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venerdì 30 novembre 2007

NoLogo: Cosa crediamo di sapere

NoLogo/ Cosa crediamo di sapere


Milano, venerdì 30 novembre 2007 - Tutto: ognuno di noi è convinto di sapere tutto e in effetti sa tutto quello che sa. Non c'è peggior cretino di chi è convinto di aver già capito tutto e di non aver più niente da imparare, soprattutto in una situazione di asimmetria dell'informazione, quando cioè una parte ha molti, ma molti più dati dell'altra, per esempio sul contesto o sui comportamenti reali (decidete voi da che parte sta un'azienda e da che parte il cliente).

Una classica situazione in cui ci sono persone convinte di essere molto, ma molto più furbe degli altri è quando scegliamo cosa comprare.
Avete presente, no? Quelle persone che hanno sempre le idee molto chiare sull'idiozia di chi spende troppo per oggetti inutili, di chi si lascia fregare dall'odiata pubblicità, dalle mode, dall'imitazione di modelli chiaramente fasulli. Quelle persone che odiano qualunque forma di pubblicità e che sono ben liete di informarti estesamente su quanto loro siano di fatto impermeabili a qualunque condizionamento. Quelle persone che quasi sempre ignorano che la pubblicità è solo una delle componenti del marketing e che se sono sensibili - per esempio - a un'offerta speciale stanno cedendo a una delle altre (il prezzo).

Le "leve"del marketing sono 4: pubblicità, prezzo, prodotto e distribuzione. Chi può dirsi davvero libero dalle lusinghe del marketing, quando non puoi che comprare quello che trovi in commercio? Ecco, una brutta notizia. Se vivi una vita normale in un paese del Primo Mondo non puoi essere impermeabile al marketing, a meno che tu non viva producendo le merci che consumi (in quel caso, complimenti, ma non vivi una vita normale, e comunque le materie prime devi procurartele). Ma anche una buona notizia. Non tutti i condizionamenti vengono per nuocere, anzi, in alcuni casi, e sempre più spesso, il marketing potrebbe addirittura semplificarci la vita. Non certo perché le aziende si stanno trasformando in associazioni di volontariato, ma perché con l'aumento della libera circolazione delle opinioni in rete le aziende stanno cominciando a capire che se vogliono rimanere sul mercato più che sedurre e manipolare devono informare e aiutare. Quando il supermercato non ha limiti di scaffali la libertà di scelta aumenta esponenzialmente, ma aumenta anche l'onere e la complessità. Se vedete ancora in giro troppi banner idioti e troppe poche iniziative interessanti è perché tra il capire e il cambiare possono passare decenni: voi siete veloci, le aziende sono lente.

In rete - lo sappiamo tutti - chiunque può esprimersi liberamente. Anche i brand. Dopo un secolo di slogan fanno un po' fatica a parlare in modo comprensibile, ma ci stanno provando.
Alle 4 P stanno faticosamente cercando di aggiungerne una quinta, la P di Persona, cioè tu.
Rivelatore, vero? Prima non c'eravamo.

Mafe de Baggis
Maestrini per Caso

(*) - M.d.B. da una decina d'anni progetta ambienti di community che possano ospitare iniziative di marketing interessanti anche per le persone che li frequentano (vedi per esempio http://grazia.blog.it, www.style.it, http://club.105.net)


origine: http://punto-informatico.it/p.aspx?id=2129250

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