Scrive, già nel 1831, Pietro Chevalier nelle sue “Memorie architettoniche sui principali edifici della città di Padova” parlando del Caffè Pedrocchi: ..”Dei molti giudizi che vengono tuttogiorno pronunziati su questa crescente bottega da caffè, a proposito ed a sproposito, così dai conoscitori che dagli ignoranti dell’arte, così dalle persone di criterio che dagli sciocchi, si potrebbe fare un giornale”. Non era ancora il 9 giugno, data della sua inaugurazione, ma già l’edificio e la sua architettura facevano discutere. Nel 1760, a Padova esistevano una quarantina di caffettieri ed è al servizio di uno di loro che lavorava Francesco Pedrocchi. Col tempo aprirà una sua bottega e, qualche anno dopo la sua morte, il figlio Antonio che da tempo lo affiancava decide l’acquisto dei fabbricati adiacenti e da il via ai lavori di un caffè senza precedenti.
“..Loggie, terrazzi, corpi rientranti e sporgenti, belli effetti di ombre, aria che vi campeggia, movimento continuato per lo spettatore che vi si aggira intorno, tutto esprime letizia, quale vuolsi in un ricetto di momentaneo sollievo alle cure, o di svagamento alla noja. Veramente bello e facile partito.” Padova era sotto la dominazione asburgica e il Caffè Pedrocchi diventa grande evento per l’architettura e l’urbanistica, un’agorà..
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