APPUNTI SU UNO SCONTRO ANNUNCIATO.
di Raffaele e Pirozzi e Giuseppe Biasco
Dall'autunno scorso seguiamo le contraddizioni interne del Partito delle Libertà, ma non immaginavamo che lo scontro tra Fini e Berlusconi arrivasse fino alla rottura consumata in diretta televisiva. Il Partito delle Libertà, così come viene rappresentato dal suo leader è un partito che ha assunto come struttura organizzativa quella che viene normalmente usata nelle aziende private. Il padrone ha sempre ragione, i suoi collaboratori seguono fedelmente le indicazioni della proprietà e ne sono ripagati con ruoli importanti e stipendi cospicui. Il sindacato è un fastidioso problema se si oppone alle scelte della proprietà., mentre se è sempre pronto all'accordo, è il benvenuto. In questo tipo di organizzazione non può essere consentita una voce difforme di dissenso. La prima conferma che ci è venuta dalla riunione della direzione del P.d.L. è che la forma a cui fa riferimento è quella di un partito - azienda, in cui non possono essere discusse le decisioni del suo leader.
Che Berlusconi fosse uomo di poca moderazione era risaputo, ma che fosse anche incapace di frenarsi nel linguaggio, dimostrando una aggressività degna di uno dei peggiori reality, era sinceramente impensabile. Non era necessario, infatti, prendere la parola subito dopo Fini per rispondere a tono al suo antagonista. Un più cauto politico, avrebbe avuto la pazienza di ascoltare gli interventi dei suoi ministri, dei suoi coordinatori e politici, che hanno attaccato Fini senza pietà e senza concedergli nulla sul piano della legittimazione politica. Al grande leader sarebbe bastato un intervento finale che riassumesse il dibattito, per mettere alle corde il presidente della Camera. Invece, Silvio si è dimostrato geloso dello spazio che si era conquistato Fini, ha sentito il bisogno di riprendersi subito la platea e la sua presenza in televisione. La platea lo ha ricambiato con applausi calorosi, ma lui non è riuscito ad evitare l'aggressione verbale contro il suo antagonista. Il "parliamoci chiaro" e "lascia la Presidenza della Camera", sono stati solo due dei passaggi pesanti ed aggressivi del premier, affermazioni utili solo per provocare una rottura definitiva ed una uscita dal partito di Fini. Questo non è avvenuto, mentre in tutto il mondo sono girate le immagini del Capo del Governo italiano che litigava con il presidente della Camera, facendo ancora una volta ridere tutti delle nostre vicende.
3 - Fini ha dimostrato grande coraggio nel contrapporsi personalmente all'uomo più ricco e potente di Italia. Addirittura si è alzato in piedi per contrastare vivacemente l'anziano signore che dal palco lo aggrediva verbalmente. Mi immagino l'imbarazzo di Gasparri, La Russa, Matteoli, Alemanno e tanti altri, compresa la Polverini, che a Fini devono la loro carriera, i posti di ministro e gli incarichi prestigiosi. Per loro che vengono da una ideologia in cui la parola "onore" è spesso usata ed abusata, nessuno di loro ha sentito il bisogno di una parola di comprensione per la battaglia di Fini, pur nel distinguo politico. Il tradimento è implicito nella politica, è compreso nel prezzo. Ma è anche compreso nei costi della politica fare delle brutte figure!
4 - I cosiddetti "colonnelli " di Alleanza Nazionale, sono quelli che escono peggio da questa situazione, è vero continueranno a svolgere i prestigiosi incarichi a cui sono stati destinati, ma adesso tutti sanno che non hanno nessuna autonomia ne di pensiero, ne di azione. Non solo, hanno dimostrato di essere subalterni culturalmente e politicamente a Berlusconi, senza nessun distinguo particolare, hanno perso una identità e da adesso i poi non avranno più una copertura collettiva per le proprie ambizioni, le loro carriere dipenderanno solo dal volere del leader. Non sarà facile nella distinguersi nella folla dei fedelissimi di Silvio.
5 - Il violento scontro di Giovedì scorso, ha sancito anche la fine definitiva della esperienza di Alleanza nazionale, la formazione nata dalle ceneri del vecchio Movimento Sociale di Almirante e Rauti. Dopo l'adesione al PdL, era rimasta in piedi un riferimento a quel partito ed a quella identità politica. Era ancora in vigore la suddivisione politica tra i due partiti che erano confluiti nel nuovo e più grande soggetto politico: il 70% per gli ex di Forza Italia, mentre il 30% restava a coloro che provenivano da A.N. Adesso, questo rapporto non c'è più e da subito Berlusconi , ha bloccato le nomine nelle giunte regionali e locali dove si è votato da poco. Da adesso in poi esisteranno solo i Finiani, mentre tutti gli altri scompariranno nella grande pianura dei tanti seguaci del cavaliere.
6 - Qualcuno dice che Fini è stato colpito dalla sindrome del Presidente della Camera, una specie di maledizione che colpisce tutti coloro che si siedono sul più alto scranno di Montecitorio. Da 1994 si sono succeduti in quel ruolo : Irene Pivetti, Luciano Violante, PierFerdinando Casini, Fausto Bertinotti, Gianfranco Fini. Casini ruppe con Berlusconi proprio in prossimità della formazione del Pdl, mentre la Pivetti non ha svolto nesun ruolo politico, come Bertinotti che ha visto la fine della sua Rifondazione, mentre Violante svolge un ruolo marginale all'interno del PD. Fini, con la rottura che si + consumata in queste ultime ore non ha più un futuro politico nella coalizione guidata da Berlusconi. Questo lo sa bene, ma sa anche molto bene che in questa legislatura le riforme che voleva la Lega non si faranno. Non ci sono più i termini e i voti necessari per riforme costituzionali che riguardassero la struttura dello Stato ed i poteri istituzionali. I referendum confermativi, come è già successo, sono a rischio di fallimento.
7 - Le intemperanze del premier, la sua incapacità alla mediazione politica, la sua voglia di primeggiare, sono il peggiore viatico per un Governo della attuale fase politica in cui gli interventi in economia e sul piano istituzionale sono determinanti per il futuro del nostro paese. "Ne vedremo delle belle", ha scritto qualcuno. Avremmo preferito dal partito di maggioranza ben altra serietà politica, maggior senso dello Stato e responsabilità nei confronti dei cittadini. Ma questa è un'altra storia.
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