“Fuori da Qui” nuovo singolo estratto dal primo album degli Isofonica
Fuori da qui è l’urlo delle band metropolitane sconosciute alle radio, che suonano gratis nei locali e che gli amici smettono di andare a vedere dopo la terza volta. La maggior parte di loro non riesce neanche a realizzare il primo album e quasi tutte si fermano a questo primo traguardo.
Con “Fuori da Qui” gli Isofonica incarnano l’essenza dell’underground popolare, privo di fondi economici, di un produttore, di un manager e di un ufficio stampa. L’underground è fatto solo di musica, spesso non conosce neanche internet,
è il pubblico che posta il video di “quella band che ho sentito ieri sera”, perché chi inizia veramente dal basso, pensa solo a suonare bene.
Prima di scrivere qualcosa su questa canzone, è importante per me fare una premessa.
Conosco gli Isofonica da prima della loro formazione in quanto ho collaborato con il leader e autore del gruppo Sergio Di Giangregorio. Nonostante io abbia assistito alla nascita della maggior parte delle loro canzoni, sono rimasto colpito nel notare un aspetto di “Fuori da Qui” a cui prima non avevo pensato. Tutto è partito dal loro video, un prodotto sicuramente figlio della crisi economica, ma proprio per questo efficace.
In quelle riprese ho riconosciuto le vie della mia città, Roma, del quartiere di Colli Aniene, le stradine vicino la sala prove dove andavo a suonare e il bar dove prendevo il caffè ogni giorno solo perché mi piaceva la cameriera.
Poi ho pensato a quanto tempo Sergio ha dedicato al suo album, alle ore passate in sala a provare con i musicisti e alle interminabili sessioni in studio di registrazione. Ho ricordato la voglia di rendere il suo lavoro perfetto, ma allo stesso tempo, il desiderio di portare la sua musica fuori da quella sala e farla ascoltare nei locali, nelle piazze e magari anche in qualche radio.
Guardando il video di “Fuori da Qui” ho fatto un tuffo nel passato, trovando nella canzone di Sergio un significato per me completamente nuovo, e ho pensato a tutte quelle band che sono chiuse nelle sale prova delle città metropolitane e sognano solo di uscire fuori.
Non so’ se fosse nelle loro intenzioni, ma per me gli Isofonica, con questa canzone, sono riusciti a rappresentare il sogno di tanti musicisti, che imparano a suonare quasi per gioco, che passano ore ed ore chiusi in garage, o in salette
improvvisate con chitarre da 100 euro e l’ampli Fender a transistor. Molti di loro restano fermi in questo piccolo mondo, ma alcuni, come gli Isofonica appunto, sentono all’improvviso il bisogno di comunicare i propri pensieri con la musica, e riescono solo dopo tanta fatica, ad essere essere ascoltati.
L’underground non è bello, è una pietra grezza, che viene dal profondo delle viscere. Per questo ho apprezzato la poetica di un video poverissimo di mezzi, realizzato in maniera amatoriale, ma che esprime perfettamente quel senso di
mancanza che l’emarginazione, artistica, culturale o sociale può dare.
Si potrebbe dire che la musica degli Isofonica è un rock poetico dai suoni acidi, difficile da collocare in un genere definito o in una “casella”, ma do’ un consiglio a loro come a tutti i musicisti che leggeranno questo articolo, quando
vi verranno a dire “Suoni bene ma il problema è che non so dove inserire il tuo genere”, rispondete al produttore o presunto tale di turno “il problema vero non è il genere, ma sei te che non capisci un cazzo, perché non c’è niente di più interessante, di una musica fuori dagli schemi”
Così anche io ho voluto scrivere questo articolo fuori dai miei soliti schemi e se hai capito quello che voglio dire ne sono felice, se invece no, sinceramente, non me ne frega un cazzo.
Stefano Gallon – CEO of myPressLab.com
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