Gli antichi orologi pubblici installati agli angoli delle principali strade cittadine sono di nuovo fermi. Nonostante il disinteresse dell'uomo che in seguito a lavori stradali non aveva avuto timore nel rimuoverli, ai bombardamenti e ai vandali, da circa un anno erano tornati al loro posto e a fornire ai viandanti l'ora unica, come si usava dire ai primi del secolo scorso, fornendo contemporaneamente in tutta la città l'ora esatta, regolata dall'Osservatorio Astronomico di Capodimonte.
La fusione delle eleganti colonnine in ghisa fu opera della fonderia Enrico Treicler di Via Capodimonte, famosa fino a pochi anni fa, su disegno dell'ing. Giuseppe Ventura, presidente dell'Ordine dei periti industriali di Napoli. I cavi elettrici furono forniti dalla Pirelli.
Nel 1920 ne furono installati una quarantina, nei punti centrali della città ed in alcuni edifici pubblici. Scandivano le ore, i minuti contemporaneamente, senza fallire di un secondo perché alimentati da un "avanzatissimo" sistema di rete elettrica della centrale dell'Ente Autonomo Volturno. Abbandonati per qualche tempo, alcuni furono recuperati nel 1970.
Napoli che nei secoli andati ha sempre vantato primati già nel 1853 aveva il suo orologio di città. Fu Ferdinando II di Borbone delle due Sicilie che fece acquistare un esemplare della "macchina del tempo" ad uso di piazza pubblica da sistemare "in uno dei larghi di questa capitale". Ebbe l'incarico Giovanni de Normann, "meccanico della Reale telegrafica elettrica", che si recò in Inghilterra a prelevare l'orologio. Costo mille ducati. Il luogo prescelto Largo del Castello, dinanzi alla facciata di Palazzo San Giacomo. Lo scopo, la vicinanza alla "Officina generale de' telegrafi elettrici", adiacenti al "Palazzo dei Reali Ministeri" che consentiva il collegamento con un breve tratto di cavi in modo da ottenere l'energia elettrica necessaria al funzionamento dell'orologio a quattro quadranti leggibili anche di notte grazie ad un sistema di illuminazione a gas.
I superstiti orologi stradali, di inizio secolo scorso, superate le difficoltà di trovare i pezzi di ricambio e un maquillage che ha riportato ai vecchi colori le alte colonnine in ghisa, l'anno scorso, tornarono al loro posto i primi tre, in Via Santa Lucia, Piazzetta Rodinò e Piazza Vanvitelli. In seguito sono tornati al vecchio splendore quelli di Piazzetta Augusteo, Museo, Via Del Sole, Mezzocannone, Via Duomo e Piazza Cavour.
Si spera in un recupero anche di quelli di Piazza VII settembre (Spirito Santo) e Via Diaz, rimossi per far posto alla linea della Metropolitana.
Il restyling eseguito dal servizio progettazione e manutenzione del Comune, ha comportato anni di lavoro, sotto l'attenta supervisione della Soprintendenza ai Beni Culturali. Il colore delle colonnine dal verde, fino al momento della rimozione, è tornato ad essere grigio scuro come in origine. Sorpresa per i più anziani che spesso ne hanno sollecitato il ripristino. Le ore che prima erano scandite su numeri romani, oggi si leggono su numeri arabi. A differenza degli orologi meccanici, gli orologi Eav alimentati da una rete sotterranea, dovrebbero segnano tutti la stessa ora, come ad inizio secolo, testimoni di un'epoca assai remota.
Nel 1931 furono installati 11 orologi pubblici e due orologi presso enti nel cortile del Palazzo di Giustizia e nell'androne di Palazzo San Giacomo. L'anno successivo altri due nel palazzo del Governo e nel cortile del palazzo della Pretura. Un terzo lotto comprendeva 6 orologi pubblici, 1 orologio da torre, 6 orologi nella caserma sommergibili, due nel salone della Borsa valori, 4 nei locali dell'Ammiragliato, uno presso la tipografia Giannini e 1 all'Upim, e 4 orologi interni nella sede stessa dell'Eav.
Durante la seconda guerra mondiale, i cento e più bombardamenti operati, dagli americani prima e dai tedeschi poi molti di questi esemplari, posti su alte paline furono distrutti, tra questi quello a tre quadranti di Piazza Trieste e Trento.
Troppa grazia, per una città che non ha memoria storica, rivedere "le macchine del tempo" in funzione. I superstiti orologi di stile liberty che danno un tocco di classe alla città ancora una volta, dopo un breve periodo, hanno le lancette ferme.
mario carillo - Il Roma di Napoli
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