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mercoledì 21 novembre 2007

Il web trasforma il mercato: con la "lunga coda" vince la nicchia

Chris Anderson, direttore di Wired, e teorico della Long Tail: "Il futuro è vendere una minor quantità di un maggior numero di beni".


 Il web sta trasformando il mercato Con la MILANO - "Viviamo in un'epoca in cui ogni consumatore ha un megafono. Molti lo stanno usando. E le aziende farebbero meglio ad ascoltare". Chris Anderson, direttore di Wired - mensile americano di riferimento per la tecnologia - non ha dubbi. E, sbarcato a Milano, sale sul palco per sciorinare un concentrato dei concetti alla base del libro che lo ha reso celebre a livello globale: "The long tail. Why the future of business is selling less of more" (La coda lunga, perché il futuro dell'economia è vendere una minor quantità di un maggior numero di beni). Destinato presto a essere seguito da un secondo e altrettanto eversivo volume: "Gratis". Di nome e di fatto visto che - oltre a cercare di spiegare perché in alcuni casi il prezzo migliore cui vendere i propri prodotti sia zero - il saggio sarà scaricabile gratuitamente da internet.

L'economia classica - osserva Anderson - è basata sul concetto di scarsità. Da essa tradizionalmente dipende il meccanismo dei prezzi, la definizione del mercato come luogo definito dai vincoli geografici, l'idea che il successo stia nel riuscire a disporre dei 20 prodotti che soddisfano l'80 per cento degli utenti. "Bene", dice Chris, "scordatevelo. Tutto questo appartiene al ventesimo secolo. Si è aperta l'epoca dell'economia dell'abbondanza, in cui i prodotti di massa sono destinati a contare sempre di meno, a beneficio delle nicchie. Un sistema in cui il passaparola vale più degli spot televisivi".

Anderson è autore dal pensiero laterale e dal curriculum eclettico: pony express e musicista punk fino a 27 anni, poi laureato in fisica, quindi corrispondente dell'Economist per sette anni da New York e Hong Kong, infine profeta della coda lunga. A Milano per un dibattito organizzato dall'associazione no profit "The ruling companies", al quale hanno partecipato anche il sociologo Giampaolo Fabris e il ministro delle comunicazioni Paolo Gentiloni, Anderson ha spiegato come internet abbia scardinato i modelli economici del passato, e costringa tutte le industrie, a cominciare dai media, a ripensare se stesse. Con un effetto che sta trasformando la società digitale.

La rete offre per la prima volta un mercato sostanzialmente globale nel tempo e nello spazio, in cui non ci sono vincoli di distribuzione e gli scaffali del magazzino sono virtualmente infiniti. Fino a qualche anno fa i negozi di dischi più forniti potevano avere fino a 55mila canzoni e vendevano soprattutto le hit della top-ten. Oggi quelli online propongono 3 milioni di titoli. Le videoteche migliori disponevano di 4mila film, in rete se ne trovano 65mila. Idem le librerie, Amazon in testa. "E lo stesso capita per i beni fisici come le scarpe", ha sottolineato il giornalista, citando l'esempio di Zappos, "negozio online che ne vende 750mila modelli diversi". Perché nell'economia dell'abbondanza non bisogna più limitarsi a produrre i pochi beni di massa che possono essere comun denominatore per tutti i consumatori (la parte iniziale della funzione di distribuzione statistica nota come curva di Pareto), ma ci si può concentrare sulla coda, la long tail, che offre un mercato di dimensioni più grandi, fatto di infinite piccole diverse comunità di clienti. "Un concetto che voi italiani dovreste conoscere bene", ha ricordato Anderson, "vista la vostra capacità di emergere nelle produzioni artigianali di eccellenza come il cibo e la moda".

Le aziende tradizionali hanno già iniziato a giocare con la long tail: Nike, moloch Usa del prodotto di massa nel settore delle scarpe sportive, si è comprata Converse, simbolo della produzione di nicchia politically correct, e si guarda bene dal farlo sapere ai propri consumatori; Starbucks vende decine di tipologie di caffè diversi; Vogue, la cui mitica direttrice Anna Wintour (ricordate "Il diavolo veste Prada"?) orienta i gusti decidendo con un anno e mezzo d'anticipo quali sono i colori che ci piaceranno, al tempo stesso promuove online "Lipstick", un sito di user generated fashion, in cui sono gli utenti a scambiarsi consigli su come vestirsi e dritte sulle tendenze.

Perché l'economia dell'abbondanza è anche quella in cui conta la fiducia, e in rete - soprattutto i più giovani - si fidano più del parere dei loro coetanei che dei grandi media, tradizionali agenzie del consenso. Più internet si espande, più crescono i nodi/utenti che ne fanno parte, più aumenta la micro-conoscenza diffusa a disposizione, e con essa il valore del sistema.

Anzi - ha osservato Anderson - se nel mercato della fiducia la moneta coniata da Google sono i link, ovvero le raccomandazioni che fanno crescere l'autorevolezza di un sito e dunque la sua visibilità tra i risultati della ricerca, "molti blog, da Instapundit a Daily Kos, da Boing Boing a Scobleizer nelle materie di cui si occupano sono già più autorevoli di numerosi mass-media generalisti. Nell'economia disintermediata, il passaparola della conversazione tra utenti conta più dell'informazione istituzionale e del marketing".

Il ministro Gentiloni ha rinnovato il proprio impegno perché in Italia siano superati gli ostacoli che ancora impediscono un accesso generale alla rete. Ma nessun governo può garantire che i nuovi intermediari dell'abbondanza come Google, Microsoft, Yahoo, Myspace, Facebook, siano al tempo stesso giocatori e arbitri imparziali. Sono queste le banche centrali della nuova valuta del sistema, costituita dalla visibilità tra le mille nicchie: "Il tuo brand non è la definizione che ne dai tu, ma quella che gli attribuisce Google", ha lucidamente affermato Chris Anderson. Tuttavia, a chi dall'uditorio gli ha domandato "Come facciamo a essere sicuri che questi nuovi intermediari della disintermediazione creino un sistema davvero democratico e corretto?", Mr. Anderson non ha potuto che replicare, stavolta con minore efficacia: "Sono ottimista di natura". E d'altra parte, da rockettari punk trasformati in autori di fama globale, non lo sareste anche voi?


Origine: Repubblica

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