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lunedì 4 febbraio 2013

Servono ancora le religioni o sono solo gli psicofarmaci dell'anima?

A molti è sfuggita una notizia assai importante. Ma sarebbe più giusto dire che in una società di stampo giudaico-cristiano come la nostra, la notizia in questione è stata volutamente trascurata o minimizzata. In Italia, un Paese in cui la sfera religiosa è condizionata dal Concordato fra Stato e Chiesa del 1929 (modificato dall’Accordo del 1984), è stata finalmente riconosciuta la libertà di culto. Dal 1 febbraio 2013, un’intesa parlamentare sancisce la laicità dello Stato e il diritto di ogni cittadino di scegliersi il Dio che preferisce senza essere discriminato. Cos’è cambiato? È cambiato che adesso le religioni minori godranno gli stessi diritti del cattolicesimo. La Grande Pagoda buddhista di Roma sarà considerata un luogo di culto al pari di San Giovanni in Laterano. Il monopolio di Radio Maria e dei collegi retti dagli ordini religiosi cattolici avrà fine e sorgeranno televisioni, templi e scuole teologiche induiste in Lombardia. Verranno riconosciuti i luoghi di culto e le festività religiose musulmane. E ancora, potremo scegliere procedure diverse da quella cristiana per la sepoltura o devolvere l’8 per mille alla sinagoga anziché alla parrocchia (ma a partire dal 2016). Un monaco buddhista o taoista potrà assistere un malato, un anziano in una casa di riposo o un carcerato mentre prima non gli era permesso. È giusto. Non è solo lo specchio dei tempi, caratterizzati dalla multietnicità e dalla necessità di accogliere e integrare chi ha una fede religiosa differente dalla nostra, ma il tardivo uniformarsi delle leggi alla Costituzione, il cui articolo 8 garantisce la libertà di tutte le religioni purché i loro statuti non entrino in contrasto con l’ordinamento giuridico italiano. Tempi duri per il Vaticano e i suoi affari, verrebbe da dire. Come se già non bastassero gli scandali finanziari e quelli a sfondo sessuale per mettere in crisi una Chiesa che ha rinnegato l'insegnamento cristico! 
Detto ciò, cambio rapidamente registro e mi pongo una domanda che a molti sembrerà abnorme e fuori luogo. Invece è pertinente. Servono ancora le religioni? Di più, sono mai servite realmente? Partiamo da una citazione famosa, che molti ritengono blasfema: “La religione è l’oppio dei popoli”. Prima di tutto, non è di Marx, come erroneamente si crede, ma di Bruno Bauer, un filosofo e teologo tedesco dell’800. Secondariamente, è la coda di una frase che recita: “La religione è il singhiozzo di una creatura oppressa, il sentimento di un mondo senza cuore, lo spirito di una condizione priva di spirito. È l’oppio dei popoli”. Così ha un altro suono e ci invita a riflettere sulla realtà e sui fenomeni religiosi. La religione è figlia della paura. È la risposta zoppa a domande impossibili, a bisogni inappagabili. L’uomo primitivo, vulnerabile e smarrito, mentre spiava dall’interno di una grotta i fulmini che squarciavano il cielo intuì che intorno e sopra di lui c’era una energia trascendentale, una forza misteriosa che è sorgente e motore dei temporali ma anche del vento, delle acque, delle stelle e di ogni atomo cosmico. Temeva questa forza e la chiamò “divinità”. Inventò mille nomi diversi per indicare Dio e insieme alimentò il timor di Dio. Ciò offrì lo spunto ai maneggioni per formulare teorie e sistemi religiosi di cui assunsero abilmente il controllo. Mentre i cacciatori e i guerrieri si occupavano delle faccende terrene, i sacerdoti si posero sul piedistallo come sacri intermediari fra la terra e il cielo. L’organizzazione e istituzionalizzazione delle pratiche di adorazione delle forze arcane che controllano la natura portò alla nascita delle grandi religioni monoteiste (come l’ebraismo) o politeiste (come i culti pagani dell’antica Grecia e dell’Egitto). Comune denominatore era il riconoscimento di un Dio che gli uomini avevano creato a propria immagine e somiglianza (salvo i casi in cui Dio era identificato col Sole). Il resto è storia. Già, la storia dell’uomo è la storia della lotta senza quartiere per imporre il proprio Pantheon agli altri. La Bibbia è paradigmatica in tal senso e non meno allucinante è l’ascesa folgorante dell’Islam. La religione è il movente dei delitti, delle violenze e delle prevaricazioni esercitate in nome del Dio rivelato o degli autentici dei. Non è nemmeno da prendere in considerazione che il Dio degli altri abbia buone ragioni da vendere o che la religiosità altrui vada rispettata perché in fondo siamo tutti fratelli. Cristiani, ebrei, musulmani, induisti, jainisti, buddhisti (anche se il buddhismo è una filosofia più che una religione) non hanno fatto altro che combattersi in nome del potere sacro che sancisce la verità. 
Ma quale verità? L’unica cosa certa è che tutte le religioni di questo mondo hanno fallito e sono ormai palliativi inefficaci, concentrati di favolette, saghe di cui si è perso il senso, ricette inadeguate alla nuova era. La verità è che le religioni sono utili solo come paradisi artificiali. Sono lo psicofarmaco dei popoli, per usare un’espressione più moderna. La religione ci conforta, ci blandisce, ci promette, ci illude e qualche volta finge di capirci. Peccato che tutto questo abbia un prezzo e che prima o poi ci si accorga che è solo un artificio umano, fatto di dogmi e liturgie, sovrastrutture e apparati che ci allontanano dalla comprensione. È solo un’illusione, un bazar in cui viene messa in vendita la salvezza dell’anima. Ma Dio non ha nulla a che fare con questo commercio.
Tu sei pazzo! – protesterà uno dei miei 25 lettori. Non sono pazzo e nemmeno ateo. Io credo nell’esistenza dell’Uno, dell’Arkè primordiale e universale, dell’energia cosmica di cui sono parte. Come fece il conte di Saint Germain, mi sento di affermare: “Io sono”. In questo assioma c’è tutto quello che mi serve. Non credo più alle religioni tradizionali, fatte dagli uomini per ingannare e imbrigliare altri uomini. Non credo più in un Dio antropomorfo e nemmeno alla religione cristiana, di cui ho bevuto il latte fino a vomitarlo. Troppe bugie, manipolazioni e incongruenze. Troppa arroganza, ipocrisia e avidità da parte dei ministri del culto. Se Gesù tornasse sulla Terra (e magari l’ha fatto) non sarebbe cristiano. Credo che una volta raggiunta l’età della ragione sceglierebbe di non aderire a nessuna confessione religiosa. Lancerebbe l’idea di una nuova fede ecumenica, fondata sull’amore e il rispetto. Non solo del prossimo ma anche della natura e degli animali. Il resto è aria fritta. 
Se mi chiedo se le religioni hanno ancora senso in un mondo dove gli esseri umani vivono una palingenesi senza precedenti (l’ascensione alla quarta dimensione, di cui ho parlato in alcuni post), è perché la frequenza vibratoria sul pianeta è cambiata. Ci stiamo evolvendo alla velocità della luce. La nostra spiritualità è affamata di verità come non mai, non le bastano più il santo rosario, i santini e gli incensi della vecchia sacralità. Sentiamo di appartenere alla natura, al cosmo, e vogliamo elevare la nostra coscienza. Le vecchie religioni non ci possono più aiutare. Sono obsolete e vogliono continuare a controllarci, imporci le regole, soffocare la nostra libertà di connetterci col divino che in noi e sopra di noi senza intermediari. Alcune lo fanno con meno rigore di altre ma tutte hanno la presunzione di dettarci i modi e i tempi. Tutte ci vogliono in ginocchio e in adorazione.
Cosa dovremmo fare? Semplice, primo licenziare la religione coi suoi macchinosi, noiosi apparati, ringraziandola per quello che ci ha dato. Secondo, riscoprire la religio e aderire a una fede più intima e insieme panteistica. La religio?! Sì, quel sentire intimo e profondo che ci vibrare in armonia col creato e ci fa provare emozioni vere, stati d’animo beati quando i nostri pensieri sono allineati con l’Uno e il nostro cuore batte all’unisono con le stelle. La religio è il comune denominatore di tutti gli esseri umani, è la chiave per aprire lo scrigno della verità, del mistero della nostra esistenza. È ciò di cui abbiamo bisogno in un’epoca di transizione, in cui la spiritualità va sostituendo la vecchia religiosità.  Mi rallegro che dal 1 febbraio 2013 tutte le religioni godano di pari dignità. Ma nello stesso tempo auspico che il consorzio umano possa compiere un balzo quantico e si affranchi, passando dalla religione che divide alla religio che unisce. Che ognuno possa interpretare a suo modo la musica del cielo. Solo la libertà ci avvicina alla mente di Dio.
www.giuseppebresciani.com

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