invio delle riflessioni sul disagio psicologico diffuso all'interno
delle istituzioni e delle organizzazioni lavorative.
Le morti bianche non sono solo fisiche, ma anche psicologiche.
Nell'ambito delle organizzazioni lavorative si instaurano procedure
relazionali di mobbing, di ricatto morale, di dinamiche seduttive e
molestie psicologiche latenti di depersonalizzazione che portano ad
una tensione fisico emotiva lacerante negli individui, ad una morte
psicologica delle potenzialità operative a livello di processi
relazionali di tipo informale, inconscio e irrazionale, in zone
d'ombra latenti orientate a necessità emotive...
LE ORGANIZZAZIONI E L'INCONSCIO.
I problemi del lavoro
di LAURA TUSSI
Le morti bianche non sono solo fisiche, ma anche psicologiche.
Nell'ambito delle organizzazioni lavorative si instaurano procedure
relazionali di mobbing, disagio psicologico diffuso all'interno delle
istituzioni, di ricatto morale, di dinamiche seduttive e molestie
psicologiche latenti di depersonalizzazione che conducono il personale
ad una morte psicologica delle potenzialità operative e ad un
appiattimento conscio e inconscio delle abilità sociali che portano ad
una tensione fisico emotiva lacerante negli individui, a livello di
processi relazionali di tipo informale, inconscio e irrazionale, in
zone d'ombra latenti orientate a necessità emotive.
Coesistono diverse teorie inerenti la consulenza organizzativa e di
gestione, per far fronte a tali rischi di dinamiche conflittuali.
Molti processi che creano difficoltà organizzative sono di natura inconscia.
Il lavoro nella nostra società coincide con l'identità personale e
professionale e con l'appartenenza alle organizzazioni, fattori che,
da un punto di vista inconscio, consistono nell'essere
istituzionalizzati. A livello conscio, il lavoro ha una funzione
operativa, in cui ogni cambiamento risulta collegato all'ansia e alle
resistenze da essa causate. Bion sostiene che, spesso all'interno
delle organizzazioni, l'ansia di non sapere coincide con la paura di
essere sopraffatti.
Freud in "Totem e Tabù" indica un'ansia primitiva nel destino
dell'umanità per la paura dell'ignoto che si esplicita secondo Bion
nella regressione dell'adulto in meccanismi infantili.
Bowlby sostiene che l'ansia da separazione permea le attuali
organizzazioni lavorative con una funzione associativo-difensiva, come
nelle primitive tribù.
Nelle organizzazioni lavorative risulta presente un'ansia personale
per cui elementi dell'esperienza individuale passata, consci e
inconsci, riemergono nel mondo psichico interiore e scaturiscono a
causa di conflitti nell'ambito lavorativo a cui può apportare notevole
contributo la pratica psicanalitica.
Winnicott sostiene che nell'ambito delle organizzazioni lavorative
deve essere condiviso un ambiente facilitante come spazio
transizionale.
La Klein attribuisce valore ai fattori di scissione e identificazione
proiettiva nello studio dei gruppi e delle istituzioni in cui le
posizioni depressiva e schizo-paranoide permettono di misurare le
istanze di cambiamento tramite l'attività consulenziale, dove il
conflitto intrapsichico o intraistituzionale risulta parallelo a
quello interpersonale e interistituzionale, al fine di comprendere
come emergono i processi istituzionali inconsci e latenti.
Tutte le diverse tipologie di relazione nelle organizzazioni
lavorative presentano "zone d'ombra" in quanto si evolvono tramite
processi relazionali di tipo informale, inconscio e irrazionale.
Il modello Tavistock studia il funzionamento delle istituzioni umane
attraverso matrici teoriche che spaziano dalla teoria psicanalitica di
Bion e Menzies, alla teoria dei sistemi aperti, entrambe finalizzate
all'aiuto consulenziale per le organizzazioni lavorative in
difficoltà. Questo modello teorico presenta un valore euristico di
ricerca, formazione, diagnosi e consulenza, aspetti che confluiscono
in una teoria clinica dell'organizzazione tramite un apprendimento di
tipo esperienziale. Il modello Tavistock presenta due anime una
clinico-psicologica e una socio-aziendale. L'approccio sistemico
psicodinamico prevede l'analisi delle organizzazioni come sistemi
complessi nell'interscambio con l'ambiente circostante, nell'ambito
della concezione sistemica delle organizzazioni che ha per modello
ideale l'organismo unicellulare con la membrana interno e esterno che
si configura come confine permeabile. Nell'ambito dei sistemi
lavorativi coesistono due tipologie di organizzazione: una tipologia
visibile, quindi razionale, coerente e orientata a un compito e una
matrice nascosta, ossia irrazionale, orientata a necessità emotive e
con reazioni emozionali che influenzano le interrelazioni e la
produttività del sistema, in dinamiche psicologiche latenti di
depersonalizzazione e mobbing. Dunque risulta necessario che il
manager coltivi competenze emotive, in quanto l'efficienza
dell'organizzazione dipende dalla capacità di gestire l'ansia al
proprio interno. I fondamenti del paradigma di Tavistock si basano su
studiosi come la Klein, Winnicott, Bion con la teoria del
comportamento, Palmer, Jacques e Menzies con la teoria dei sistemi
sociali e le difese dell'ansia e Rice e Miller con la concezione
sistemica di confine.
Lewin e Von Bertalanffy considerano l'organizzazione come un sistema
aperto che prevede un confine con delle transazioni.
Freud nel 1921 con "Psicologia delle masse e analisi dell'io" sostiene
che il leader si sostituisce all'ideale dell'io, per cui la massa
delega al capo la funzione di guida e la capacità di pensare.
All'interno dell'organizzazione lavorativa, il portavoce dell'ansia
diventa il capro espiatorio che rende manifeste le resistenze di
natura istituzionale presenti in forma latente nelle organizzazioni e
nelle persone che vi partecipano. Il manager deve gestire i portavoce
dell'ansia senza espellerli e trasformarli in capro espiatorio, in
modo da governare ogni tipologia di cambiamento e ogni forma
relazionale di tipo ansiogeno. Il metodo Tavistock presenta modalità
di ricerca e azione, incitando nelle persone la consapevolezza nella
natura dei problemi, evidenziando i punti di forza e i punti deboli
tramite un esame della realtà circostante, modello che in precedenza
era sostituito dall'approccio centrato sul cliente e sul prodotto, per
ottenere il successo organizzativo. Il modello Tavistock si basa
sull'ascolto finalizzato alla comprensione dei bisogni in una
ridefinizione complessiva di tipo umanistico dell'organizzazione, che
deve implicare un capo, un manager, con competenze emotive e che
sappia gestire il complesso emotivo, la complessità delle sensibilità
attraverso la capacità di gestire le emozioni, tramite l'emotional
labor, dove emozione e ragione sono compresenti e interdipendenti in
una prospettiva sociocostruttivista che considera gli elementi emotivi
nella sfera lavorativa e in una prospettiva psicodinamica che vede le
organizzazioni come pazienti bisognosi, con sentimenti inconsci e
meccanismi difensivi che ricadono sul funzionamento organizzativo.
Domagalsky non propone l'utilizzo di analisi quantitative, ma
qualitative come per esempio l'analisi delle storie di vita, la
stesura di diari e la valutazione soggettiva di filmati, disegni e
fotografie. Goleman propone un approccio motivazionista basato sulle
social skills e la valorizzazione dell'intelligenza emotiva in un
quadro concettuale e di matrice neuropsicologica incentrata
sull'autoconsapevolezza, l'autoregolazione, l'automotivazione, dove le
emozioni sono orientate ad un fine, tramite l'empatia e l'arte delle
relazioni umane dove si richiedono competenze e abilità sociali nel
gestire le emozioni altrui.
Cooper vede le emozioni come potente fonte di energia, autenticità e
spinta motivazionale, secondo un approccio psicodinamico che affronta
varie questioni emotive, come il ruolo dell'invidia, le relazioni
incentrate sul cambiamento, la perdita, il lutto, l'angoscia di
separazione e l'alessitimia, ossia l'analfabetismo emozionale,
l'incapacità di esprimere le proprie emozioni.
Kets de Vries ribadisce la necessità del mondo aziendale di
riconoscere l'importanza delle emozioni tramite l'apprendimento
dall'esperienza, nelle learning organizations, secondo il modello
Tavistock, che differiscono dalle organizzazioni narcisistiche, ossia
troppo ripiegate su se stesse, senza interazioni esterne. Gli stati
emotivi ansiogeni generati dal lavoro, consistono nelle ansie sociali
di base, dove il lavoro implica il bisogno di identità ed
appartenenza, l'ansia di decidere e di sbagliare, di perdere il
lavoro, l'ansia di cambiamento, le paure legate al gruppo, ai
colleghi, ai superiori. Sussistono anche tipologie ansiogene collegate
specificamente al lavoro, come l'ansia per i lavori pericolosi, per i
conflitti tra lavoro e vita privata, le ansie per la complessità e le
diversità che si prospettano e per i difetti presenti
nell'organizzazione lavorativa, dove la leadership può essere
tirannica, latitante ed esautorata. Un'altra tipologia di forme
ansiogene risulta collegata alla persona, come le ansie legate alla
storia ed alla struttura personale dell'individuo che potenzialmente
possono sfociare in patologie nevrotiche o caratteriali, presentando
forme di angoscia di natura fobica, ossessivo-compulsiva, depressiva o
paranoide con fonti esogene di ansia. Le angosce depressive e
persecutorie costituiscono difese sociali tramite meccanismi psichici
di isolamento, spersonalizzazione, distacco e di negazione dei
sentimenti, ritualizzazione dei comportamenti e ossessività, delega
dei compiti personali e resistenza ai cambiamenti. Infatti, Bion
sostiene che gli apparati ecclesiastici e statali, la scuola e
l'esercito costituiscono sistemi sociali finalizzati alla gestione
dell'ansia.
Supervisioni istituzionali e consulenze organizzative
Nell'ambito delle organizzazioni lavorative i problemi dell'operatore
e del consulente si manifestano nell'ansia per il controllo
dell'organizzazione e del cliente, tramite fenomeni di manipolazione,
di seduzione e di controtransfert. Il compito della consulenza
consiste nel mettere in grado il personale interno all'organizzazione
di svolgere il lavoro con efficienza ed efficacia, sviluppando le
proprie potenzialità ed abilità. Di conseguenza il consulente
supervisore deve riqualificare il personale, risolvere problemi e
conflitti interni dovuti anche al cambiamento e supportare lo staff di
lavoro. Il consulente deve comprendere e capire le problematiche di
crisi nell'organizzazione e formulare una diagnosi organizzativa dove
sia presente una supervisione istituzionale, nell'ambito dei servizi
alla persona, mentre nell'azienda sia compresente e collaborativo il
consulente tramite le pratiche di coaching, mentoring e tutoring.
Kernberg e Jacques intravedono negli ambiti lavorativi una situazione
di paranoiagenesi, ossia di regressione nel funzionamento
organizzativo, tra polarità antisociali o psicopatiche e
autodenigratorie o depressive. Kets de Vries, come Bion, analizzano un
funzionamento paranoide nell'attacco e fuga, dove il leader viene
considerato il capo che è contro il nemico e porta il gruppo in salvo.
Dunque la consulenza interviene sull'ansia, nel clima emozionale e nei
processi del gruppo, sulla rivalità, nell'alternanza tra equilibrio
narcisistico e onnipotenza, e sull'invidia, portatrice di sentimenti
di inferiorità.
Le radici e emozionali della leadership
La leadership equivale all'io nella vita mentale dell'individuo ed è
orientata alla gestione dell'identità individuale, il sé e
l'appartenenza, alla regolazione e al controllo, al rapporto con le
realtà esterne, alla relazione interpersonale, ai bisogni pulsionali,
al contenimento dell'ansia nel cambiamento. Il rapporto con il
leader-capo presenta la conflittualità edipica del parricidio, come
sostiene Freud nel 1921 nel saggio "Psicologia delle masse e analisi
dell'io". Il leader narcisista è incapace di elaborare critiche e
dissensi, manifestando un forte bisogno di approvazione e evidenziando
allessitimia, ossia l'incapacità di descrivere le proprie sensazioni,
i sentimenti e le emozioni. Le caratteristiche positive della funzione
leader consistono nell'influenza sul personale, coerenza, integrità,
capacità di comunicazione e gestione delle relazioni. Le funzioni del
leader consistono nelle fasi dello stretching per il cambiamento e i
risultati, dell'empowerring, promuovendo lo sviluppo delle persone,
del coaching, ossia l'ascolto attivo per realizzare valori e lo
sharing, ossia scambiare informazioni e conoscenza. La leadership
carismatica differisce da quella tradizionale e burocratica,
presentando rischi di estremismo ideologico, di carisma orientato a
scopi distruttivi, con fenomeni di paternalismo, conservatorismo e
isolamento, in cui la successione risulta impossibile. La leadership
deve presentare qualità come la capacità negativa di Bion, ossia la
propensione nel sopportare l'incertezza, nell'accettare le diversità
tramite il dialogo, la flessibilità, nel contenere il conflitto e
sostenere il cambiamento. Le persone costituiscono un patrimonio e una
vivace risorsa all'interno delle organizzazioni, ma troppo spesso si
ingenera indifferenza per le risorse umane. Questo diventa
complessivamente un problema sociale. Il counseling è una pratica che
deve entrare a far parte della vita organizzativa, quale insieme di
tecniche, abilità e atteggiamenti volti ad aiutare le persone,
utilizzando e impiegando le loro risorse personali, e addirittura con
la possibilità di miglioramento attivo, di giovamento nelle
prestazioni e potenziamento delle abilità professionali, per un
miglioramento della produzione.
La prima fase del counseling consiste nel comprendere, capire e
definire il problema tramite un ascolto attivo, ossia una tecnica
dialettica, che sembra un paradosso, perché l'ascolto diventa
dialogico e il soggetto deve disporsi ad accettare l'aiuto. Nel
secondo momento del counseling il counselor deve porsi in un
atteggiamento di stimolo, ridefinendo il problema, incentivando un
cambiamento nel modo di pensare, provocando un cambiamento di
prospettiva, nell'aprirsi al colloquio e a nuove alternative.
La fase terza è volta alla mobilitazione di risorse nella gestione di
problemi, tramite decisioni e scelte alternative e opzioni di
reperimento e mobilitazione di risorse. Nell'ambito
dell'organizzazione lavorativa, tutti sono bisognosi di aiuto per
risolvere i problemi e tutti i componenti dell'organizzazione sono
potenziali counselors. All'interno del percorso di counseling è
applicato l'ascolto attivo con risposte da parte del counselor di
tipologia indagatoria, interpretativa, valutativa e di sostegno, come
suoni d'assenso e domande aperte. L'ascolto non risulta un processo
passivo, ma empatico dove è possibile comunicare che si è compreso.
All'interno del processo di counseling è importante il rispetto, quale
atteggiamento di apertura mentale con opzioni aperte, non subito
conclusive. Infatti le altre persone sono degne di essere ascoltate.
Secondo Rogers gli aspetti fondamentali nel percorso di counseling
sono la considerazione, l'accettazione e il rispetto, ossia la
riservatezza nel non influenzare i clienti, senza creare dipendenza e
invece incitare alla responsabilità. Importante è l'autenticità per
cui il counselor resta nel suo ruolo con tolleranza, conoscenza di sé,
discrezione, interesse per gli altri, restando libero dal bisogno di
perfezione nella relazione. Le tecniche della prima fase del processo
di counseling comprendono l'utilizzo dell'ascolto attivo, nel
riflettere con parafrasi e riassunti, facendo eco per ampliare il
detto, collegando i vari sentimenti che emergono dal discorso e
controllare, chiarire, riassumere, riepilogare e incoraggiare, anche
chiedendo esempi. Nella seconda fase risulta necessario cambiare
l'immagine della situazione, attraverso un'empatia avanzata che
comprende il secondo livello dell'ascolto attivo, ossia carpire e
comprendere i sentimenti inespressi, le contraddizioni e le
discrepanze. Il secondo livello d'ascolto consiste nel disegnare
un'immagine del discorso, per rendere esplicito l'implicito,
rappresentare in immagini le idee, gli argomenti, le conclusioni,
comunicando la comprensione, con la possibilità di disegnare tramite
l'intuizione figure e metafore del discorso, concludendo con un
riepilogo finale, ossia il collegamento tra la prima e la seconda fase
che consiste nella rielaborazione dei vari punti, nel confronto
empatico. La terza fase del processo di counseling prevede la
mobilitazione delle risorse, nel dare un servizio, nell'indicare
riferimenti esterni. Dunque il counselor diventa attivo e proattivo
per cui il cliente riesce a risolvere il problema mettendo a frutto le
risorse personali. Infatti il counselor insegna al cliente il metodo
per risolvere il problema in un percorso volto alla soluzione tramite
le risorse personali e l'assistenza. Secondo Rogers la filosofia
centrata sul cliente o non direttiva prevede un ascolto attivo, non
giudicante, l'accoglienza del cliente e l'incitamento a raccontare la
sua storia. Il career counselor stabilisce una rete di contatti nel
redundancy counseling con contatti formali e informali esterni,
rispetto ad enti, associazioni e strutture sociali che possano aiutare
e sostenere la persona.
Il counseling nelle relazioni d'aiuto
Heron individua delle strategie d'aiuto. Una strategia prescrittiva
per dirigere il comportamento; informativa per raccogliere
informazioni; confrontaativa in cui vengono messe in discussione le
attitudini limitanti; catartica tramite liberazioni emotive. La
strategia catalitica abitua la persona alla riflessione e attribuisce
una direzione. La strategia sostitutiva mette in azione reciproche
strutture di supporto. Rogers sostiene che l'agevolazione e la
facilitazione non sono attività professionali, ma un modo di essere
con l'altra persona, con tratti base della relazione di facilitazione,
quali l'empatia, il calore e la genuinità. L'empatia è la condizione
di immaginare se stessi come un'altra persona nel condividere idee e
sensazioni, quindi nello sperimentare il mondo di un altro come
proprio. Dunque occorre sviluppare l'empatia nel parafrasare il
discorso altrui e nel comprendere, immaginando le esperienze che
vengono descritte e la biografia dell'altro e fornendo un nutrito
vocabolario che definisca le varie tipologie di emozioni, sentimenti e
stati d'animo. Il calore umano coincide con il rispetto della persona
per la sua unicità e individualità, in quanto la persona cerca aiuto,
comprensione, accettazione, in una comunicazione aperta, sincera e
genuina.
Carkhuff individua altri tratti base dell'agevolazione, come la
concretezza per cui la persona in bisogno deve descrivere l'esatto
significato della situazione. Con l'immediatezza il counselor cerca di
enucleare la relazione immediata nel "qui ed ora", incoraggia la
persona ad essere onesta con se stessa e a riflettere in merito ai
propri pensieri e alle personali emozioni. Il confronto permette di
evidenziare le discordanze tra counselor e cliente, evidenziando il
disaccordo tra il sé reale e il sé ideale. I counselor facilitatori
devono possedere qualità che interagiscono con le decisioni della
persona bisognosa d'aiuto. Tramite la competenza, la persona in
bisogno deve essere sicura che sia compresa dal facilitatore, che deve
assumere un comportamento estremamente etico, come non usare
informazioni per sminuire la persona, non informare terzi senza il
permesso della persona, mantenendo un alto livello di riservatezza.
Il facilitatore deve stabilire la chiarezza del contratto, ossia
decidere con il cliente quanto dura la relazione d'aiuto, in ogni
seduta e individuarne le finalità precise, agevolando l'autosostegno,
nell'aiutare la persona in bisogno a fronteggiare i problemi con
ulteriori informazioni al fine di aumentare il bagaglio di risorse
della persona stessa. Secondo Lazarus il fronteggiare è parte del
processo di interazione con l'ambiente sociale. La "dislocazione del
fronteggiare" consiste nella ricerca di un rifugio psicologico
nell'alcol e nelle droghe. Wolfe individua la crisi nel dolore fisico
e psicologico, nel panico e nell'inefficienza. Schwartz stabilisce un
modello per il facilitatore, alla fine di affrontare la crisi, come
nel promuovere l'obiettività all'interno del dialogo, agevolando il
pensiero razionale, la valutazione dei progressi e scoraggiando ogni
tipologia di proiezione, aiutandosi con la competenza di reti sociali.
Infatti i doveri del facilitatore consistono nel ristabilire
l'autostima della persona, promuovere l'obiettività del pensiero,
individuare la personale responsabilità nella creazione del problema,
ponendo obiettivi e incoraggiando al cambiamento. Secondo gli studi di
Ellis alcuni modi di pensare e alcune credenze stratificate creano
angoscia nelle persone, spesso di natura irrazionale. Dunque
l'agevolatore può intaccare le credenze sedimentate della persona in
bisogno. Secondo Ellis sussistono due modalità con cui la gente valuta
se stessa: con apprezzamenti razionali, quali l'accettazione delle
ambiguità, la flessibilità, l'accettazione di verifiche negative e con
apprezzamenti e condizioni irrazionali che prevalgono in coloro che
provano angoscia, quali il percepire sempre gli eventi come
catastrofici e negativi, avvertire l'infelicità come causata sempre da
eventi esterni, il bisogno di qualcosa di più forte in cui avere
fiducia e lo scarso controllo sulle proprie emozioni. Ellis vuole fare
capire che non sono gli eventi o gli altri a produrre angoscia, ma la
modalità in cui noi soggetti avvertiamo e pensiamo e consideriamo gli
eventi esterni e gli altri. Nell'ambito di questo approccio mentale ed
emotivo, occorre promuovere un pensiero razionale, mettendo in
discussione i convincimenti irrazionali.
Laura Tussi
A presto
laura tussi
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Redazione del CorrieredelWeb.it
www.CorrieredelWeb.it
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