ma la vera svolta arriva nel 1992, primo anno di piena attività del Cobat, grazie al quale il modello di raccolta delle batterie al piombo esauste, che fino ad allora aveva sempre avuto finalità soprattutto commerciali, viene finalmente vincolato anche ad obiettivi di salvaguardia ambientale.
Venendo ai giorni d’oggi, con l’unificazione europea e la libera circolazione delle merci in ambito comunitario, il Cobat ha rinunciato ad essere l’unico ente in diritto di recuperare le batterie esauste, mantenendo il compito di monitorarne ogni attività di movimentazione e commercializzazione sul suolo italiano, come è stato poi recepito dalla L. 39/02 e dalla modifica dello Statuto avvenuta con il decreto del 2/02/04. Secondo il dettato di legge, il Cobat ha il compito di assicurare la raccolta delle batterie esauste e dei rifiuti piombosi ed organizzarne lo stoccaggio, quindi cedere i prodotti stessi alle imprese che ne effettuano il recupero tramite riciclaggio, nonché il compito di monitorare tutte le attività di raccolta, commercializzazione e riciclaggio di batterie esauste che emergono sul territorio italiano.
A distanza di 14 anni dall’inizio delle sue attività, il Consorzio ha ormai raggiunto livelli di eccellenza internazionale eguagliando Paesi di alta tradizione ambientalista, come Norvegia, Svezia e Danimarca.
Nel corso del 2004, infatti, sono state recuperate oltre 16 milioni di batterie esauste, che riciclate hanno consentito lo smaltimento di 31 milioni di litri di acido solforico e, soprattutto, il recupero di 10 mila tonnellate di plastica e 107 mila tonnellate di piombo (per un valore complessivo ci circa 90 milioni di euro): in questo modo da una parte si è evitata la dispersione nell'ambiente di elementi quanto mai pericolosi per l'equilibrio dell'ecosistema e dall’altra importanti risorse sono tornate ad essere impiegate nel mercato.
Il Consorzio è un ente senza fini di lucro, che, come detto, si finanzia con un sovrapprezzo sulla vendita delle nuove batterie. Lo scorso 16 marzo 2005 un nuovo Dm Ambiente ha determinato le variazioni nel sovrapprezzo unitario di vendita delle batterie al piombo da applicarsi dal 1° luglio 2005, in ragione del riscontrato aumento della capacità delle batterie utilizzate negli automezzi. Così l’Italia, oltre a detenere il primato per le performance di recupero delle batterie, ha anche “l’eco-tassa” più bassa d’Europa. Circa 80 centesimi di euro assicurano che la vecchia batteria della nostra automobile o barca sarà sempre raccolta e riciclata, indipendentemente dalle convenienze di mercato, a tutto vantaggio della tutela dell’ambiente.

Andrea Pietrarota

martedì 3 maggio 2005

Dove vanno a finire batterie esauste di telefonini e vecchi cellulari? Il Cobat lo sa

Oggi nel nostro Paese il 92% della popolazione, cioè 8 italiani su 10 possiedono un telefono mobile.
Questa grande “passione” nazionale tuttavia ha come riflesso un aumento dei rifiuti hi-tech che, secondo la direttiva europea 2002/96/CE del 27 gennaio 2003, dovranno essere smaltiti nella misura di 4 chili pro-capite entro il 31/12/2008.
La direttiva che in Italia dovrebbe essere operativa dall’agosto 2005, obbligherà produttori, associazioni e rivenditori ad attivare sistemi di raccolta per il circuito dei professionisti e dei consumatori.
Ma c’è chi ha anticipato le indicazioni comunitarie e già opera in un’ottica di difesa dell’ambiente.
Per esempio il Cobat, anche se la legislazione italiana affida al Consorzio nazionale “solo” obbligo della raccolta delle batterie al piombo esauste, ha prontamente accolto la lodevole richiesta di Vodafone, sostenuta anche dal Ministero dell’Ambiente, e già dalla fine del 2000 ha avviato una collaborazione, che prevede il ritiro sia delle batterie esauste sia dei vecchi cellulari..
Dall’attuazione dell’accordo, con il grande operatore di telefonia mobile, le imprese di raccolta incaricate dal Cobat hanno ritirato presso circa 900 punti di vendita Vodafone oltre 3 tonnellate di apparati (di cui 40% batterie e 60% telefoni e accessori).
Dal riciclo dei telefonini sono stati ricavate alcune centinaia di kg di metalli (in prevalenza rame, ma anche palladio, oro, argento e platino), materie plastiche e fibre.
Dalle batterie sono stati recuperati metalli altamente inquinanti come: litio, ferro, nickel, cobalto, cadmio, oltre a metalli rari, (manganese e alluminio).
Il materiale di scarto è stato incenerito per il recupero energetico.

Andrea Pietrarota

Le iniziative di COBAT e Legambiente per gli obiettivi del Protocollo di Kyoto

Un impegno concreto
Le iniziative di COBAT e Legambiente per gli obiettivi del Protocollo di Kyoto

Il 16 febbraio 2005 è entrato in vigore il Protocollo di Kyoto, il trattato internazionale del 1997 con il quale i Governi di molti paesi, compreso il nostro, si sono impegnati a ridurre le emissioni di anidride carbonica (CO2) e degli altri gas serra responsabili del riscaldamento terrestre e dei cambiamenti climatici.
Il COBAT, e Legambiente, con il proprio impegno, intendono contribuire in modo concreto ad un traguardo determinante per la salvaguardia ambientale e per lo sviluppo sostenibile.
“Con l'entrata in vigore del Protocollo di Kyoto”, spiega il direttore generale di Legambiente Francesco Ferrante, “il nostro Paese, come tutti i paesi firmatari, dovrà ridurre le proprie emissioni in atmosfera. L'Italia, però, nonostante abbia ratificato il protocollo, nel decennio 1990-2003, in controtendenza rispetto all’Europa, ha visto crescere del 3% medio annuo i consumi energetici e di circa il 10% le emissioni dei gas serra.
“Per aiutare il nostro Paese a raggiungere gli obiettivi previsti dal Protocollo di Kyoto”, aggiunge Francesco Ferrante, “Legambiente ha lanciato la campagna Cambio di clima, una grande iniziativa nazionale di mobilitazione, informazione e sensibilizzazione sui temi dell'energia e dei mutamenti climatici. Con Cambio di clima chiediamo alle organizzazioni pubbliche e private ed ai cittadini di collaborare con noi modificando i propri comportamenti al consumo per ridurre progressivamente, attraverso piccoli gesti quotidiani, le emissioni di anidride carbonica nell'ambiente. “La parola d'ordine della campagna”, conclude il Direttore Generale di Legambiente, “sarà il risparmio energetico: meno consumi, più energia pulita per salvare il pianeta.
“Il Consorzio Obbligatorio Batterie Esauste”, dichiara Giancarlo Morandi, Presidente del COBAT, “è impegnato da sempre per i traguardi dell’ecoefficienza e dello sviluppo sostenibile. Lo dimostrano le tante campagne ambientali promosse negli ultimi anni e, soprattutto, i risultati positivi ottenuti con le nostre attività. Il COBAT, infatti, assicura la raccolta gratuita delle batterie esauste su tutto il territorio nazionale e il loro il trasporto agli impianti di riciclo. In Italia, grazie al COBAT, viene recuperato circa il 97% delle batterie al piombo acido immesse al consumo: in questo modo, si evita la dispersione nell'ambiente di elementi quanto mai pericolosi e si ricavano importanti risorse per l’industria del nostro paese.
“Per sostenere sempre di più il nostro impegno verso lo sviluppo sostenibile” prosegue Giancarlo Morandi, “il COBAT ha deciso di aderire in prima persona alle politiche ambientali previste dal protocollo di Kyoto. Le emissioni del COBAT, che un team di ricercatori ha calcolato pari a 30 tonnellate di anidride carbonica (CO2) saranno compensate attraverso l’acquisto di crediti di emissione, sul mercato internazionale, per progetti di uso della tecnologia solare fotovoltaica realizzati nel Sud-est asiatico”.
“Con le sue attività”, conclude il Presidente del COBAT, “il Consorzio Obbligatorio Batterie Esauste realizza un circolo virtuoso in cui la tutela dell’ambiente s’incontra con il recupero di risorse, e la salvaguardia della salute collettiva con il risparmio economico”.

Andrea Pietrarota