Peluche, pieni di pillole abortive, che attraversano il confine tra Messico e Stati Uniti. Appartamenti, a New York o San Francisco, che fungono da depositi. Case che accolgono, da parte messicana, le donne americane che desiderano interrompere la gravidanza. Tanti i mezzi adoperati dai collettivi femministi, che si stanno mobilitando in reti transfrontaliere, per contrastare la recente cancellazione da parte della Corte Suprema degli Stati Uniti del diritto costituzionale all'aborto (1).
"Le richieste stanno esplodendo, rileva Vanessa Rubalcava, membro dell'organizzazione Necesito Abortar ("Ho bisogno di un aborto"), con sede a Monterrey, nel nord del Messico. Riceviamo più di 100 richieste a settimana dagli Stati Uniti, rispetto a una manciata prima del 24 giugno".
"Il 24 giugno abbiamo ricevuto più di 70 richieste da donne disperate", ricorda la graphic designer quarantenne che gestisce l'ONG, creata nel 2016 (2). La maggior parte dei suoi diciassette membri vive a Monterrey (Stato del Nuevo Leon), una città industriale situata a meno di di tre ore di macchina da Laredo e McAllen, Texas. Lo stato americano è stato uno dei primi a vietare, il 24 giugno, l'aborto dal concepimento del feto.
Che succede a questo mondo? Si sta capovolgendo? Le culture e le giurisdizioni, come quella Usa, che hanno dato tanto alla libertà degli individui (della donna nel nostro caso) hanno cambiato idea e riescono a non soccombere agganciandosi al traino di quei Paesi che a suo tempo avevano imparato da loro? Certo, la sentenza della Corte Suprema non vieta il diritto d'aborto ma demanda ogni Stato a fare da sé, e alcuni, come New York, per esempio, stanno già rimediando (3)… ma si tratta pur sempre di un cambiamento di rotta a livello federale, mettendo in luce completamente diversa gli Usa come modello.
Qualcuno potrebbe leggere queste iniziative di collettivi femministi messicani come l'agognata rivalsa verso lo "yanke eterno oppressore"… ma la di là di questa colorata e antica interpretazione che va a braccetto, per stile, con chi non smette mai di fare lo yankee, il problema è più generale: abbiamo l'impressione che le politiche dei diritti individuali e umani si stiano affievolendo e, come nel caso Usa, regredendo.
La domanda da porsi è se, essendo in crisi i modelli che ci hanno fatto diventare più liberi e felici, siamo in grado non solo di difendere le conquiste che già abbiamo, ma di impedire che alcune di esse ci vengano levate.
Visto ciò che accade in Messico/Texas, abbiamo imparato a fare da noi e, soprattutto, siamo consapevoli che conquiste come l'aborto non vivono di diritto naturale ma civico, quindi soggette a cambiamenti del regime democratico che abbiamo scelto di usare?
Ad un primo sguardo sembra che non ci sia tanto questa consapevolezza, in Usa e in Europa per esempio. Usa: aborto, e pensiamo anche a ciò che accade per le politiche di accoglienza dei migranti. Europa, Italia: la legge sull'aborto che a quarant'anni dall'emanazione è applicata solo in parte (4); gli artifizi politici e parlamentari che hanno bocciato il ddl Zan sui diritti lgbtqi; altrettanti artifizi, con complicità Ue, per i diritti dei migranti (5) e il penoso confronto per lo ius scholae (6).
Ben vengano le femministe messicane, ché ci siano di lezione ed indirizzo su come- Stati, confini, etnie, lingue, culture, continenti – non sono un limite ai diritti individuali ed umani. Necessitano di un equilibrio e di vigilanza.
1 – https://www.aduc.it/notizia/aborto+non+diritto+corte+suprema_138934.php
2 - Le Monde
3 - https://www.aduc.it/notizia/aborto+contraccezione+nella+costituzione+dello_138946.php
4 - https://www.aduc.it/comunicato/diritto+aborto+pontedera+chiama+kabul+reato_34512.php
5 - https://immigrazione.aduc.it/articolo/frontiere+uccidono_34792.php
6 - https://www.facebook.com/permalink.php?story_fbid=pfbid0mkF2g1jmr6wCUdHfCGy8dx2sSnEAyxVwippFg2f7aXqsHUHA3c5hFdiLgrPUZNsLl&id=100076134169491¬if_id=1656583982235494¬if_t=feedback_reaction_generic&ref=notif
Vincenzo Donvito Maxia
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