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martedì 12 aprile 2005

Cobat, in Europa nessuno ricicla così

Il Presidente Giancarlo Morandi: “Grazie al nostro Consorzio sono state recuperate più di due milioni di tonnellate di batterie al piombo esauste”.

Toglie di mezzo alcuni dei killer più pericolosi per la tutela dell’ambiente: ha neutralizzato più di 360 milioni di litri di acido solforico, recuperando oltre 2 milioni e mezzo di tonnellate di piombo e circa di 100 mila di plastica. Come un bravo amministratore riesce persino a fare incontrare tutela dell’ambiente e risparmio economico. E dall’alto delle sue cifre è diventato uno dei casi d’eccellenza del riciclaggio in Italia, anzi in tutta Europa. Per una volta il nostro Paese si gode il successo in un campo, quello della raccolta e del riciclaggio, che ha ancora molte zone d’ombra e che deve fare ancora passi da gigante per affrontare il corretto smaltimento dei rifiuti. L’esperienza del Cobat, il Consorzio obbligatorio per la raccolta e il riciclaggio delle batterie al piombo esauste e dei rifiuti piombosi, invece, è un trionfo che porta l’Italia come esempio d’avanguardia nel riciclo degli accumulatori al piombo.
Il Consorzio raccoglie le batterie al piombo che forniscono energia a una moltitudine di mezzi di trasporto e di apparecchi: auto, moto, camion, trattori, aeroplani ad elica, navi, treni, sommergibili. Senza contare quanto le batterie siano indispensabili lì dove la corrente elettrica non può mai mancare - ospedali, centrali elettriche e telefoniche, antifurti - e ovunque non sia possibile portare un “filo” per alimentare tutte quelle strumentazioni necessarie alla vita moderna.
“Grazie al Cobat, consorzio senza fini di lucro istituito per legge dal Parlamento, dal 1992, primo anno di piena operatività, sono stati recuperati quasi due milioni e mezzo di tonnellate di batterie esauste. Solo nel 2004 ne sono state raccolte più di 190 mila tonnellate, pari a circa 16 milioni di pezzi, e sono state recuperate circa 110 mila tonnellate di piombo con un risparmio di 76 milioni di euro sulle importazioni di tale metallo”, spiega Giancarlo Morandi, Presidente del Cobat. “Il recupero avviene tramite raccoglitori incaricati che ritirano gratuitamente le batterie presso gli auto-riparatori, i punti di raccolta delle aziende di igiene urbana, le imprese. Il tasso di raccolta è altissimo: supera il 97%”.
Ma anche per la piccola percentuale, che sfugge alla raccolta, il Consorzio non si dà per vinto: “Abbiamo intrapreso una serie di iniziative e accordi con le Amministrazioni Pubbliche ed Enti privati, realtà fattivamente operative sul territorio, per aumentare il numero dei punti di raccolta fruibili dal privato cittadino. E convenzioni con oltre 200 ipermercati delle maggiori catene della grande distribuzione organizzata per soddisfare anche le esigenze degli automobilisti fa-da-te. Sono inoltre operative 60 “isole ecologiche” in 30 porti per la raccolta delle batterie di barche e gommoni. E ancora, abbiamo lanciato moltissime campagne di sensibilizzazione ambientale”.
Il sistema Cobat è dunque un esempio lampante di sviluppo sostenibile. Il piombo viene rivenduto, la plastica ripulita e riutilizzata: “Dalla vendita del metallo non riusciamo ad autofinanziarci e, come previsto dalla legge, utilizziamo i proventi del sovrapprezzo sulla vendita di nuove batterie al piombo, solo 83 centesimi per una batteria d’automobile (il più basso in Europa!) ”, prosegue Morandi. Un meccanismo che ci mette alla pari con Paesi di grande tradizione ecologica come Danimarca, Norvegia e Svezia.
Guerra aperta quindi all’inquinamento: “Abbiamo persino raccolto una batteria di sommergibile, grande quanto mezza stanza e dal costo di più di un miliardo delle vecchie lire”, racconta soddisfatto Morandi. Vi sembra troppo? Nel 2002, su richiesta dell’ONU per l’Anno Internazionale delle Montagne, il Cobat ha effettuato la “Missione Piramide” per recuperare le batterie esauste utilizzate dal laboratorio di ricerca dell’EV-K2 CNR e ha mandato i suoi uomini a scarpinare a 5.050 metri di quota fin sulla cima dell’Himalaya. Cosa non si fa per lo sviluppo sostenibile…

Andrea Pietrarota

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