Marcello Pacifico (Anief-Confedir): nel confermare lo stop dell’indennità di vacanza contrattuale fino al 2017, ancorandola ai valori del 2010, il Ministero dell’Economia non fa altro che ribadire che per almeno altri tre anni e mezzo non vi sarà alcun aumento in busta paga.
Sul blocco degli stipendi le rassicurazioni provenienti dal Ministero dell’Economia non cambiano la posizione del sindacato: l’attuale Governo sta sposando in pieno la linea assunta dai precedenti, confermando il blocco degli stipendi del personale insegnante e Ata almeno fino all’inizio del 2018. Se per il MEF “nel Documento di Economia e Finanza (DEF) 2014 non è contenuto, e non potrebbe esserlo, alcun riferimento a ipotesi di blocco di contrattazione nel settore pubblico”, ma viene riportata solo un stima che “ha valore meramente indicativo e non rappresenta, in alcun modo, un vincolo alla determinazione delle risorse né alle politiche retributive della Pubblica amministrazione”, l’Anief ricorda che dal 2010 i Governi che si sono succeduti non hanno accordato alcuna risorsa nelle varie Leggi Finanziarie e di Stabilità che si sono succedute.
Lo stesso riferimento del MEF alla Legge di stabilità 2014, che ha fissato l’indennità di vacanza contrattuale “per il triennio 2015-2017 al livello di quella in godimento dal mese di luglio 2010”, rappresenta un’indiretta ammissione di conferma della linea del blocco stipendiale: il Ministero di Via XX Settembre sottolinea, in pratica, che ad oggi e fino al 2017 rimane in vigore il blocco dell’indennità di vacanza contrattuale.
“In realtà – spiega Marcello Pacifico, presidente Anief e segretario organizzativo Confedir – il chiarimento del Ministero dell’Economia non fa altro che confermare, seppure indirettamente, l’intero blocco contrattuale. Questo perché l’indennità di vacanza contrattuale non è altro che un anticipo degli aumenti di stipendio, per cui se rimane ferma fino al 2017 ai valori del 2010 significa che per i prossimi tre anni e mezzo non vi sarà alcun aumento di stipendio”.
Il sindacato, quindi, torna a chiedere risorse vere per il personale. In mancanza delle quali sarà impossibile sbloccare il contratto di lavoro: l’aumento di 80 euro previsto dallo stesso DEF, rappresenta poco più di un ‘obolo’, visto che tra i paesi moderni europei i nostri docenti continuano ad avere lo stipendio più basso dopo la Grecia, con quasi 8mila euro in meno a fine carriera rispetto alla media di tutto il vecchio Continente. Perché mentre si fanno passare questi aumenti come motivo di attenzione per il settore, nel frattempo l’Istat di dice che l’ultimo indice generale delle retribuzioni contrattuali orarie disponibile registra incrementi tendenziali sopra la media nel settore privato (+1,9%).
Inoltre, i dipendenti dell’istruzione sono gli unici della P.A., per effetto dell’art. 9 della Legge 122/2010, ad avere avuto il contratto fermo già a partire dal 2010 e con i valori stipendiali del personale della scuola, da adeguare all’inflazione, rimasti di fatto fermi addirittura al 2009. Si tratta di un’ingiustizia colossale, che ha preso il via con il D.lgs. 150/09, più noto come riforma Brunetta della PA, ed ha avuto come ultimo atto l’approvazione da parte del Consiglio dei Ministri, ad agosto 2013, del blocco della contrattazione per il biennio 2013-2014 di tutto il pubblico impiego. Provvedimento confermato poi, a settembre, con la pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale n. 251 del D.P.R. n. 122 del 4 settembre 2013.
Il risultato di questi provvedimenti non potrà che rendere ancora più disastrosa la situazione già ravvisata nell’ultimo ‘Conto annuale’, realizzato dal Dipartimento della Ragioneria Generale dello Stato, dove è riportato che nel 2012 docenti e Ata della scuola hanno percepito in media 29.548 euro annui: un compenso inferiore anche ai dipendenti dei ministeri, delle regioni e delle autonomie locali. Ma anche della media nazionale: l'anno scorso, secondo i dati pubblicati in queste ore dall'Ocse attraverso il suo rapporto 'Taxing Wages', gli italiani hanno guadagnato mediamente 29.704 euro lordi, l'1,3% in più rispetto al 2012, mentre i prezzi al consumo sono saliti dell'1,4%, 1 decimo di punto percentuale in più. Per i dipendenti della scuola, invece, l’inflazione viaggia a ritmi molto più alti. E così continuerà ad andare per almeno altri tre anni e mezzo.
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