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lunedì 18 febbraio 2013

Fuerteventura, l'isola dei Beati che piace agli alieni

I fenici le chiamavano “Isole dei Beati” o “Isole Fortunate”. Esiodo, Tolomeo, Plutarco e altri ne parlano. Gli antichi conoscevano le misteriose isole dal clima dolce che sorgono come punte di spillo nell’Oceano Atlantico, al largo delle coste africane, e le identificavano coi Campi Elisi. Si pensava che gli dei destinassero gli eroi a passarci un’eterna vita felice in virtù del fatto che la vegetazione fornisse cibo senza che gli uomini avessero bisogno di lavorare la terra.  Il primo a identificarle con le Isole Canarie fu Plinio il Vecchio. Oggi, l’arcipelago delle Canarie, composto da sette isole maggiori e due minori, tutte di origini vulcaniche, è un paradiso turistico che appartiene alla Spagna. Delle sette isole maggiori, mi piace ricordare la più antica e seconda per dimensione. Mi riferisco a Fuerteventura,  un luogo straordinario ai confini della realtà dove, a tutti gli effetti, si può vivere beatamente, lontani dal mondo e dai suoi affanni. Fuerteventura è uno di quei posti esclusivi in cui ci si può nascondere o farsi dimenticare. Viverci può essere una libera scelta o una costrizione. Il poeta e filosofo spagnolo Miguel de Unamuno vi fu esiliato. La sua casa si trova a Puerto del Rosario, il capoluogo dell’isola. C’è chi approda a Fuerteventura per caso e ne resta conquistato. Come scrive Unamuno, “il caso è l’intimo ritmo del mondo, è l’anima della poesia”. Ritmo e poesia hanno messo radici qui, all’ombra delle piante tropicali.

Fuerteventura significa in primo luogo spiagge di sabbia bianca infinitamente estese e incontaminate. Sono 150. Un vero eden per i bagnanti, che hanno l’imbarazzo della scelta. Le coste sono infatti accarezzate da acque turchesi cristalline e difficilmente si riesce a credere di trovarsi in mezzo all’Oceano anziché ai Caraibi. Ci si può rilassare in acque basse o sfidare le onde su una tavola. Gli alisei soffiano orgogliosi e attirano gli appassionati di surf e windsurf. Le spiagge più belle e popolari hanno nomi esotici e insieme rassicuranti: Caleta de Fuste, l’incontaminata Barlovento, Morro Jable, Playa de Sotovento con le sue lagune, Costa calma, Cofete dalle onde sorprendenti, La Escalera, Esquinzo-Butihondo, la romantica El Cotillo, Corralejo con le sue dune, La Oliva, Gran Tarajal e Garcey ricoperte di sabbia nera, e per ultima ma non ultima Jandia, considerata una delle migliori spiagge del mondo. E pensare che tutto questo ben di Dio era sconosciuto al turismo di massa fino al 1966. Il primo hotel sorse infatti solo nel 1965, a seguito della costruzione dell’aeroporto a El Matorral. Grazie al fatto che vanta 3.000 ore di sole all’anno, Fuerteventura è diventata una delle principali destinazioni turistiche europee. Tedeschi e britannici li incontri ovunque ma sono discreti. Vengono qui a svernare e molti di loro hanno comprato casa. Come non giustificarli? L’Isla si trova alla stessa latitudine della Florida e del Messico. Però è più vicina ed economica. E anche qui, come in America, è facile avvistare grandi cetacei, delfini, pesci spada e tartarughe.

È una cosa nobile ed eroica, il vento! Chi mai l’ha sconfitto? In ogni battaglia gli spetta l’ultimo colpo, il più terribile. Se gli corri incontro con la lancia in resta gli passi attraverso. Ah, vento vigliacco che colpisce gli uomini nudi ma non si ferma a ricevere un solo colpo…”. Così scrive Melville nel suo capolavoro Moby Dick. Melville non è mai approdato a Fuerteventura eppure ne ha come colto l’essenza. Il vento è il signore dell’isola. È un padrone che solletica lo spirito e fa volare l’immaginazione. Ma è immaginaria la visione di una balena che transita al largo dell’isola? No, è reale. E se fosse proprio Moby Dick? Il viaggiatore ha come la sensazione di essere trasportato in una dimensione diversa, più lieve, per certi aspetti romanzesca. E si sente finalmente libero, capace di entrare in empatia con l’Anima Mundi.

Dal 2009, Fuerteventura è stata dichiarata dall’Unesco “Nuova riserva della Biosfera” in virtù delle sue particolari caratteristiche geologiche e il suo patrimonio biologico. Parlo di 353.000 ettari di paesaggi singolari. L’isola è infatti ricca di eccezionali ambienti naturali che lasciano senza fiato. Ha un registro fossile d’importanza mondiale e possiede addirittura 50 giacimenti paleontologici. Nonostante sia arida e soffra la siccità, non mancano estese pianure fertili dove i nativi praticano l’agricoltura. Non solo ortaggi. La frutta esotica è ottima e abbondante: papaya, avocado, mango e platano (una banana tropicale). I succhi di frutta, il miele di palma, la marmellata di cactus e la crema di platano, cui vanno aggiunte le “papas arrugatas” (patate dolci esotiche bollite in acqua salata e servite con salsa all’aglio e yogurt),  sono tentazioni cui è difficile resistere. Così come non si può restare insensibili di fronte  alla pianta grassa che è originaria delle Canarie, cioè l’aloe vera. Gli indigeni la chiamavano “guanci” e la consideravano sacra. Cresce ovunque e ha mille proprietà benefiche. Il suo succo è considerato un potente energetico ricostituente, utile anche contro il mal di stomaco. Il gel è molto efficace per curare i dolori muscolari, cicatrizzare le ferite e lenire le scottature. Senza contare i suoi benefici estetici. Un altro aspetto caratteristico di Fuerteventura è lo scenario vulcanico, retaggio di una serie di eruzioni vulcaniche l’ultima delle quali è avvenuta 7.000 anni fa. Impressionante è il parco naturale di Corralejo, che col suo manto desertico increspato da dune di sabbia e crateri di colore giallo, rosso e ocra, evoca mondi lontani, siderali. La mente corre al deserto del film di fantascienza Dune o più semplicemente al Sahara e si fa mutevole come il saliscendi di cunette sabbiose digradanti verso ilmare che il vento rimodella continuamente. Parlavo anche di patrimonio biologico. Ebbene, per farsene un’idea basta recarsi sull’Islote de Los Lobos, una minuscola appendice di Fuerteventura così chiamata per le foche monache che ne affollavano le baie. Non è raro ammirare il volo del capovaccio, l’unica specie di avvoltoio che si trova alle Canarie.

Se vi capita di sentire i cantos de morenas, i tipici canti di “trabajo” delle isole Canarie, potreste addormentarvi. Secondo la tradizione, questi canti delle sirene furono composti per catturare le murene. Possono attirare e catturare anche gli alieni? La domanda sarebbe priva di senso se non fosse che Fuerteventura ha più di un legame con gli extraterrestri e gli Ufo, che qui sono ormai diventati un’attrattiva al pari delle spiagge. Ufficialmente, il fenomeno ha avuto inizio nel 1976 con un’intensa ondata di avvistamenti di Ovni (oggetti volanti non identificati) che continuano a interessare l’arcipelago. In realtà, i legami tra l’isola e le civiltà aliene è molto antico. Fuerteventura è una miniera di suggestioni per il turista attirato dai misteri cosmologici. Il clou è il monte Tindaya, detto “Montaña Sagrada”. È un’altura proibita, uno spazio naturale protetto visitabile solo con l’autorizzazione della Consejeria del Medio Ambiente del Cabildo Insulare. Sui fianchi della montagna ci sono circa 200 podomorfi, incisioni raffiguranti dei piedi misteriosi. Sono le impronte degli extraterrestri che anticamente atterrarono sull’Isola Fortunata? Gli aborigeni attribuivano un significato magico al Tindaya e ai suoi reperti e ancora oggi esso conserva un alone di mistero, alimentato da avvistamenti, incontri ravvicinati del terzo tipo e forse rapimenti alieni. Non è un caso che sia al centro del mio romanzo Il Vangelo cosmico. I misteri non finiscono qui, però. Famigerate e inquietanti sono le ineffabili luci di Mafasca che appaiono di notte e di cui non si conosce la fonte. Poi, c’è chi giura che Fuerteventura sia quel che resta di Atlantide, che giacerebbe sotto di essa, nell’Oceano. Per non parlare di streghe, folletti e fantasmi. Siamo molto lontani dalla Scozia o dai principali centri esoterici, eppure è come se qui si fosse raccolto un intero campionario di stranezze. Nel dubbio, il Cabildo ha posto una composizione artistica bizzarra presso una rotonda stradale a Jandia. Si tratta delle statue di alcuni bambini, immobili e incantati, che fissano il cielo come se aspettassero da un momento all’altro l’arrivo di un’astronave dalle Pleiadi. L’opera sé stata realizzata dall’artista cubana Lisbet Fernandez, si chiama “Caminos” ma è anche conosciuta come “I bambini del sole”. A Fuerteventura non tutti tengono lo sguardo fisso al sole e alle stelle. C’è chi scruta il mare e paventa con ansia il grande tsunami che sommergerà l’isola. Ma i più attendono semplicemente la calata dei turisti. Ognuno aspetta il suo Godot e intanto gli affari prosperano malgrado la crisi. A scanso di equivoci e come amuleto contro gli esattori delle tasse ci si lamenta che  l’età dell’oro sia finita.

La storia racconta che l’Isola Fortunata, dove s’era insediata una popolazione originaria dell’Africa, le cui coste sono distanti solo 100 km., fu occupata nel 1405 da Jean de Bethencourt. Il nome Fuerteventura deriva forse dal fatto che il conquistatore francese esclamò “Que forte aventure!” (Che grande avventura!). Secondo un’altra ipotesi, invece, Fuerteventura significherebbe semplicemente “vento forte”. Preferisco la prima versione. Visitare l’Isola Fortunata, dove si vive beatamente in attesa che dal cielo sbarchino nuovi visitatori affamati di sole e mare, è una grande, splendida avventura che raccomando. Non è cosa di tutti i giorni udire la voce del vento carica di risonanze lontane anni luce.
www.giuseppebresciani.com

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