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giovedì 11 giugno 2009

Contro il Razzismo


Cara Amica, Caro Amico,

NON AVER PAURA, APRITI AGLI ALTRI, APRI AI DIRITTI.

Campagna nazionale contro il razzismo, l'indifferenza e la paura dell'Altro.

www.nonaverpaura.org

La campagna è promossa da:

Acli, Alto Commissariato delle Nazioni Unite contro i Rifugiati, Amnesty International, Antigone, Arci, Asgi, Cantieri Sociali, Caritas Italiana, Centro Astalli, Cgil, Cir, Cisl, Cnca, Comunità di Sant'Egidio, Csvnet, Emmaus Italia, Federazione Chiese Evangeliche in Italia, Federazione Rom e Sinti, FioPsd, Gruppo Abele, Libera, ReteG2 Seconde Generazioni, Save the Children, Sei-Ugl, Terra del Fuoco, Uil

…CONTRO IL RAZZISMO, L'INDIFFERENZA E LA PAURA DELL'ALTRO.

Oltre i Confini…

di Laura Tussi

Le persone di origine straniera, che vivono attualmente in Italia, sono lavoratrici e lavoratori che favoriscono il benessere e il progresso del Paese e si inseriscono e si integrano nel contesto sociale e nelle comunità.

Queste persone sono spesso vittime di pregiudizio, discriminazione e vengono usate come capri espiatori da parte di manovre razziste e xenofobe, attraverso campagne di criminalizzazione, colpevolizzazione e diffusione di informazioni che non corrispondono alla realtà degli eventi, soprattutto quando si accentuano il disagio sociale e l' insicurezza economica.

I riferimenti cardine della nostra civiltà sono distorti e rischiano di degenerare a causa dell'aumento di episodi di intolleranza e di violenza razzista, che violano i principi fondamentali della Carta Costituzionale Democratica e della Dichiarazione Universale dei Diritti Umani, per cui tutti gli esseri umani nascono liberi e uguali in dignità e diritti e costituiscono la base valoriale di ogni moderna democrazia, oltre i confini, gli stereotipi e i pregiudizi, senza distinzione di nazionalità, colore della pelle, sesso, religione, lingua, opinione politica, origine, condizioni economiche e sociali, nascita e altro.

Le società e le comunità che si chiudono in se stesse, nella paura dello straniero e delle differenze, precludono la propria libertà, minano la democrazia interna e la realizzazione di un futuro fondato sulla giustizia, la libertà, l'uguaglianza di diritti, nella valorizzazione delle diversità sociali e individuali implicite in ogni essere umano e costituenti la ricchezza valoriale del tessuto sociocomunitario.

[1]Occorre partire dal pregiudizio, originato da problematiche identitarie, per contrastare i razzismi.

I progetti educativi, contro il pregiudizio e la discriminazione, devono investire la struttura della personalità, la cultura, le esperienze e soprattutto il significato attribuito ad eventi, atteggiamenti e comportamenti.

La tendenza a sottomettersi all'autorità è indice di obbedienza passiva a ordini, che possono entrare in contrasto con la coscienza morale.

L'abitudine ad obbedire a superiori gerarchici e attribuire le responsabilità agli ordini dell'autorità sono atteggiamenti che inducono a pensare quanto risulti necessario interrogarsi sul rischio del conformismo passivo attuale, favorito da manovre di consenso attraverso i mezzi di comunicazione di massa.

Si avverte l'esigenza di affiancare alla tradizionale educazione morale, intesa come comprensione di regole etiche e civili, la partecipazione personale e l'importanza della cooperazione e della condivisione nelle reciprocità relazionali.

L'apertura alla relazione comporta sempre un conflitto tra gli interessi personali e la responsabilità nei confronti dell'Altro, dove il soggetto assume un obbligo nei confronti altrui, in una concezione della responsabilità essenzialmente relazionale.

Il sistema mediatico, pur nelle distorsioni e deformazioni, svolge il ruolo essenziale di rendere tutti partecipi delle sofferenze altrui.

Il problema delle molteplici immagini di sofferenza è la distanza psicologica e morale.

Mentre il sistema mediatico consuma rapidamente l'attenzione dello spettatore e passa velocemente ad altro, per soddisfare i suoi meccanismi interni ed egoistici, le persone possono comunque mantenere una preoccupazione per l'Altro, anche di fronte alla ripetitività del dolore.

Una guerra, l'ingiustizia sociale, il razzismo, la fame pongono ogni persona di fronte a un senso di impotenza, attraverso le immagini televisive, ma ognuno è chiamato ad intervenire attivamente e responsabilmente.

Queste problematiche comportano la centralità dell'educazione contro l' islamofobia, l'antisemitismo e il razzismo in generale, nei suoi molteplici aspetti, nella misura in cui proprio la distanza dall'Altro favorisce la sua estraniazione.

La risposta alla disumanizzazione consiste dunque nel creare vicinanza e prossimità nei confronti dell'Altro.

La prossimità esige di riconoscere l'altro da sé, come prossimo, non più distante e indifferente, ma persona dalla comune umanità, che esige aiuto e in cui riconoscersi.

Per passare dall'indifferenza all'impegno risulta necessario che l'Altro, da assente e invisibile, diventi fonte di obbligo morale, in cui si crei un'empatia relazionale fra i soggetti.

L'empatia consiste nella dimensione di comunione reciproca del sentire insieme all'Altro, che permetta una condivisione e una comprensione della sofferenza altrui, una risposta agli stati affettivi e un significato di condivisione empatica.

L'empatia permette un avvicinamento, una prossimità anche con persone lontane, una capacità di vincere il muro che separa, che limita, che ostacola e di oltrepassare la barriera di frustrazione e impotenza che non permette alla compassione e di esprimersi.

I comportamenti di aiuto e di comprensione di personalità empatiche, aperte e tolleranti, che respingono ogni forma di razzismo e discriminazione, tramite il pregiudizio e lo stereotipo, si evolvono e maturano in persone integrate, operanti e radicate in comunità educanti che compiono scelte non conformiste, non assoggettate e allineate all'attuale pensiero unico, omologante e imperante.

Laura Tussi


[1]Santerini M., Antisemitismo senza memoria. Insegnare la Shoah nelle società multiculturali, Carocci, Roma 2005

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