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domenica 6 gennaio 2013

La vera Epifania è interiore

Oggi si festeggia l’Epifania, che tutte le feste si porta via. E meno male! Sentiamo il bisogno di tornare ai ritmi abituali, di sottrarci alle liturgie sacre e ai riti mondani che ci hanno sfiancato. Ma cos’è mai l’Epifania? Cominciamo dall’etimologia, che chiarirà la faccia nascosta della medaglia, quella il cui conio ci affascina più delle befane, della calzette piene di doni e dei fantasmagorici Re Magi. 
Il termine epifania deriva dal greco ἐπιφάνεια (epifaneia), che vuol dire “manifestazione, apparizione, venuta”. I greci lo utilizzavano per indicare l’azione o manifestazione divina, resa attraverso miracoli, visioni mistiche e segni sovrannaturali. Ma dopo la nascita di Cristo e l’affermazione del cristianesimo, il termine assunse un significato nuovo. Fu l’arcivescovo e teologo bizantino San Giovanni Crisostomo (344/54-407) ad attribuirgli la valenza di “Natività di Cristo”. Per altro, nel III secolo, i cristiani avevano iniziato a commemorare come Epifania le manifestazioni prodigiose di Gesù, fra cui l’adorazione da parte dei Re Magi, il suo battesimo e il miracolo di Cana. Da allora, l’Epifania è una festa che celebra la prima manifestazione della divinità di Gesù all’umanità, sancita dall’offerta di doni e adorazione dei mitici tre sacerdoti venuti dall’Oriente. È però altamente probabile che la venuta dei Magi sia un’invenzione e i tre doni offerti al bambinello (oro, incenso  e mirra) un simbolo, un’allegoria. A parte questo – la conoscenza e la storia sono insensibili alle tradizioni figlie della geo-politica religiosa – la Chiesa ci ha imposto il 6 gennaio come chiusura della sbornia sacra natalizia. 
Ma veniamo ora al retro della medaglia, il lato non comune. Nella letteratura inglese, il termine “epiphany” è usato per indicare i momenti di rivelazione nella vita del personaggio di una storia. La sua epifania coincide col momento in cui sperimenta un improvviso risveglio spirituale o una catarsi, in cui si apre a una nuova coscienza. Ciò avviene grazie a elementi in apparenza marginali, come dettagli minori, pensieri fulminanti, gesti inconsueti, oggetti rivelatori o sensazioni strane. L’epifania si attua quando dall’interno salgono in superficie le consapevolezze sommerse, rimosse, negate. A descrivere ciò era maestro James Joyce, i cui personaggi vivono epifanie intense, quei “moments of being”, come li chiama Virginia Woolf, in cui siamo sottoposti a visioni in cui una “incessante pioggia di atomi che colpisce le nostre menti”. Un esempio famoso di Epifania è quella che nel racconto di Joyce The dead conduce al risveglio esistenziale nella sua camera d’albergo il protagonista Gabriel Conroy. 
L’Epifania, nella sua accezione laica, è dunque una “rivelazione”. Rivela a noi stessi chi siamo veramente, di quali forze e sostanze siamo composti, a quali compiti siamo attesi. Ci capovolge, destabilizza e rinnova. In tale senso, ognuno di noi dovrebbe augurarsi di festeggiare la propria epifania. Ora, la bella notizia è che dopo il 21 dicembre 2012, data ufficiale in cui siamo entrati nella nuova era, latrice di una nuova consapevolezza e potenzialità umana, possiamo accettare senza scandalizzarci o scandalizzare i benpensanti che siamo tutti esseri divini. Sì, siamo tutti frammenti dell’Uno, come Gesù, il Buddha e ogni altro Maestro spirituale. Noi non siamo diversi dall’uomo che poco più di duemila anni fa venne al mondo a Betlemme. La sua diversità è sancita dal seme che ha messo a dimora nella storia e dai frutti che ha raccolto, non dal suo DNA, che era umano, come il nostro, e insieme divino, come il nostro. Quando festeggiamo o fingiamo di festeggiare la sua Epifania dovremmo festeggiare anche la nostra. Oggi, 6 gennaio 2013, dovremmo rivolgerci ai nostri congiunti dicendo loro: “Benvenuto figlio/a delle stelle”. E dovremmo comportarci come i Re Magi, offrendo oro, incenso e mirra a chi amiamo. L’oro di cui disponiamo è il nostro sorriso, la nostra ricchezza interiore, la regalità del nostro cuore. L’incenso serve a ricordare che le nostre anime vengono da molto lontano e sono schegge divine in viaggio nell’eternità. La mirra sta a significare la nostra capacità di amare, fatta di sacrifici e di attitudini a rendere profumata la vita intorno a noi. Auspico che il 6 gennaio 2013 passi alla storia di ogni mio lettore come la prima Epifania della nuova era, sancita dal risveglio e dalla libertà dai vecchi schemi mentali. Auguro a tutti un’epifania che non si consumi in riti banali e vacui, dettati dal consumismo e da tradizioni obsolete, ma si esalti attraverso la rivelazione che siamo tutti, nessuno escluso, magnifiche risonanze del Verbo divino la cui danza nell’universo costituisce l’essenza stessa del mistero cosmico. 
La vera Epifania è interiore. Teniamo alto lo sguardo e cerchiamo la nostra stella cometa. Ci indicherà la via per trovare la grotta della natività nascosta nel nostro cuore. Poi, riportiamo lo sguardo su noi stessi e su chi amiamo. Quando ci renderemo conto che siamo fatti di luce, la vita ci rivelerà i suoi segreti.
www.giuseppebresciani.com

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