Meno morti per infarto grazie alle reti integrate di professionisti
Mortalità ormai dimezzata, gli interventi cardio-chirurgici diminuiscono del 50-60 per cento
Curare rapidamente e bene i casi più gravi, e insistere sulla prevenzione: solo così si può evitare che le malattie cardiocircolatorie conducano alla morte. E’ per questa ragione che la Regione Emilia Romagna, fin dal 2003, ha promosso e sostenuto la creazione di “reti professionali” di cura dell’infarto miocardico, secondo il modello “hub and spoke”.
«Tale modello – illustra il dott. Marcello Galvani, direttore dell’U. O. di Cardiologia dell’ospedale “Morgagni-Pierantoni” di Forlì – è basato sul concetto, ampiamento dimostrato e condiviso, che i pazienti affetti da problemi acuti e gravi vadano rapidamente indirizzati in centri specializzati, in grado di offrire il trattamento migliore per salvare la vita». Per i gravi incidenti stradali, ad esempio, la gestione dei traumi è affidata ad ospedali dotati sia di neuro-chirurgia sia di tutti i servizi necessari alla gestione di problemi complessi del traumatizzato e, nella nostra realtà, il centro di riferimento è Cesena. Nel caso dell’infarto miocardico acuto, invece, il centro di riferimento deve essere in grado di eseguire l’angioplastica coronarica 24 ore al giorno, tutti i giorni dell’anno, e deve essere dotato di un laboratorio di emodinamica che operi in totale integrazione con un’Unità di Terapia Intensiva Cardiologica in grado di fornire supporti vitali avanzati, quali ventilazione assistita, contropulsazione aortica, emodialisi, ai pazienti più gravi. «Presupposto di efficienza ed efficacia di questi servizi – aggiunge il dott. Galvani – è non solo la presenza di adeguate tecnologie, ma anche la competenza professionale di tutti gli operatori sanitari coinvolti nella rete, ovvero tanto di coloro che inviano quanto di coloro che ricevono i pazienti». La programmazione sanitaria ha da tempo individuato in una una popolazione di 300.000-600.000 abitanti il bacino di utenza in grado di garantire ai centri di riferimento un volume di attività tale da consentire i risultati clinici migliori. Di conseguenza, la Regione Emilia-Romagna ha indicato la necessità di un centro di riferimento per provincia individuando, per quella di Forlì-Cesena, Forlì. «Tanti più pazienti si trattano, tanto più bassa è la mortalità, con i costi gestionali inferiori – commenta il direttore –. Ciò a garanzia della salute del cittadino, i cui bisogni devono essere al centro dell’attenzione dei servizi sanitari. A partire dal 2005, in linea col dettato regionale, ci siamo, quindi, concentrati sul trattamento sistematico dei pazienti con infarto miocardico acuto, attraverso la costituzione del servizio di angioplastica primaria attivo 24 ore su 24 ed esteso all’intera provincia di Forlì-Cesena». I risultati sono stati immediati. «Nel giro di due anni – prosegue il dott. Galvani – è stato abbattuto il numero di pazienti che, a seguito dell’infarto, necessitano di intervento cardio-chirurgico, diminuito del 50-60 per cento, mentre la mortalità, fra 2005 e 2006, si è quasi dimezzata, scendendo al 5-6 per cento. Complessivamente, con questa tecnica abbiamo trattato più di 1.000 pazienti».
La rete professionale creata nella nostra provincia per la cura dell’infarto miocardico, dunque, si è rivelata efficace. «La chiave del successo risiede nella maggior consapevolezza del cittadino nei confronti del sintomo “dolore al petto” e dalla tempestività di diagnosi e trasporto del paziente – chiosa il dott. Galvani –. In quest’ambito, la collaborazione con i colleghi della Cardiologia di Cesena e del 118 è stata, in questi anni, costante e proficua. Non a caso, il numero di casi diagnosticati al domicilio del paziente grazie alla teletrasmissione dell’ECG è salito dal 20% a quasi il 60%. La diagnosi di infarto miocardico sul territorio consente, infatti, un trasporto rapido mediante ambulanza attrezzata, scomodo ma non rischioso, direttamente al laboratorio di emodinamica, permettendo la riapertura della coronaria almeno 30 minuti in anticipo rispetto a quando il paziente si presenta con mezzi propri al Pronto Soccorso dell’ospedale di riferimento».
«Il vero bisogno è ricevere una rapida diagnosi da parte del 118 e un altrettanto rapido invio al centro di più vicino e disponibile in quel momento – spiega il dott. Galvani –. Ad esempio, nel nostro ospedale, durante le ore diurne, sono funzionanti due sale di emodinamica, così una è sempre disponibile ad accogliere l’emergenza». Lo stesso principio si applica ai casi di infarto, circa la metà del totale, che si verificano durante le ore notturne o nei fine-settimana. «Sebbene i tempi di riapertura della coronaria siano in media di circa 10 minuti più lunghi rispetto a quando il paziente viene trattato di giorno – prosegue il direttore – i risultati dell’angioplastica sono simili, come dimostrato anche da uno studio condotto nella nostra Regione su più di 3.000 pazienti».
Tiziana Rambelli
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