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mercoledì 30 ottobre 2024

San Cono: Paese del ficodindia

San Cono un piccolo comune ai margini della provincia di Catania con 2541 anime (censimento 2021) situato in una zona collinare a 525 m sul livello del mare alle pendici dei monti Erei fa parte del libero consorzio dei comuni di Catania. La leggenda vuole essere stata costruita dal marchese Ottavio Trigona Bellotti nel 1785 e prende il nome dal Santo Cono Abate. La storia, infatti, racconta che un giorno un certo frate di Naso andò dal marchese Trigona per acquistare del grano ma non potendolo pagare in denaro diede in pegno un anello che il Marchese conservò.

Dopo anni il debito non venne pagato ed il Marchese si recò a Naso per avere notizie del Frate, su una parete del convento, trovò il frate che gli aveva dato l’anello raffigurato in un quadro: era san Cono, morto più di cinque secoli prima. Convinto di aver assistito ad un miracolo, decise di fondare un paese e di dargli il nome del santo.

Il marchese costruì il paese nel feudo Cono facendo costruire a spese proprie una chiesa e 60 case, fece un bando in cui dava un appezzamento di terreno ed una casa a chi voleva abitare in quel posto, si avvicinarono molti uomini provenienti da tutta la Sicilia anche coloro che avevano problemi con la legge ottenendo la licentia populandi.

Una storia che oggi ha portato alla floridezza agricola basata sulla cultura del fico d’india tra le più importanti d’Italia, un sistema produttivo che si basa su 120 produttori agricoli e 6 centri di stoccaggio e lavorazione del prodotto dove il caratteristico ficodindia viene pesato e attuata la grana tura che dà caratteristica di grossezza e ottima valutazione della pelle che deve essere integra e priva di ammaccature.

Secondo la sig.ra Milazzo proprietaria di uno dei centri più grossi di stoccaggio del ficodindia a San Cono: “il prodotto è altamente biologico; infatti, non vengono utilizzati diserbanti e viene impacchettato subito dopo la raccolta”. Messo in cassette di cartone viene esportato in tutto il mondo. Tra le criticità lamentate è la ricerca di personale dedito alla raccolta che non si trova facilmente per la problematica legata alle spine che, sebbene superate dalla particolare tuta rende difficile l’approccio, infatti un operaio oggi riesce a raccogliere solo 20 casse al giorno. Il costo della manodopera è commisurato al lavoro da svolgere e si aggira intorno a 80 euro al giorno.

Quest’anno il prezzo secondo l’imprenditrice si mantiene bene proprio per la riduzione della produzione. Gli scarti o le pezzature più piccole non vengono buttati ma sono utilizzati interamente per marmellate, mostarde, e liquori di pregio oltre che per prodotti medicinali. Lasciando una battuta la Milazzo ci dice che il fico d’india è come il maiale si utilizza tutto.

Il nome biologico del fico d’india è Opuntia - ficus - indica e viene usato ancora oggi nei medicamenti dai messicani, infatti, contiene un grande quantità di carotenoidi, antiossidanti che favoriscono la produzione di colesterolo buono, senza dimenticare l’acido ascorbico, i tocoferoli e la quercitina, flavonoide che favorisce la circolazione del sangue. Sono utili per la longevità dovuta alla grande quantità di antiossidanti che contrastano i radicali liberi e inibiscono il processo d’invecchiamento. Le pale del ficodindia sono utilizzate per favorire la guarigione delle ferite.

Caratteristica a San Cono la sagra del fico d’india che si attua nelle vie del paese da 1984 dal 3 al 6 ottobre. La degustazione del ficodindia e dei suoi derivati è d’obbligo e nel 2024 ha portato a san Cono circa 10.000 visitatori che sono stati allietati anche da manifestazioni canore e degustazioni di altri prodotti locali quali la ricotta fresca.

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