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venerdì 5 settembre 2014

In ricordo di Jacqueline Risset. La casa editrice EIR ti saluta, Jacqueline!





La prima volta che vidi Jacqueline Risset fu a un convegno su Dante organizzato dagli psicanalisti lacaniani di Parigi, fra cui erano presenti il dott. Charles Melman e la dottoressa Marie-Charlotte Cadeau.

La Risset si alzò dal pubblico per uno dei suoi interventi focosi e passionali. Il corpo proteso in avanti, come usava stare, lanciata verso gli interlocutori e con l'urgenza sulle labbra di dire quel che pensava. Ricordo che rimasi colpita dalla bellezza e dallo stile di questa donna francese, con quel suo modo di parlare così elegante, a tratti irruento…

Quel pomeriggio, ancora studentessa, non avrei mai immaginato che un giorno avrei incontrato, conosciuto e dialogato con questa raffinatissima poetessa e traduttrice, dalla spiccata sensibilità linguistica, e che ci avrebbe unito addirittura un affetto molto intenso.

Anni dopo, invece, la nostra casa editrice ha avuto l'onore di ospitarla in uno dei momenti inaugurali delle Asce, la collana dei classici inediti o dimenticati della letteratura internazionale. Eravamo all'Enoarcano, il salotto letterario vicino al Pantheon, a presentare Gelosia di Marcel Proust, tradotto in modo mirabile da Cristiana Fanelli, insieme all'altra cara amica Daria Galateria e a Giuseppe Scaraffia. Jacqueline splendida, come sempre. E sempre acuta nelle sue osservazioni critiche e letterarie.

A partire da quell'occasione, tante volte ci siamo ritrovate in salotti romani, io sempre desiderosa di comunicarle il mio grande amore per la sua scrittura, lei sempre colma di grazia e di passione.

Nel corso degli anni abbiamo continuato a condividere tante cose: fu lei la prima ad avvertirmi del successo editoriale francese del libro di Stéphane Hessel, Indignatevi! Ma arrivavo troppo tardi…

Ricordo le sue telefonate entusiaste quando uscivano le recensioni ai nostri libri sui giornali, come seguiva passo passo la nascita e la crescita di questa casa editrice di giovani appassionati e un po' bizzarri, cui si era così tanto legata.

Ricordo quando ci incontrammo a piazza Campitelli al Centro Studi Italo-francese che dirigeva e le proposi di introdurre il nostro Parigi di Victor Hugo.

Ricordo quando, dopo tanto tempo che non ci sentivamo, mi chiamava per dirmi, con quella sua voce squillante e carica di emozioni: «Mi manchi! Vediamoci presto!».

Ricordo i pomeriggi trascorsi a casa sua, a piazza Vittorio, mostrandomi i suoi lavori su Fellini, raccontandomi di Tel Quel, commentando il governo Monti, la crisi italiana ed europea, il tramonto della cultura, lo stupro dei beni pubblici nella capitale, con quella sua rabbia politica sempre infervorata e accesa sul presente, la sua ribellione...

Ricordo quante volte dicevo a lei e al marito Umberto di adottarmi, quante volte ho punzecchiato il marito con frasi come: «Ma la onori abbastanza una donna così? Beato te! Che invidia!»...

Ricordo quando cominciai a curare la rubrica culturale «Immagini di città» per Paese Sera: lei e Paolo Portoghesi furono i primi cui chiesi l'intervista.

Ricordo benissimo l'emozione durante quella intervista, di cui conservo ancora gelosamente la registrazione.

Ricordo i suoi occhi azzurri brillanti, la cena al circolo dei Parioli, le sue mise da rivista di moda ed io che le dicevo: «Come sei bella! Una lezione di stile!».

Ricordo quando le chiesi di scrivere una sua pagina in memoria di Jacques Lacan per il libro Le mie sere con Lacan. Ricordo le discussioni sul titolo e la sua generosità.

Ricordo quando, inaspettatamente, mi telefonò per dirmi che si stava preparando un Mèlange di scritti in suo onore, dopo il pensionamento dalla cattedra universitaria. Mi disse: «Cristina, voglio assolutamente che siate voi a pubblicarlo! O voi o nessuno!». E trascorse così un anno di preparazione del volume… Jacqueline veniva in casa editrice, spesso con Umberto e l'amica Marina Galletti, quanto le piaceva la nostra sede, diceva che si sentiva come a casa sua; discutevamo del libro, parlavamo della sua storia d'amore con il marito, commentavamo ogni cosa. Dopo la stampa portarono lo champagne e festeggiammo insieme la creazione di quest'opera memorabile: I pensieri dell'istante.

Ricordo come si innamorò di Miriam Capaldo, che aveva curato il libro con un amore incredibile. A me e a lei regalò due collane preziose, come gesto di gratitudine e amore caldo.

Jacqueline amava la nostra casa editrice, le persone che ne facevano parte. Ricordo quando Alessio Aringoli, il Presidente, le parlò la prima volta di Matteo Orfini. Come si entusiasmò all'idea che potesse esserci una nuova generazione di giovani a rinfrescare l'aria della politica italiana!


Jacqueline, la tua immagine e la tua persona sono stampigliate nel mio cuore.

Ti saluto con tutto l'amore che provo per te, e ti salutiamo tutti, noi della casa editrice, quella casa che tu hai amato tanto e che serberà per sempre, con somma protezione, la tua preziosa e incomparabile scrittura.


Ciao, Jacqueline!


Lascio traccia, qui sotto, di quell'intervista che realizzammo insieme.


http://www.paesesera.it/Rubriche-e-opinioni/A-piazza-Vittorio-con-Jacqueline-Risset



Ti vogliamo bene…


Cristina

e tutta la casa editrice EIR

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