Gianni De Falco, direttore Ires Campania
Magnifica trasmissione mercoledì scorso nello speciale "Che tempo che fa" di Fabio Fazio: Roberto Saviano parla di camorra e dintorni.
Sin qui tutto normale per l'autore di Gomorra, senonchè lo scrittore/giornalista tratta i… "dintorni" come area vasta ed informa i cittadini perbene di questo Paese che i Casalesi, questo gruppo poco perbene di napoletani/casertani, investe i suoi ingenti guadagni nel Nord Italia.
Suvvia, d'altra parte bisogna anche capirli, che interesse avrebbero ad investire al Sud dove non investe più neanche un imprenditore (vero) che si dica uno?
I Casalesi, ma non solo loro, cercano territori ricchi, dove l'investimento possa essere redditizio: Parma, Venezia, Milano… e non solo: Parigi, Londra, Francoforte, New York…
Intelligenti, si direbbe. Mica come i mafiosi, che si ridussero a fare i guardiani delle ville e gli stallieri ad Arcore…
Questi cittadini poco perbene d'Italia investono in attività produttive, fanno accordi col sistema bancario, comprano azioni… controllano la finanza… ma nonostante questo tentativo di trasformarsi in "signori" e ricchi, cadono e continuano a cadere in tentazione e sparano… a Napoli come a New York… a Palermo come in Germania…
La Banca d'Italia qualche tempo fa mise in allarme il sistema economico nazionale circa la possibilità di "scalata" delle società in questo momento di profonda crisi - che tutti vedono tranne Berlusconi e Tremonti - ed in scarsezza di capitali. L'allarme era chiaro: «cari signori i capitali, oggi come ieri, sono strettamente controllati dai grandi gruppi delinquenziali campani, siciliani, calabresi e pugliesi (e anche veneti, giusto per fare un po' di pubblicità…) e questi possono impossessarsi dei pacchetti azionari di maggioranza di molte società "pulite" per cambiarne gli assetti».
Saviano ha parlato e denunciato anche le diffuse complicità, mute o sbattute in prima pagina (come su alcune testate giornalistiche locali).
«Sono "sparate" di una persona che sta a 800 km di distanza…, che ha visto Parma di passaggio» chi è costui che pronuncia queste parole a commento della trasmissione di Saviano? Nientepopodimenoche il Prefetto di Parma, una voce del Governo, il quale ancora aggiunge: «Durante un riunione del Comitato per l'ordine pubblico e la sicurezza avevo chiesto al Procuratore un resoconto su eventuali posizioni aperte nel parmense sentendo Dda Bologna e Dia di Firenze: la risposta è stata non ci sono indagini di questo tipo».
Il Prefetto non sa, o forse non vuole sapere, che a Parma c'è stata la prima condanna in primo grado per "associazione camorristica" e che le inchieste del magistrato Cantone hanno per oggetto proprio quella città.
Che aria tira in quei Comitati nessuno potrà mai sapere, ma il Prefetto Paolo Scarpis come fa a non sapere? Come fa ad ignorare?
E' l'uso del linguaggio che spaventa, lo stesso linguaggio sbrigativo adottato da coloro che hanno qualche interesse a delegittimare figure scomode.
«A Parma si allunga l'ombra della camorra» avvertiva Roberto Saviano su l'Espresso e ribadiva in Gomorra. Lo ha ripetuto, però, anche il noto scrittore di gialli e conduttore televisivo, parmigiano di nascita, Carlo Lucarelli.
Tra i vari problemi i fallimenti finanziari della Parmalat di Callisto Tanzi e gli intrecci tra questi ed un pool di banche compiacenti, «come una brutta storia di mafia» ha affermato in aula il pubblico ministero Greco.
Qualcuno oggi in Italia (il Prefetto Scarpis) crede che gli 800 chilometri che separano Napoli da Parma o i poco più di 1000 che separano Arcore dalla Sicilia siano sufficienti a poter "salvare" onestà etica e morale dei sistemi politici, economici e finanziari del Nord Italia, come se non fosse vero che i rapporti di "affari" (quelli di investimento) o di "malaffare" non seguano normalmente la via degli Stati Uniti, del Sud America o della Cina (cavaliere, sarà mica colpa dei comunisti?).
Viene allora da chiedersi, rispetto a chi sottovaluta queste condizioni di rapporti e complicità ed a cui è affidato il Governo del nostro Paese, se non valga la pena di definire perlomeno "inquietanti" taluni atteggiamenti.
E' necessario vigilare e non sottovalutare, o minimizzare, nessun segnale. La storia di Parma è in questo paradigmatica, perché disegna uno scenario che è applicabile ovunque, esportabile in qualunque città che abbia grandi ricchezze e scarsa attenzione ai fenomeni malavitosi. Ci insegna molto sui meccanismi con cui la Camorra (o la Mafia, o la Sacra Corona, o la 'Ndrangheta) tenta di infiltrarsi e conquistare territori che fino a poco fa le erano estranei.
Grazie a libri come "Gomorra" o a film come "Biùtiful cauntri", è più difficile oggi dire «non sapevo!…».
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