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lunedì 12 gennaio 2009

COSTO DELLA POLITICA E DELLA DEMOCRAZIA

A PROPOSITO DI: PROVINCE, COSTO DELLA POLITICA E DEMOCRAZIA.
di: Raffaele Pirozzi e Giuseppe Biasco


Ormai è evidente: quando si parla di costo della politica ci si riferisce al costo della democrazia. Non si pensa al risparmio della gestione amministrativa degli enti locali, ma alla soppressione di spazi democratici, deputati all'esercizio del potere legislativo. Quello che appare ogni giorno sempre più in crisi agli occhi dei cittadini sono le assemblee elettive: Consigli Comunali, Consigli Provinciali, Consigli Regionali, Camera dei Deputati e Senato. Del lavoro delle assemblee se ne parla molto poco e solo gli specialisti sanno che cosa si discute alla Camera dei Deputati in questi giorni, quasi nessuno sa che cosa si è approvato nella ultima riunione del Consiglio Regionale della Campania e di che cosa si è discusso nel Consiglio Comunale di Salerno e di che cosa si sta occupando il Consiglio Provinciale di Benevento.

E' evidente che nessuno conosce il lavoro delle assemblee elettive, perché i riflettori sono accesi solo sui personaggi e non sugli strumenti della politica. Questi effetti sono dovuti al combinato disposto della azione demolitrice dello Stato Unitario da parte della Lega e dalla cultura della destra che ritiene esaurita nel leader le funzioni legislative ed esecutive e tende in ogni modo a rendere inutile l'azione delle assemblee elettive. La destra, nei pochi mesi di Governo ha ottemperato agli obblighi legislativi attraverso l'uso dei decreti legge, successivamente approvati in Parlamento con la formula della fiducia, che evita qualsiasi emendamento, il libero dibattito ed il voto senza condizionamenti.

E' evidente che il cesarismo Berlusconiano approva questa cultura del rapporto diretto tra i cittadini ed il leader che quando viene eletto deve governare senza particolari disturbi, con la sola attenzione ai sondaggi, per cogliere il senso della opinione pubblica ed accarezzarne il pelo per il verso giusto.

Ci muoviamo in questa cultura quando si parla di costo della Politica, di eliminazione delle Province e di federalismo.

Una sola riflessione : quanti sono i Comuni al di sotto dei diecimila abitanti che non sono in grado economicamente a reggere i compiti ordinari previsti dalla legge? Ben il 70% del totale! In una eliminazione di colpo delle Amministrazioni Provinciali, questi piccoli Comuni non sarebbero in grado di organizzare nessun tipo di politica dei servizio ai propri cittadini, ma soprattutto non sarebbe in grado di strutturare Piani Regolatori, percorsi di viabilità e di collegamento con altri centri urbani, servizi di trasporto pubblico, manutenzione di scuole e tnto altro, di cui spesso non si conosce l'importanza.

Al contrario, ragioniamo sui costi della gestione amministrativa, non tanto della politica. Per spiegare bene il nostro pensiero è necessario ricorrere ad esempi chiarificatori: se , come capita di sovente, finisce l' inchiostro delle stampanti del Comune di Marano, il dirigente del servizio non può chiamare il suo collega di Mugnano e procurarsi velocemente quello di cui ha bisogno, facendo subito ripartire il servizio. Le gestioni amministrative sono separate, ogni Comune ha piena autonomia e piena legittimità istituzionale a svolgere i suoi atti all'interno della legislazione in corso. Tra di loro non c'è nessun rapporto. Nella Provincia di Napoli ci sono ben 92 Comuni ed ognuno di essi è una stazioni appaltante, ovvero, ogni Comune compra con un appalto il suo inchiostro, al miglior prezzo che gli viene proposto. In un esame degli acquisti dei materiali di consumo d'ufficio, i prezzi di acquisto sono molto differenti tra i Comuni e non sempre sono più bassi del mercato. Questo vale per gli acquisti, figurarsi per i lavori pubblici, per le attività culturali e sociali, per l'ambiente e la vigilanza. Nella nostra Provincia ogni Comune ha il suo corpo dei vigili urbani, che non hanno giurisdizione nel Comune affianco al loro.

Inoltre non esiste nessuna mobilità tra i dipendenti di un Comune ed un altro, per cui si possono verificare delle emergenze di personale a cui non si può dare nessuna risposta con i dipendenti del Comune vicino.

Tra l'eliminazione delle Province e la posizione di volerle mantenere tutte, esiste come sempre una terza possibilità: procedere subito alla costituzione delle aree metropolitane dei grandi capoluoghi di Regione in cui la necessità risulta ormai indilazionabile.

Trasformare il Comune di Napoli e la provincia in un solo Ente, articolare sul territorio provinciale solo 30 Municipalità, con piena autonomia ed attribuzione di bilancio, mentre all'Area metropolitana spettano i compiti della pianificazione del territorio, la raccolta e lo smaltimento dei rifiuti, la viabilità e la vigilanza, il trasporto locale, la manutenzione delle strade, degli edifici scolastici e di quelli di pubblica utilità, la gestione e l'amministrazione del personale, le politiche per lo sviluppo.

Il risparmio sarebbe immediato e visibile, solo nel settore del trasporto pubblico si passerebbe ad un solo consiglio di amministrazione della Azienda di Mobilità Metropolitana, al posto di quelli attuali: ANM, CTP, SEPSA, Metronapoli, Circumvesuviana, gestiti dal consorzio Unico per la distribuzione e la raccolta del prezzo dei biglietti e degli abbonamenti, che ha anche lui il suo bravo Consiglio di Amministrazione. Per non parlare delle aziende di raccolta dei rifiuti che ci sono nelle piccole e nelle grandi città della Provincia. Questi sono gli ulteriori costi della politica, gli Enti in cui la politica nomina i propri rappresentanti.

Per fare questa vera riforma occorre un grande coraggio politico, una capacità di interpretare i bisogni dei cittadini per dare risposte in tempo reale alle mutate condizioni del territorio. Quante risorse e quante energie si potrebbero liberare in questo modo per lo sviluppo di tutta l'area.

Questa domanda di sinergia economica e di uguale erogazione dei servizi è presente nella nostra società provinciale ed è avvertita l'esigenza di una innovazione per risparmiare e liberare risorse, solo che la risposta, quando arriva dai privati, come Romeo, pur se corretta da un punto di vista industriale e finanziario, corre il rischio di alimentare la cattiva politica e la corruzione.

Esiste sempre un'altra possibilità, quando si persegue il bene comune, l'innovazione nella democrazia, non è facile, ma bisogna provarci sempre.


Napoli, 12/01/09

Raffaele Pirozzi direttore giornaleonline"www.notiziesindacali.com"

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