Gli
esseri umani amano i discorsi. Purché siano brevi, “che un discorso lungo non
può mai dar piacere”, come si legge nel Don
Chisciotte della Mancia. Di discorsi è pieno il mondo e strabocca la
storia. I più lasciano il tempo che trovano, pochi restano scolpiti nella
memoria collettiva. Mi sono chiesto quali siano stati i discorsi più
importanti, e forse famosi, degli ultimi cento anni. Così, per curiosità e
piacere personale, ho anche provato a stilare la classifica ex aequo dei primi
dieci. La propongo ai miei lettori, invitandoli a commentare e correggermi
qualora non fossero d’accordo con me. Sia chiaro, la mia è una graduatoria soggettiva,
un gioco passibile di modifiche. Non ho la pretesa di conoscere né ricordare
tutti i grandi discorsi del XX secolo e dei primi anni del XXI secolo e se
anche fossi onnisciente, non potrei mai essere imparziale. Ma veniamo alla mia “top
ten”.
Il primo discorso memorabile, di cui si è appena celebrato
l’anniversario, è quello che pronunciò Martin Luther King il 28 agosto 1963 a
Washington, davanti al Lincoln Memorial, al termine di una marcia di protesta
per i diritti civili degli afroamericani. Nel rivendicare i diritti negati,
King pronunciò la celeberrima frase: “I have a dream”, “Ho un sogno”. L’eco di
quel discorso è imperituro. Il secondo discorso che mi viene in mente è quello
pronunciato da John Fitzgerald Kennedy a Berlino ovest, sul balcone del Rathaus
Schõneberg, il 26 giugno 1963. Negli anni della guerra fredda, l’allora Presidente
degli Stati Uniti d’America espresse amicizia fra gli USA e la Germania
occidentale dopo la costruzione del famigerato muro di Berlino e per rimarcare
la sua vicinanza coi berlinesi divisi disse “Ich bin ein berliner”, “io sono
berlinese”. Parole semplici ma incisive che ancora oggi rappresentano una delle
più profonde espressioni di solidarietà mai pronunciate da un leader politico. Di
Kennedy, per altro, è famoso anche il discorso tenuto il 20 gennaio 1961, in
cui disse agli americani “non chiedetevi che cosa il vostro paese può fare per
voi , ma cosa voi potete fare per il vostro paese”. Il terzo discorso è quello
che sir Winston Churchill tenne il 4 giugno 1940 a Londra, alla camera dei
comuni, dopo la sconfitta di Dunkerque. Fu un discorso patriottico che infiammò
e diede coraggio alla popolazione e all’esercito britannico, sul cui animo
gravava il timore che il Regno Unito fosse invaso e soggiogato da Hitler. Di
quel discorso è rimasta celebre l’esortazione “combatteremo sulle spiagge”. Il
quarto discorso è quello che il Papa Giovanni XXIII fece a Roma, ai fedeli
raccolti in piazza San Pietro, l’11 ottobre 1962, in occasione della serata di
apertura del Concilio ecumenico Vaticano II. È conosciuto come il “discorso
della luna” ed è un capolavoro di semplicità e poesia. Il Papa buono concluse
il suo discorso con parole commoventi: “Tornando a casa, troverete i bambini.
Date una carezza ai vostri bambini e dite: questa è la carezza del Papa”. Come
quinto discorso ho optato per una delle tante, infuocate arringhe di Adolf Hitler.
Non era facile scegliere fra il discorso al Reichstag dopo l’invasione della
Polonia, quello alle SA e SS del 1933 in occasione della presa del potere,
quello di Norimberga del 1 settembre 1939 noto come “l’ora delle decisioni” e
quello pronunciato alla cerimonia di inaugurazione delle Olimpiadi di Berlino il 1 agosto 1936. Quest’ultimo fu in assoluto la prima trasmissione televisiva ufficiale
della storia, e perciò merita di entrare nella classifica. Il sesto discorso è
di Gandhi. Anche qui ho un dubbio. È più importante il discorso “del riscatto”
pronunciato il 23 marzo 1922 all’inizio della famosa marcia del sale, o il
discorso del 2 aprile 1947 alla conferenza sulle relazioni interasiatiche di
New Delhi, quando il Mahatma invitò gli astanti e il mondo intero a superare le
differenze fra i popoli mediante la non violenza? Il settimo discorso è, per
noi italiani, tristemente indimenticabile. Lo fece Benito Mussolini a Roma, sul
celebre balcone di piazza Venezia, il 10 giugno 1940, davanti a una folla
oceanica. In quel discorso, all’insegna delle “decisioni irrinunciabili”, il
Duce disse che “un’ora segnata dal destino batte nel cuore della nostra patria”
e annunciò l’entrata in guerra dell’Italia. Quella nefasta decisione fu
coronata dallo sciagurato proclama: “La parola d’ordine è una sola… vincere e
vinceremo!”. Sovente, i grandi discorsi che passano alla storia sono pieni di
retorica ma di ciò ci si rende conto a posteriori. Gli americani, invece, si
resero conto immediatamente che le parole pronunciate dal loro Presidente
Franklin Delano Roosevelt il 4 marzo 1933 non erano retoriche e facevano leva
sulla forza interiore dei cittadini. L’America, messa in ginocchio dal crollo
di Wall Street del 1929 e dalla “grande depressione” che ne seguì, trovò nel
discorso di Roosevelt gli stimoli per lottare e risorgere. Resta immortale il
suo essenziale, dignitoso invito alla nazione: “Non abbiamo niente di cui avere
paura, salvo la paura stessa”. Il nono discorso è uno dei tanti, bellissimi
discorsi fatti da Giovanni Paolo II, il pontefice in odore di santità. Karol Wojtyla
era un grande comunicatore e non è semplice individuare il suo discorso più
bello o efficace. Va a gusti. Personalmente, dovendo fare una scelta, esito fra
il suo primo discorso pubblico, pronunciato a Roma il 16 ottobre 1978, in cui
disse ai fedeli “Non abbiate paura” e quello del 3 marzo 1983, tenuto a San
Josè, in Costa Rica, quando ammonì: “No all’egoismo, No all’ingiustizia, No al
piacere senza regole morali, No all’odio e alla violenza…”. Ma veniamo al
decimo e ultimo discorso. Arrivati a questo punto, mi rendo conto d’avere
ignorato molti discorsi famosi – come quelli di Lenin, Stalin, Krushev, Che
Guevara, Einstein, Malcom X, Mandela, De Gaulle, De Gasperi, e via di seguito
fino a Obama e Steve Jobs (“continuate ad avere fame, continuate ad essere
folli”). Mi scuseranno questi grandi nomi se nella mia lista inserisco il “discorso
del re”, divenuto oltremodo popolare dopo che ne è stato tratto un film di
successo diretto da Tom Hooper. La storia è nota. Il re Giorgio VI soffriva di
balbuzie e mai avrebbe voluto fare il discorso che trasmise via la radio alla
nazione il 3 settembre1939 per annunciare la dichiarazione di guerra alla Germania. Quel
discorso ebbe un forte impatto emotivo sulla popolazione della Gran Bretagna e
il sovrano balbuziente, affacciatosi dal balcone di Buckingham Palace con la
moglie e le figlie, fu acclamato dalla folla.
Ecco, ho concluso. Chiunque può
divertirsi a costruire la propria lista e a riflettere sul valore di certi
discorsi. E se mai ci capitasse, nella vita, di dover fare un discorso
importante in pubblico, ricordiamoci del consiglio di Churchill: “La gente
perdona a un uomo tutto, tranne un discorso noioso”.
www.giuseppebresciani.com
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