Vajont. Un nome che a distanza di 47 anni fa pensare. Il 9 ottobre 1963 un pezzo di montagna, staccatosi dal monte Toc, cadde nel bacino della diga di Longarone. In pochi secondi un’enorme massa d’ acqua travolse tutto e un mare di fango fece scomparire ogni cosa.
A Vajont, provincia di Pordenone, trovi due caffè: Il Caffè del Pescatore e Corona Osvalda che porta lo stesso nome di una delle circa 2000 persone che non ci sono più a causa di un' ottica ottusa puntata al guadagno e priva del più elementare buon senso. Ma di Corona, qui tra i paesi travolti dalla tragedia, ce n’è tanti. Mauro Corona, poeta, scultore, uomo, racconta Erto, la difficoltà e la bellezza del vivere la montagna. Ci mostra gli edifici sventrati e le possibilità da non perdere che franano con gli anni. A Erto c’è anche un’enoteca, fedelmente ristrutturata che porta sempre lo stesso nome, uno degli edifici sopravvissuti al disastro. Per altri, paesi interi, si è dovuto ricominciare da zero.
Longarone, è in provincia di Belluno, ricostruita completamente, il bar Centrale, uno dei pochi edifici risparmiati dal disastro è stato spostato. La vita continua, la gente delle montagne è forte e piena di buon senso. In Piazza Umberto I, proprio di fronte alla chiesa troviamo la Bottega del Caffè, rispetto alle antiche case in pietra delle montagne sembra una bambina, ha solo sette anni ma tanto da offrire: miscele attente alle esigenze del consumatore e specialità accattivanti come il caffè viennese o quello della bottega, con la crema alla nocciola. Anche questo 9 ottobre un pensiero perché queste tragedie evitabili non siano inutili e perché le nostre belle valli e montagne possano rinascere con investimenti sensati. Tanti auguri dagli Amici del Caffè.
Le vittime del Vajont [link]
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