CRISI E CAMBIAMENTO DELLO SVILUPPO.
di: Raffaele Pirozzi e Giuseppe Biasco.
La crisi economica che sta sconvolgendo il sistema bancario, assicurativo e finanziario del mondo, non è avvertita nello stesso modo nei diversi paesi e tra i cittadini. Le interpretazioni della crisi si susseguono, in maniera maniacale, nel tentativo di comprendere il fenomeno in atto e trovare una via di uscita il più presto possibile da questa situazione che sta cambiando in maniera radicale il sistema di crescita economica dei paesi più ricchi ed industrializzati. Nessuno lo dice ancora con chiarezza, ma la paura di un crollo definitivo del sistema economico attuale, non è più dissimulata. Molti cominciano a temere sul serio e sono senza risposte, senza idee e senza nessuna soluzione. Una cosa è certa, non si vede ancora la fine di questa crisi economica e soprattutto non sembrano esserci soluzioni al peggio che avanza. Qualsiasi proposta che viene elaborata, dura lo spazio di un mattino, fino alla apertura delle Borse Mondiali; che continuano a perdere senza possibilità di recupero. Si susseguono i giorni neri delle perdite in Borsa, continuano i fallimenti dei colossi della economia mondiale e si registrano ogni giorno migliaia di licenziamenti in ogni parte del mondo e continue chiusure di stabilimenti e aziende.
In tre periodi nefasti di questi ultimi sei mesi, sono stati persi nelle Borse di tutto il mondo quasi 3000 miliardi di dollari di capitale, una cifra incredibile, inimmaginabile per chiunque. Eppure, sembra che non sia ancora finita. Qualcuno ha quantificato il volume dei fondi spazzatura, depositati in tutte le Banche del mondo:ammonterebbero a circa 5000 miliardi di dollari. Se dovessero rivelarsi all'improvviso, molti Stati sarebbero sull'orlo della bancarotta.
In questo contesto, i politici assumono atteggiamenti diversi: chi si dimostra preoccupato e chi assume comportamenti tranquillizzanti, ma tutti hanno realmente paura del futuro e non osano prendere posizioni che potrebbero risultare inutili, se non addirittura controproducenti.
Tutti vorrebbero che la crisi si fermasse e che i danni fossero facilmente riparabili, per tornare dopo poco a riprodurre lo stesso sistema di crescita economica nel quale abbiamo vissuto fino ad oggi. Da quello che ci è dato capire, questa aspirazione non è già più realizzabile. La crisi sta cambiando il modello di sviluppo, anche se non ce ne accorgiamo ancora con chiarezza.
La crisi è frutto di quella cultura consumistica che continua a coinvolgere i cittadini dei paesi più ricchi del mondo, non poteva essere altrimenti, prima o poi il sistema sarebbe scoppiato, le truffe e gli inganni finanziari in cui siamo vissuti tutti e che hanno alimentato un mercato globale in cui il superfluo era indispensabile, mentre i principi e la morale erano a mala pena sopportati.
Ma quale mondo stiamo lasciando alle nostre spalle? In che mondo siamo vissuti fino ad oggi e che stiamo perdendo senza nemmeno rendercene conto? Dobbiamo avere paura o rimpianto?
Per non esprimere delle semplici opinioni, ci siamo rivolti alle statistiche di importanti centri di ricerca nazionali ed europei per prendere in considerazioni dei dati che rappresentano il modo in cui abbiamo vissuto fino alla fine dell'anno scorso e che forse sarebbe utile cambiare.
In Italia nel corso del 2008, il 10% della spesa di generi alimentari, pari ad un valore di 561 Euro a famiglia è stato buttato nei cassonetti della spazzatura (Ricerca A.D.O.C.). Nel nostro paese si spreca il 35% delle risorse idriche, viene consumato inutilmente il 12% di energia elettrica. In Italia esistono 768 automobili per ogni 1000 abitanti, per una cifra complessiva di oltre 44,5 milioni di vetture circolanti: Questo enorme parco auto, induce un traffico automobilistico che vede ogni cittadino italiano consumare ben 500 ore in più del proprio tempo per circolare mentre l'intera società deve farsi carico dei costi che sono di 40 miliardi di euro l'anno.
Un altro dato interessante che vogliamo riportare riguarda il numero delle utenze di telefonia mobile che si registrano in Italia: per ogni 100 italiani ci sono 108,4 numeri telefonici. Considerato che molte persone hanno più telefonini, o attivano diverse carte SIM per risparmiare, si considera che nel nostro paese sono utilizzati ben 40 milioni di telefonini.
Questa società consumistica ed esasperata, che consuma tutto quello che esiste, compreso il territorio e le persone che lo abitano, non potrà essere più riprodotta uguale a se stessa. La crisi che stiamo vivendo è la crisi di questa cultura, di questo modo di vivere, in cui tutto è consumo: questo non è il migliore dei mondi in cui vivere. Inoltre questa condizione è garantita solo al 25% degli abitanti del mondo, mentre la stragrande maggioranza dei popoli vive ai limiti della sopravvivenza e lotta ogni giorno con la fame, le malattie e la guerra.
Se si comincia a guardare a questa crisi come ad una inevitabile conseguenza di un modo di intendere lo sviluppo capitalistico, la prospettiva cambia ed allora si riesce a comprendere che mondo ci aspetta nel futuro, che mondo potremmo costruire tutti insieme.
Non si tratta di rinnegare il lavoro, le fabbriche, i beni di largo consumo. Non si tratta di immaginare una società più povera dove è più difficile accedere a livelli di benessere che conosciamo e che ci sono ormai indispensabili. L'energia elettrica per esempio,perché immaginare di produrla con il nucleare nel 2020, quando negli USA , Barak Obbama, finanzia centrali solari da ben 500 Megawatt? Centrali che sono progettate su ricerche che sono state fatte in Italia.
Perché insistere sulla produzione a Pomigliano di auto obsolete, quando ce necessità di modelli ecologicamente compatibili, meno costosi , con meno fronzoli e più sicuri?
La proposta della Regione Campania di sostenere il reddito dei lavoratori di Pomigliano, di finanziare la ricerca della Elasys per modellini auto alternativi ed ecologici, mentre si propone di produrre un auto elettrica, è nel segno giusto, è una proposta di cambiamento, un miglioramento del modello di sviluppo economico e sociale della nostra regione.
Quello che cerchiamo di dimostrare in questo modesto articolo, è la differenza che passa tra la
riproposizione di un vecchio modello di sviluppo basato sul consumismo esasperato non è più possibile. Deve essere possibile uno sviluppo concreto, più giusto e solidale, che garantisca diritti e libertà, in una cultura nuova che supporti scelte meditate, di innovazione e di rispetto della natura e delle persone.
Con questa ottica va vista l'attuale fase, con questa logica deve essere seguita la crisi e giudicati i Governi ed i politici. In una crisi di cui non sappiamo ancora nulla, avere una idea di quello che veramente è necessario alla gente è fondamentale. Solo in questo modo si combatte la paura che spinge alla conservazione, alla chiusura ed all'odio, al protezionismo al nazionalismo, alla rottura della solidarietà sociale, alla violenza. La speranza nel genere umano non deve mai venire meno, bisogna avere fiducia, perchè sempre, dopo una crisi, c'è stato un nuovo sviluppo.
Napoli,06/03/09
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