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martedì 12 ottobre 2010
Se salta il progetto di Renzo Piano dell’ex area Falck faranno uno spezzatino in salsa romana a Sesto San Giovanni
«Basta centri commerciali. Costruiamo luoghi dove la gente si incontri attorno alla musica, all’arte. È sbagliato pensare di “rottamare” le periferie. Bisogna trasformarle, liberandone la forza repressa. Milano è imperfetta. E straordinaria ancora oggi. Ci vuol altro per ammazzare Milano. Certo che per ammazzarla si fa di tutto. Questa piccola vicenda degli alberi (90mila alberi da dislocare nel centro di Milano, di cui una prima parte da impiantare in piazza Duomo e lungo l’asse via Dante-Castello-Cordusio, qui 220 frassini – vedi link alla vicenda più sotto) è sintomatica, oltre che indecente. Non si capisce come si possa essere così fessi. È finita che Abbado non ha fatto il concerto, e i milanesi non hanno avuto gli alberi. Ma perché? Perché questo cinismo, questa disattenzione?». Non è questione di destra o di sinistra, spiega Renzo Piano. Purtroppo in Italia è sempre tutto più difficile… Intendiamoci: anche all’estero si discute, e molto. …In Italia è diverso. Un Paese meraviglioso, che si fa del male da solo. A L’Aquila, quando si costruirà? A L’Aquila è stata montata con superficialità un’operazione mediatica. La ricostruzione sarà lunga e difficile. Questi alcuni stralci dell’intervista di Aldo Cazzullo a Renzo Piano, che parla di sé nel suo atelier di Parigi a trecento metri dal Beaubourg, sul Corriere della Sera di oggi (scaricate il pdf qui sotto per non perderla). Ma perché se ne parla oggi, perché il grande architetto genovese, vanto per l’Italia checché se ne dica delle archistar, è al centro dell’intricata vicenda dell’ex area Falck di Sesto San Giovanni.
Piano aveva progettato nel 2005 per Luigi Zunino, allora immobiliarista di gran carriera sorretto da Profumo il re dei banchieri italiani… ma come è andata a finire per entrambi è all’ordine del giorno… lo scandalo Risanamento/Santa Giulia è solo la punta dell’iceberg, la riqualificazione della più grande area post industriale italana. Il progetto concepito come uno schema urbano aperto che connette tutte quelle parti della città di Sesto San Giovanni fino a oggi separate dalla ferrovia e dalle ex aree industriali Falck e Marelli. Un’operazione da più di un milione e mezzo di metri quadrati per l’ex Stalingrado o Manchester d’Italia. Una città nella città di Milano. Una ferita aperta dagli anni ’80 con la fine della fabbrica italiana, una ferita da chiudere con una grande scommessa, un grande progetto polifunzionale per far convivere case, uffici, luoghi di aggregazione, insomma un modello di città aperta. Bene questo grande progetto potrebbe essere ridimensionato, complice la crisi economica, il crollo delle aspettative per la crescita dei valori immobiliari e …40mila case invendute a Milano. Per cui Renzo Piano si tirerebbe fuori per non legare la sua immagine e il suo nome a quello che poteva essere uno degli ultimi lavori importanti in Italia. Ma sembra che la cordata Davide Bizzi – Honua Group (ma noi aggiungiamo le Coop compresa la nascente Uniabita) che sta rilevare per oltre 400 milioni di euro voglia mantenere il progetto di Renzo Piano …sarà vero …o preferiranno fare uno spezzatino in salsa romana con la collaborazione quindi dei Caltagirone?
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