Mare libero o a pagamento scoppia la guerra delle spiagge
di GIOVANNI VALENTINI
E poiché in Italia tutto finisce sempre in politica, ecco profilarsi all'orizzonte un altro temporale nell'inquieto centrosinistra, sotto forma di polemica tra i Verdi, il vice-presidente del Consiglio, Francesco Rutelli, e il ministro dei Trasporti Alessandro Bianchi. Tanto che i deputati del Sole che ride, guidati dal capogruppo Angelo Bonelli, hanno predisposto addirittura un "Manuale di autodifesa del bagnante" che verrà presentato ufficialmente venerdì prossimo, 1 giugno.
All'origine della "querelle", c'è la norma contenuta nell'ultima finanziaria (art. 1 - comma 251 - legge 296/2006) che recita testualmente: "È fatto obbligo per i titolari delle concessioni di consentire il libero e gratuito accesso e transito, per il raggiungimento della battigia antistante l'area ricompressa nella concessione, anche al fine della balneazione". Il provvedimento è stato approvato dal Parlamento il 27 dicembre scorso ed è dunque legge dello Stato.
Ad accendere la miccia alla vigilia della stagione estiva, accreditando un'interpretazione restrittiva della nuova norma, è stata una circolare emessa dal Gabinetto di Rutelli in data 17 maggio, a firma del funzionario Ettore Figliolia, inviata all'Agenzia del Demanio e per conoscenza al Comune di Livorno che aveva chiesto un parere al vice-presidente del Consiglio. A cui il capogruppo dei Verdi alla Camera ha immediatamente replicato il 23 con un'interrogazione al ministro dei Trasporti e a quello dei Beni culturali, il medesimo Rutelli.
In un parere che Bonelli definisce "palesemente infondato", scritto in perfetto stile burocratese, l'Ufficio del vice-presidente del Consiglio sostiene fra l'altro quanto segue: "In considerazione delle peculiarità morfologiche della costa livornese, delle caratteristiche edificative e strutturali degli insediamenti balneari, le norme in rassegna non paiono suscettibili di essere interpretate in senso di realizzare un univoco e arbitrario vincolo a carico dei concessionari demaniali marittimi, i quali si vedrebbero obbligati a consentire il libero attraversamento del sedime in concessione per fini avulsi dal raggiungimento della battigia".
La sostanza del ragionamento, respinto categoricamente dai Verdi che considerano la battigia sinonimo di riva e di sponda, è che in pratica la costa livornese - in buona parte rocciosa e priva di arenili - non sarebbe soggetta perciò alla legge dello Stato.
Ma in realtà già a marzo, dopo un incontro con l'Ufficio di Gabinetto del vice-presidente del Consiglio in cui era emersa l'esigenza di favorire "una coerente applicazione" della nuova norma definita "di stampo liberista", il Comando generale delle capitanerie di porto aveva emanato una prima circolare quantomeno dubbia e riduttiva. Da una parte, attribuendo alla legge lo scopo di "consentire l'accesso libero e gratuito al mare ai soli fini dell'attraversamento", omettendo quindi la balneazione che invece è esplicitamente prevista nel provvedimento; dall'altra, rilevando la necessità di evitare "forme di occupazione momentanee od occasionali dell'area di battigia, anche mediante la posa di lettini, sdraio, ombrelloni od altri oggetti strumentali alla balneazione".
Nello stesso documento, il Comando generale - sottoposto al controllo del ministero dei Trasporti - avverte che i comportamenti dei bagnanti "potrebbero poi degenerare in condotte non lecite, per effetto di una fisiologica tendenza a ricavare dalla libertà di accesso alla battigia una sempre più accentuata comodità personale". Di conseguenza, la circolare si conclude in tono vagamente minaccioso invitando le Capitanerie di porto a "pianificare un'attenta, rafforzata e all'occorrenza energica azione di vigilanza".
È quanto basta, come si può capire da queste premesse, per scatenare una "guerra delle spiagge" intorno all'interpretazione e all'applicazione concreta della legge. I Verdi sostengono che questa consente a chiunque di entrare gratis in qualsiasi stabilimento, attraversarlo e raggiungere la battigia (la striscia di 5 metri tra la zona della risacca e l'arenile) per fare il bagno: magari depositando i propri indumenti e l'asciugamano sulla sabbia. Gli organi di governo, invece, ritengono che non si possa "occupare" la battigia neppure temporaneamente con oggetti ingombranti, anche per le ragioni di sicurezza stabilite dalla normativa precedente: e cioè per lasciare libero l'arenile in modo da organizzare eventuali interventi di salvataggio.
"Il mare è un diritto". "No al mare in gabbia". "Mare vostrum". Sono questi gli slogan bellicosi che campeggiano ora sul "Manuale di autodifesa del bagnante", preparato dai deputati del Sole che ride. Un vademecum che spiega ai cittadini in sandali e costume quali sono i loro diritti, suggerendo anche come comportarsi in caso di controversie e contestazioni, con tanto di modulo-tipo per segnalare o denunciare chi si rifiuta di rispettare una legge dello Stato e, naturalmente, di numero verde della Federazione dei Verdi (800.610.203).
Quale che sia l'auspicabile soluzione della vertenza, prima che le Capitanerie di porto mettano in atto la loro "energica azione di vigilanza", un fatto intanto è certo. Al contrario di quanto avviene nel resto del mondo, in Italia le spiagge sono sempre più care e meno accessibili. Eppure si tratta di concessioni pubbliche, vale a dire di terreni vincolati e protetti che lo Stato affida in gestione ai privati per offrire servizi a pagamento (cabine, bar, ristoranti, bagni), lasciando libero l'arenile.
Accade invece che, su un totale di 6.694 chilometri di coste e circa 3.500 chilometri di spiagge, almeno un migliaio di queste è occupato da stabilimenti e spesso si tratta di edifici in cemento costruiti materialmente sulla sabbia. A fronte di un canone annuo pari complessivamente a 40 milioni di euro, secondo gli ultimi dati elaborati dalla Patrimonio dello Stato Spa, si calcola che i gestori fatturano quasi due miliardi, con prezzi che ormai sono arrivati alle stelle: 15-20 euro per pagare il biglietto d'ingresso e fare il bagno; dai 1.500 ai 3.000 euro a stagione per la cabina, con un listino a parte per sedie a sdraio, lettini e ombrelloni.
"Il mare è di tutti e vogliamo riprendercelo", proclama il capogruppo dei Verdi Bonelli. E aggiunge: "Combattiamo contro norme antiquate, di stampo medievale, che hanno concesso in esclusiva alla cosiddetta imprenditoria balneare un bene comune come le spiagge, con la complicità di una certa classe politica e di troppe istituzioni distratte".
Origine: Repubblica
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