A molti è sfuggita una notizia assai importante. Ma sarebbe più giusto dire che in una società di stampo
giudaico-cristiano come la nostra, la notizia in questione è stata volutamente
trascurata o minimizzata. In Italia, un Paese in cui la sfera religiosa è condizionata
dal Concordato fra Stato e Chiesa del 1929 (modificato dall’Accordo del 1984), è
stata finalmente riconosciuta la libertà di culto. Dal 1 febbraio 2013, un’intesa
parlamentare sancisce la laicità dello Stato e il diritto di ogni cittadino di
scegliersi il Dio che preferisce senza essere discriminato. Cos’è cambiato? È
cambiato che adesso le religioni minori godranno gli stessi diritti del
cattolicesimo. La Grande Pagoda buddhista di Roma sarà considerata un luogo di
culto al pari di San Giovanni in Laterano. Il monopolio di Radio Maria e dei
collegi retti dagli ordini religiosi cattolici avrà fine e sorgeranno televisioni,
templi e scuole teologiche induiste in Lombardia. Verranno riconosciuti i luoghi
di culto e le festività religiose musulmane. E ancora, potremo scegliere
procedure diverse da quella cristiana per la sepoltura o devolvere l’8 per
mille alla sinagoga anziché alla parrocchia (ma a partire dal 2016). Un monaco
buddhista o taoista potrà assistere un malato, un anziano in una casa di riposo
o un carcerato mentre prima non gli era permesso. È giusto. Non è solo lo
specchio dei tempi, caratterizzati dalla multietnicità e dalla necessità di
accogliere e integrare chi ha una fede religiosa differente dalla nostra, ma il
tardivo uniformarsi delle leggi alla Costituzione, il cui articolo 8 garantisce
la libertà di tutte le religioni purché i loro statuti non entrino in contrasto
con l’ordinamento giuridico italiano. Tempi duri per il Vaticano e i suoi
affari, verrebbe da dire. Come se già non bastassero gli scandali finanziari e
quelli a sfondo sessuale per mettere in crisi una Chiesa che ha rinnegato l'insegnamento cristico!
Detto ciò, cambio rapidamente registro e mi pongo una domanda che a molti
sembrerà abnorme e fuori luogo. Invece è pertinente. Servono ancora le religioni?
Di più, sono mai servite realmente? Partiamo da una citazione famosa, che molti
ritengono blasfema: “La religione è l’oppio dei popoli”. Prima di tutto, non è
di Marx, come erroneamente si crede, ma di Bruno Bauer, un filosofo e teologo
tedesco dell’800. Secondariamente, è la coda di una frase che recita: “La
religione è il singhiozzo di una creatura oppressa, il sentimento di un mondo
senza cuore, lo spirito di una condizione priva di spirito. È l’oppio dei
popoli”. Così ha un altro suono e ci invita a riflettere sulla realtà e sui
fenomeni religiosi. La religione è figlia della paura. È la risposta zoppa a
domande impossibili, a bisogni inappagabili. L’uomo primitivo, vulnerabile e
smarrito, mentre spiava dall’interno di una grotta i fulmini che squarciavano
il cielo intuì che intorno e sopra di lui c’era una energia trascendentale, una
forza misteriosa che è sorgente e motore dei temporali ma anche del vento,
delle acque, delle stelle e di ogni atomo cosmico. Temeva questa forza e la
chiamò “divinità”. Inventò mille nomi diversi per indicare Dio e insieme alimentò
il timor di Dio. Ciò offrì lo spunto ai maneggioni per formulare teorie e
sistemi religiosi di cui assunsero abilmente il controllo. Mentre i cacciatori
e i guerrieri si occupavano delle faccende terrene, i sacerdoti si posero sul
piedistallo come sacri intermediari fra la terra e il cielo. L’organizzazione e istituzionalizzazione
delle pratiche di adorazione delle forze arcane che controllano la natura portò
alla nascita delle grandi religioni monoteiste (come l’ebraismo) o politeiste
(come i culti pagani dell’antica Grecia e dell’Egitto). Comune denominatore era
il riconoscimento di un Dio che gli uomini avevano creato a propria immagine e
somiglianza (salvo i casi in cui Dio era identificato col Sole). Il resto è
storia. Già, la storia dell’uomo è la storia della lotta senza quartiere per
imporre il proprio Pantheon agli altri. La Bibbia è paradigmatica in tal senso
e non meno allucinante è l’ascesa folgorante dell’Islam. La religione è il
movente dei delitti, delle violenze e delle prevaricazioni esercitate in nome del
Dio rivelato o degli autentici dei. Non è nemmeno da prendere in considerazione che il
Dio degli altri abbia buone ragioni da vendere o che la religiosità altrui vada
rispettata perché in fondo siamo tutti fratelli. Cristiani, ebrei, musulmani,
induisti, jainisti, buddhisti (anche se il buddhismo è una filosofia più che una
religione) non hanno fatto altro che combattersi in nome del potere sacro che
sancisce la verità.
Ma quale verità? L’unica cosa certa è che tutte le
religioni di questo mondo hanno fallito e sono ormai palliativi inefficaci, concentrati
di favolette, saghe di cui si è perso il senso, ricette inadeguate alla nuova
era. La verità è che le religioni sono utili solo come paradisi artificiali. Sono
lo psicofarmaco dei popoli, per usare un’espressione più moderna. La religione
ci conforta, ci blandisce, ci promette, ci illude e qualche volta finge di capirci.
Peccato che tutto questo abbia un prezzo e che prima o poi ci si accorga che è solo
un artificio umano, fatto di dogmi e liturgie, sovrastrutture e apparati che ci
allontanano dalla comprensione. È solo un’illusione, un bazar in cui viene messa
in vendita la salvezza dell’anima. Ma Dio non ha nulla a che fare con questo commercio.
Tu sei pazzo! – protesterà uno dei miei
25 lettori. Non sono pazzo e nemmeno ateo. Io credo nell’esistenza dell’Uno, dell’Arkè
primordiale e universale, dell’energia cosmica di cui sono parte. Come fece il
conte di Saint Germain, mi sento di affermare: “Io sono”. In questo assioma c’è
tutto quello che mi serve. Non credo più alle religioni tradizionali, fatte
dagli uomini per ingannare e imbrigliare altri uomini. Non credo più in un Dio
antropomorfo e nemmeno alla religione cristiana, di cui ho bevuto il latte
fino a vomitarlo. Troppe bugie, manipolazioni e incongruenze. Troppa arroganza,
ipocrisia e avidità da parte dei ministri del culto. Se Gesù tornasse sulla
Terra (e magari l’ha fatto) non sarebbe cristiano. Credo che una volta raggiunta
l’età della ragione sceglierebbe di non aderire a nessuna confessione
religiosa. Lancerebbe l’idea di una nuova fede ecumenica, fondata sull’amore e
il rispetto. Non solo del prossimo ma anche della natura e degli animali. Il
resto è aria fritta.
Se mi chiedo se le religioni hanno ancora senso in un
mondo dove gli esseri umani vivono una palingenesi senza precedenti (l’ascensione
alla quarta dimensione, di cui ho parlato in alcuni post), è perché la
frequenza vibratoria sul pianeta è cambiata. Ci stiamo evolvendo alla velocità
della luce. La nostra spiritualità è affamata di verità come non mai, non le
bastano più il santo rosario, i santini e gli incensi della vecchia
sacralità. Sentiamo di appartenere alla
natura, al cosmo, e vogliamo elevare la nostra coscienza. Le vecchie religioni
non ci possono più aiutare. Sono obsolete e vogliono continuare a controllarci,
imporci le regole, soffocare la nostra libertà di connetterci col divino che in
noi e sopra di noi senza intermediari. Alcune lo fanno con meno rigore di altre
ma tutte hanno la presunzione di dettarci i modi e i tempi. Tutte ci vogliono in ginocchio e in adorazione.
Cosa dovremmo fare? Semplice, primo licenziare la religione coi suoi macchinosi, noiosi apparati, ringraziandola per quello che ci ha dato. Secondo, riscoprire la religio e aderire a una fede più intima e insieme panteistica. La religio?! Sì, quel sentire intimo e
profondo che ci vibrare in armonia col creato e ci fa provare emozioni vere, stati
d’animo beati quando i nostri pensieri sono allineati con l’Uno e il nostro
cuore batte all’unisono con le stelle. La religio
è il comune denominatore di tutti gli esseri umani, è la chiave per aprire lo
scrigno della verità, del mistero della nostra esistenza. È ciò di cui abbiamo
bisogno in un’epoca di transizione, in cui la spiritualità va sostituendo la
vecchia religiosità.
Mi rallegro che dal 1 febbraio 2013 tutte le religioni godano di
pari dignità. Ma nello stesso tempo auspico che il consorzio umano possa
compiere un balzo quantico e si affranchi, passando dalla religione che divide
alla religio che unisce. Che ognuno possa interpretare a suo modo la musica del cielo. Solo la libertà
ci avvicina alla mente di Dio.
www.giuseppebresciani.com
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