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mercoledì 18 ottobre 2006

La Stabilizzazione Microbiologica

L’igiene in cantina è il primo passo che permette all’Enologo di raggiungere la Stabilità Microbiologica del vino. Si raccomanda inoltre un uso più esteso del controllo microbiologico per conoscere e quindi risolvere problemi di contaminazione indesiderate che in cantina possono essere presenti dalla vinificazione fino all’imbottigliamento. La valutazione oggettiva del “rischio microbiologico”, permette all’ Enologo di utilizzare in modo mirato varie tecniche di stabilizzazione microbiologica con mezzi fisici come la pastorizzazione, la filtrazione sterilizzante con strati ( o moduli lenticolari) o con cartucce di microfiltrazione. Chimicamente si interviene con l’uso di antimicrobici, quali: anidride solforosa, Lisozima, Sorbato di potassio e DMDC (recentemente approvato). Per quanto riguarda la S02, è importante ricordare che la sua frazione attiva, nota come “molecolare”, varia considerevolmente in base al pH, alla temperatura e al grado alcolico. In Italia, dagli anni ’90 c’è stato un forte impulso alla tecnica di stabilizzazione a freddo nota come “ microfiltrazione”, in sinergia o in alternativa alla filtrazione a strati. In Francia, nei più importanti Chateaux dello Champagne ancora oggi è molto usata la filtrazione a strati probabilmente per un atteggiamento conservativo, ma anche per il loro apporto stabilizzante (es.: verso le proteine); inoltre la filtrazione a strati svolge un efficace abbattimento degli indici di colmataggio (IF, IFM e Vmax) e per questa caratteristica nei vini colmatati, si utilizzano come prefiltro alle cartucce sterilizzanti. Gli strati filtranti per uso enologico, devono avere un bassissimo impatto sul colore del vino ed essere prodotti con materiali di elevatissima purezza (cellulose, farine fossili, perliti) per evitare cessioni indesiderate ( metalli pesanti, odori) o deviazioni della stabilità sensoriale. Anche il potenziale elettrocinetico dovuto alla presenza di resine specifiche, deve essere calibrato per il massimo rispetto del vino, per garantire la ritenzione microbiologica ed una adeguata resistenza meccanica degli strati filtranti a umido Le cartucce di microfiltrazione hanno il vantaggio di eliminare il problema del gocciolamento, di potere passare da vino rosso ad uno bianco tramite un semplice risciacquo con acqua calda e per le cartucce testabili, di potere eseguire il test d’integrità che in pochi minuti da all’Enologo la garanzia che quelle cartucce sono integre e quindi affidabili per la ritenzione dei microrganismi. La richiesta di vini più tipici, indirizza l’Enologo alla ricerca di soluzioni tecniche rispettose delle caratteristiche organolettiche del vino. Ecco spiegato il successo di alcune tecniche di filtrazione, non necessariamente sterilizzanti per quei vini “biologicamente stabili” dove ci si utilizzano setti filtranti da 1 a 30 micron. Quali polimeri utilizzare per la filtrazione del vino? Nella fase pre-imbottigliamento, i polimeri più utilizzati sono il polipropilene e la fibra di vetro per la prefiltrazione, il PES (polieteresulfone), il N66 (Nylon 66), il PS (polisulfone) ed il PVDF (polivinildifluoruro) per la filtrazione finale. Il PES ha dimostrato la sua elevata compatibilità chimica, l’inerzia verso colore e proteine del vino, l’elevata resistenza meccanica e termica e la maggiore permeabilità rispetto ad altri polimeri. Queste caratteristiche ne hanno diffuso l’utilizzo in cantina perché si è riusciti ad ottenere contemporaneamente due importanti vantaggi : rispetto del vino (migliore qualità), e durata delle cartucce (minor costo). In questi ultimi anni si è anche discusso dell’uso di cartucce in acciaio che riteniamo interessante solamente in quelle applicazioni critiche, quali la filtrazione del vapore dov’è richiesta una maggiore resistenza alle temperature elevate. Un’altra applicazionepotrebbe essere la ritenzione dei tartrati dopo la refrigerazione, se le cartucce sono state ben progettate per il lavaggio in controcorrente. Limite di queste cartucce è l’elevato investimento iniziale. Per scegliere la cartuccia ideale dobbiamo conoscere il loro potere ritentivo; per le cartucce di prefiltrazione si chiama “ß-ratio” ed esprime la percentuale di particelle trattenute (es.: ß-ratio 5000 = 99,98%) e nelle cartucce sterilizzanti si chiama “LRV” ed esprime il valore di riduzione logaritmica verso un determinato microrganismo ( es: ≥107 per cm2 di Saccharomyces cerevisiae) . L’impianto di microfiltrazione deve rispondere a specifiche normative (PED) ovviamente più critiche per i vini frizzanti e spumanti; deve essere pratico per l’operatore e quindi adeguatamente accessoriato e progettato con un design sanitario per la sua facile e affidabile igienizzazione. Il personale deve essere istruito e aggiornato sul corretto utilizzo delle cartucce e degli impianti di microfiltrazione, indipendentemente dalla loro operatività manuale, semiautomatica o completamente automatizzata. Questo tipo di gestione permette di ottenere le migliori performances e la stabilità microbiologica attesa. Non vanno sottovalutati i potenziali rischi di contaminazione microbiologica, che possono provenire dalla bottiglia vuota, alla riempitrice e tappatrice. Si devono quindi personalizzare le procedure di filtrazione, lavaggio e rigenerazione, sterilizzazione, conservazione e controllo/manutenzione di cartucce ed impianti. L’Enologo in cantina può eseguire una serie di controlli sul vino prima e dopo la filtrazione pre-imbottigliamento, quali la valutazione della filtrabilità (IF, IFM, V. max), della torbidità ed il loro controllo microbiologico. Oggi esistono anche terreni specifici per il controllo del temuto Brettanomyces. Nel processo, il controllo del differenziale di pressione, della portata oraria e nelle cartucce testabili, il test d’integrità rappresentano i controlli alla portata di ogni operatore di cantina. Tali controlli vanno abbinati alla manutenzione programmata degli impianti (controllo manometri, guarnizioni, ecc.) evitare ad esempio che in assenza di un manometro efficiente, non si possa valutare il colmataggio dei filtri e di conseguenza il momento per effettuare la rigenerazione o peggio non si può effettuare il test d’integrità delle cartucce sterilizzanti, precludendo quindi la “sicurezza”!
Articolo tecnico scritto dall'enologo Gianni Branca.

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