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venerdì 22 dicembre 2006

Un brindisi all’amicizia con il Vinsanto di Villa S. Andrea


Ottenuto dai vitigni Malvasia, Trebbiano e San Colombano seguendo il metodo tradizionale, il Vinsanto prodotto dall’Azienda Agricola Villa S. Andrea
è il vino dell’amicizia e dell’ospitalità


Colore ambrato, profumo intenso e persistente di frutta secca, sapore vellutato, il Vinsanto toscano è il simbolo dell’ospitalità: ogni famiglia lo offre al proprio ospite, magari con i cantucci, o a fine pasto come accompagnamento a formaggio fresco.
Il Vinsanto in Toscana fa parte della tradizione ed è un vino tanto importante e carico di significato che anticamente non si acquistava, ma era ambizione farlo in casa con le proprie mani; in ogni famiglia c’era la persona addetta a tale arte, solitamente il babbo o il nonno, che lo preparava secondo la propria ricetta, conservandone gelosamente il segreto.
Oggi come allora, l’Azienda Agricola Villa S. Andrea mantiene viva la tradizione producendo un ottimo Vinsanto nel cuore del Chianti fiorentino utilizzando i vitigni Malvasia, Trebbiano e San Colombano. La sua produzione viene effettuata secondo antiche regole: al momento della vendemmia si scelgono i grappoli d’uva migliori lasciandoli appassire naturalmente su delle stuoie. Dopo un periodo di appassimento di tre mesi l’”uva santa” viene pigiata; il mosto è chiuso in caratelli (che sono costruiti in prevalenza con doghe di castagno, ma poi vi sono, e qui sta il segreto, un numero di doghe di gelso, di ciliegio o di rovere) senza aggiunta né di zucchero né di alcool, e lasciato invecchiare. Da un quintale di uva fresca si ottengono soltanto venticinque litri di Vinsanto. Anche il luogo in cui il mosto riposa è pieno di fascino: il mosto rimane almeno tre anni, senza più essere toccato, nell’apposita “Vinsantaia” per evitare di subire gli sbalzi termici delle stagioni.
Il Vinsanto tra storia e leggenda
Il Vinsanto o Vin Santo ha origini leggendarie. Le prime citazioni risalgono agli inizi del Cristianesimo, forse a voler indicare un vino particolarmente adatto al rito della Messa.
Una leggenda senese racconta che nel 1348, anno in cui si diffuse le peste, un frate domenicano distribuiva del vino agli ammalati per portar loro un po’ di sollievo, da cui la convinzione che si trattasse di un vino miracoloso, "santo".
Un’altra interpretazione riconduce la nascita del termine “Vinsanto ” al 1439, data del Concilio ecumenico indetto a Firenze da Papa Eugenio IV per riunire la Chiesa di Oriente a quella d’Occidente, separatesi a causa del grande scisma. In un convivio, organizzato dai Medici in occasione del Concilio, fu servito un vino passito che, al cardinale Bessarione, vescovo di Nicea, fece esclamare: "Ma questo è Xantos!" (per la somiglianza che questo aveva con il vino prodotto nell’isola di Xanto), trasformato poi dai presenti nell’aggettivo latino “santus”.
Un’ultima spiegazione fa invece riferimento al ciclo produttivo del Vinsanto, basato intorno alle feste religiose più importanti del calendario liturgico cristiano: alcuni spremono l’uva per i Santi, altri per Natale ed altri per Pasqua. Alcuni imbottigliano il Vinsanto in Novembre, mentre altri ad Aprile. In Trentino, ad esempio, presso il lago di Toblino, ancora oggi la tradizione vuole che l’attributo derivi dal periodo in cui, le uve appassite vengono pigiate, appunto durante la Settimana Santa.




SCHEDA VINSANTO VILLA S. ANDREA

Denominazione: Vin Santo del Chianti Classico DOC.

Vitigno: Malvasia Toscana 60%, Trebbiano Toscano 30%, San Colombano 10%.

Provenienza: zona del Chianti Classico, Toscana centrale.
I vigneti che producono questo vino si trovano su colline a 250-300 metri s.l.m. con ottima esposizione a Sud e collocati su terreni ricchi di alberese e galestro. La produzione per ceppo è molto ridotta, intorno ai 70 ql./h.

Vinificazione: le uve vengono raccolte con la massima cura, intatte, a completa maturazione e trasportate in contenitori per mantenerle nella massima integrità. Vengono poi portate in appassitoio, nel quale l'uva viene fatta appassire naturalmente su stuoie, allo scopo di ottenere una concentrazione di mosto e lo sviluppo di una reazione enzimatica, detta “infavatura”, che favorisce un ottimo appassimento dell'uva stessa.
Dopo circa tre mesi, l'uva viene prelevata, pigiata ed il mosto ricavato è messo a fermentare nei "caratelli" (botti di 100 litri costituite da castagno 40%, rovere 20%, ciliegio 20% e gelso 20%), dove si svilupperà la fermentazione seguita da un naturale affinamento nello stesso caratello. In questo periodo, che può durare da 36 a 48 mesi, il mosto svilupperà, trasformandosi in vino, tutte le caratteristiche olfattive e gustative che caratterizzano questo prodotto.

Affinamento in bottiglia: 12 mesi.

Caratteristiche organolettiche

  • Colore: ambrato, di media intensità
  • Profumo: caratteristico etereo di frutta secca, molto persistente
  • Gusto: moderatamente dolce, motto armonico, equilibrato, retrogusto molto caratteristico
  • Gradazione alcolica: 16.50% vol
  • pH: 3.80
  • Acidità totale: 6.30%
  • Temperatura servizio: temperatura ambiente (17-18°C)

Si accompagna a pasticceria secca, formaggi poco stagionati con confetture e miele.



Giovanna Manfredini
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